giovedì 14 marzo 2013

OSTELLINO RISPONDE AD ONIDA SULLA QUESTIONE FISCALE E LO FA A PEZZI , EVVIVA.


L'Italia è piena di presidenti emeriti della Corte Costituzionale...gente che dopo poco tempo va in pensione, si tiene il titolo onorifico fino a che vive, ci si firma, e gode di vitalizi e privilegi da paura....
Un tempo c'era la corsa ai titoli nobiliari...adesso a queste cariche vitalizie e non sempre meritate.
Tra i tanti emeriti , che poi a volte tali non sono, ricordo Vladimiro Zagrebelski, non a caso nominato dal peggiore presidente della Repubblica che senza alcun dubbio è stato Scalfaro, e Valerio Onida , che gli succede nel 2005.
Due "comunisti" , per dirla in parole semplici. Definendo per tali tutti coloro che hanno una concezione dello Stato e del Diritto, assolutista, dirigista, pericolosamente ETICA, per la quale la libertà individuale è valore subordinato e sacrificabile al superiore interesse della Collettività, che ovviamente solo loro, i "migliori" conoscono.
Zagrebelski mi affliggeva su Repubblica, dove è una delle colonne del giornale scalfariano. Onida è frequente ospite della pagina delle opinioni del Corriere della Sera.
Quindi, per fortuna, capita meno. Ma quando capita, leggerlo è faticoso e irritante. Però io ne faccio una questione  di merito personale il leggere anche chi ha idee diverse dalle mie, ovviamente ponendomi dei limiti di sopravvivenza (quindi Travaglio, Concita De Gregorio, Barbara Spinelli e , se si dedicasse alla scrittura, Santoro NO ).
Recentemente Onida aveva criticato un articolo di Angelo Panebianco che aveva aspramente stigmatizzato  il redditometro e lodato di converso la sentenza di un Giudice di Napoli che lo aveva bocciato come strumento invasivo del diritto alla privacy del cittadino.
Ecco, Onida prese carta e penna e criticò duramente il noto e prestigioso politologo del Corsera , sostenendo argomenti noti a quella parte politica (Onida si può firmare come vuole : è un fanatico assolutista etico, rivestito a nuovo, come ce ne sono tanti, troppi in giro ) : tra un valore come la Privacy, la libertà individuale da una parte e la lotta all'evasione fiscale, che giustifica strumenti come il redditometro e peggiori, dall'altra, non c'è nemmeno il dubbio su quale privilegiare.
Gli risponde da par suo Piero Ostellino, per cui vi lascio alla sua lettura, con il piacere non secondario che quando l'emerito Onida leggerà a sua volta, avrà un travaso di bile...



