domenica 9 giugno 2013

ANCHE A SINISTRA, GRAZIE A GRILLO, SCOPRONO I DIFETTI DELL'ECCESSO DI EGUALITARISMO. SINCERI ?

 
Leggendo, soprattutto se si ha cura di non circoscrivere la lettura a testi "amici", puoi sempre approfondire e anche imparare nuove cose. Ho sempre saputo che della Sinistra mi ero ostico il concetto di uguaglianza, intuivo, ma senza metterlo bene a fuoco, che esso poteva confliggere con quello di libertà.
All'epoca dell'Ancien Regime , la rivoluzione francese coniugò insieme i due valori, mettendoci a buon mercato un'ottimistica "fraternitè" e contrapponendoli alla tirannide, all'arbitrio, al privilegio per rango.
Borghesia e Popolo si ribellarono insieme, ma a tiranno ghigliottinato, le differenze di priorità iniziarono subito ad evidenziarsi, e da allora è una ricerca continua di giusti equilibri.
Faccio notare una cosa : non è mai accaduto che gli eccessi di libertà abbiano portato nuovamente alla dittatura. SPESSO è accaduto l'inverso.
Chiusa parentesi, il problema degli estremi dell'egualitarismo li sta portando in luce il populismo di Grillo, laddove Berlusconi aveva posto il problema di una libertà egoista e anarcoide.
Ed ecco che giornali di sinistra, come la Repubblica, mettono in guardia da questa deriva. Oggi a scriverne e Raffaele Simone , che cita Montesquieu.
Io ho apprezzato l'articolo, letto sul Blog di Quinto Stato,  e infatti lo riporto.
Anticipando il mio commento che è stato il seguente :
" Apprezzo molto l’articolo di Simone, e sono certo che esso esprima l’autentico pensiero dell’autore così come di Quinto Stato, che lo ospita. Perché questa precisazione ? Perché la realizzazione dell’Uguaglianza è l’utopia principale di chi è di Sinistra (laddove per gli altri è la Libertà ) . E per la parte più radicale , è un principio che viene spinto fino all’estremo, anche oltre il marxiano “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni (laddove un liberale direbbe “i suoi meriti” ) ” . Questo articolo evidenzia e biasima gli eccessi antidemocratici dell’Egualitarsimo estremo. Perfetto. Il retropensiero qual è ? Che questo biasimo nasca dalla volontà di contrastare l’improvviso nemico sorto a sinistra : il M5S di Grillo, che cavalca (con successo grande ieri. oggi, pare, in forte restringimento) questo aspetto demagogico e populista. Insomma, un’esigenza tattica e contingente.
Ma è un retropensiero sicuramente sbagliato"

Una unica, ultima chiosa, doverosa ancorché forse superflua : il populismo e la demagogia prosperano quando gli eletti, le elitè come le chiama Simone, deludono e molto.
E'  vero che le soluzioni di Grillo sono spesso superficiali, avventurose quando del tutto fantasiose, però è un fatto che il sistema vigente non funziona. E' vero che il deputato non ha vincoli di mandato e questo è previsto per non renderlo una marionetta, ma allo stesso tempo è anche vero che in troppi questa libertà l'hanno tradotta in un opportunismo (eufemismo)  personale da voltastomaco. E il mercato delle vacche tanto giustamente stigmatizzato ai tempi di Scilipoti (che ne è diventato il simbolo, ma troppi colleghi sono identici) , non scandalizza quando la campagna acquisti la fanno quelli del proprio campo (vero Civati ? ).
Buona Lettura

“L’UGUAGLIANZA ESTREMA” di RAFFAELE SIMONE da La Repubblica del 9.6.2013

Una delle rivendicazioni più insistenti di tutti i movimenti populisti d’Europa è quella della parità totale tra eletti e elettori. Anche il M5S ne ha fatto una delle sue bandiere. Ma a poco a poco quest’atteggiamento egalitario si sta estendendo a tutte le forme di distinzione.

Anzitutto quelle funzionali: il capo dello Stato può essere apostrofato come un amico di bevute, gli avversari dileggiati con battute e nomignoli da osteria, le istituzioni trattate come rottami. Tutte le distinzioni si appiattiscono in un’orizzontalità assoluta. Anche il campo delle valutazioni tecniche complesse è colpito dal vento del “tutti uguali!”. Sebbene il movimento sembri non avere nessun think tank (salvo qualche professore rancoroso), il suo leadeder e numerosi membri si producono in impegnative esternazioni anche su temi difficili, come la politica monetaria o quella europea. Su che dati si basano queste opinioni? Su che studi? Dagli argomenti del capo, sembrerebbero basati su nulla più di quel che si legge sui giornali o si dice in giro. Insomma, in politica le opinioni generiche cominciano a pesare quanto il sapere tecnico.
Le società democratiche, pur riconoscendo ai cittadini uguaglianza giuridica, civile e di opportunità, preservano gelosamente una varietà di distinzioni tra ordini e ranghi. Il magistrato non può essere sostituito da un comitato di cittadini, il professore dal più bravo dei suoi alunni, il medico da un portantino. Lo spirito di uguaglianza che sta alla base delle democrazie deve dunque ammettere dei limiti. Il grande Montesquieu nell’Esprit des lois (1748) indicava con folgorante preveggenza che due sono gli eccessi da cui le democrazie devono guardarsi: «Lo spirito di disuguaglianza » ma soprattutto «lo spirito di uguaglianza estrema». Quest’ultimo si ha quando chiunque vuole essere «uguale a colui che ha scelto per comandare. Allora il popolo, non riuscendo a sopportare il potere che esso stesso attribuisce, vuol fare tutto da solo: deliberare per il senato, eseguire le sentenze al posto dei magistrati e esautorare tutti i giudici». Nella «democrazia regolata» si è uguali solo come cittadini; in quella che regolata non è si è uguali anche come «magistrato, come senatore, come giudice… ».
È chiaro che la richiesta populista di parità senza distinzioni è una delle facce della “uguaglianza estrema” descritta da Montesquieu. Il guaio è che lo spirito di egalitarismo totale dorme nascosto nei tessuti della democrazia, della quale è uno dei “nemici intimi” (secondo la felice formula di Tzvetan Todorov). Il principio democratico contiene infatti un’utopia insopprimibile: l’idea che individui diversi per mille motivi siano uguali dal punto di vista civile, giuridico e politico. Ora, basta prendere quest’utopia alla lettera, non ammettere che si tratta di una “finzione”operativa, per attivare un circuito che porta a rifiutare ogni sorta di distinzione, quale che sia l’ambito a cui si applica.
Questa è la fonte della richiesta di uguaglianza estrema che sta alla base del grillismo, in cui agisce anche l’insofferenza, tipica dei populismi, verso le regole della democrazia rappresentativa. In questo panorama qualunque intermediario (dal parlamentare all’amministratore pubblico) è visto come un opportunista, un impostore o un affarista, che lucra vantaggi profittando della delega che ha ricevuto dai cittadini. I populismi contengono infatti una contrapposizione tra il popolo (“noi”) e le élite, e il popolo se lo rappresentano come un’entità omogenea, monolitica, in cui non ci sono differenze di classe o di interesse. È
questo popolo che deve esprimere le sue decisioni in politica, senza lasciarle ad altri. Questo è anche il motivo per cui il M5S è così avverso alla mancanza di vincolo di mandato prevista dalla Costituzione, che interpreta come una mera licenza per l’eletto di fare il proprio comodo.
Ci sono motivi per considerare inquietante lo “spirito di uguaglianza estrema” già nella sua applicazione alla sfera della rappresentanza. Ma che cosa accadrebbe se la prospettiva disegnata da Montesquieu si realizzasse fino in fondo, se cioè il “popolo” pretendesse di fare non solo il senatore (a questo siamo già arrivati), ma anche il magistrato, il poliziotto, il docente, il giudice?

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