DISCUSSIONI

L'evasione fiscale va combattuta
ma rispettiamo le leggi morali

Il professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, ha affrontato (Corriere, 9 marzo) un tema «sensibile» quale quello del rapporto fra fiscalità e diritti individuali in un recente articolo su queste stesse pagine («Sbagliato giustificare l'evasione in nome del diritto alla privacy»). La pubblicazione del pensiero di un uomo tanto autorevole e influente quanto indubitabilmente democratico, ancorché, mi permetto di sospettare, non propriamente un liberale classico, è utile a far capire la cultura politica che ha fortemente condizionato, e ancora condiziona, il Paese.
Lo scritto del professor Onida è un'Opinione che, su un giornale libero e in una «società aperta», ha diritto di cittadinanza quanto quella che sostiene non tanto «il diritto alla privacy» - che è filosoficamente presente nel pensiero liberale dal Settecento e che, da noi, pur conta ed è giuridicamente tutelato; mistificante è, se mai, il titolo - quanto le libertà e i diritti dell'Individuo dei quali quello alla «privatezza» non è il minore. Il principio che l'Uomo non è «un mezzo» - che lo Stato può usare a proprio piacimento per i propri fini - ma «un fine (morale) in sé», sta a fondamento della cultura politica e della civiltà occidentale, dal cristianesimo al liberalismo. Non ammette deroghe. Con un pensiero indifferente ai diritti delle Persone, in nome di uno Stato massima incarnazione etica, se si sostituisce alla lotta all'evasione «la difesa della razza» si ha il nazismo; se si mette al suo posto «l'edificazione del socialismo» si finisce nel comunismo.
Non sto, ovviamente, associando il professor Onida ai filosofi e ai giuristi del primato della razza e/o a quelli dell'edificazione del socialismo. Mi limito, nella circostanza, a non condividerne gli argomenti e a denunciarne i pericoli. Non sono d'accordo neppure con chi, nell'immediato secondo dopoguerra, pensò di processare i giuristi o, addirittura, si sentì in diritto di ammazzare un vecchio filosofo inerme, Giovanni Gentile, che aveva avuto il torto di essersi espresso «filosoficamente» a favore del fascismo, ma anche il merito, mai riconosciutogli, di aver «concretamente» salvato dalla repressione del regime molti intellettuali antifascisti.
Una qualsivoglia opinione, anche quella meno condivisibile, è sempre legittimata, pur se culturalmente e moralmente criticabile e condannabile, dal principio di libertà. Ma resta la rilevanza che - per chi ha buona memoria - ha avuto il pensiero giuridico nella nascita e nella legittimazione dei totalitarismi del Novecento. E quello del professor Onida gli assomiglia troppo per non inquietare e non esporsi a critica. L'intellettuale, nel momento stesso in cui si esprime e fa opinione, non è immune dagli schizzi di fango della storia. Non è moralmente e politicamente innocente perché ciò che dice produce valori, credenze, aspettative. Il presidente emerito della Corte costituzionale dovrebbe sapere, da quell'intellettuale e grande giurista che è, che il positivismo giuridico, portato alle estreme conseguenze, si è tradotto storicamente nell'assolutismo, legittimandone le peggiori azioni.
Anche la Legge ha dei limiti, oltre i quali non può andare senza diventare illegittima e fra questi limiti ci sono le libertà e i diritti soggettivi. Che, poi, come immagino, il professor Onida sia contrario a subordinare la legge positiva a motivazioni di natura giusnaturalistica, all'origine delle quali ci sono ragioni pre e meta-giuridiche, se non di ordine religioso - la Legge di Natura di cui parla, ad esempio, John Locke, che presiederebbe alle libertà dell'Individuo - e assegni un primato al positivismo è comprensibile sia sotto il profilo giurisprudenziale, sia sotto quello del clima culturale e politico che ha dato vita alla nostra Costituzione, che ancora si perpetua e del quale egli stesso è uno dei più appassionati esponenti. Ma l'articolo 42 della Carta, che subordina la proprietà privata a una non meglio definita astrazione quale la «funzione sociale», che cos'è se non la parafrasi del pensiero giuridico sovietico che subordinava l'esercizio delle libertà del cittadino all'«edificazione del socialismo», costituzionalizzando il totalitarismo ?
Anche per me l'evasione non è giustificabile. Aggiungo, però, subito dopo, che ciò non significa lo sia una lotta all'evasione che sconfini nello Stato di polizia e nella istituzionalizzata violazione di libertà non negoziabili. Insomma, combattere l'evasione è bene; ma lo si faccia con i mezzi legali, e moralmente legittimi, di una democrazia liberale e di una «società aperta», non con un asfissiante «Stato di polizia fiscale» che minaccia di tradursi in «Stato di polizia» senza aggettivi, cioè in una surrettizia scorciatoia per il totalitarismo politico e sociale. Lo si faccia, soprattutto, con senso comune e di responsabilità. L'enorme evasione dalla quale è afflitto il nostro Stato non è sempre, e soltanto, la violazione, da parte del Grande Capitale - che sa come cavarsela - di un articolo della Costituzione che attribuisce alla fiscalità la funzione di ridistribuire una ricchezza cui si impedisce, di fatto, di prodursi, perché legalmente spesso confiscata prima ancora di essere prodotta. L'evasione diventa, così, una sorta di «legittima difesa» da parte di una piccola e media imprenditoria e di certi ceti professionali che non sopravvivrebbero economicamente e socialmente alla attuale eccessiva fiscalità. Anche questa evasione è illegale e non diventa Bene perché «utile». Resta un Male, ancorché necessario per l'esercizio di una corretta imprenditorialità e per la crescita economica e civile di un Paese condizionato da un eccesso di legislazione e di vincoli burocratico-amministrativi. Che sono, poi, il vero dispotismo nel quale siamo immersi grazie a un positivismo giuridico pletorico e dogmatico, per non dire irragionevole e indifferente al principio di realtà. L'evasione è un Male, e resta un Male; ma che, non solo in omaggio al machiavelliano realismo, bensì anche, e soprattutto, moralmente e culturalmente è sbagliato continuare a criminalizzare in punta di diritto positivo. Temo che l'eccesso di ossequio al principio dura lex sed lex finisca con produrre più evasione (curva di Laffer) e non aiuti la crescita di un'Italia migliore. Anzi, faciliti - con una sorta di l'eterogenesi dei fini, tipicamente nostrana - l'altrettanto abnorme, ma del tutto conseguente, diffusione della corruzione.

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