Qualcuno, vedendo le manifestazioni dei giovani in piazza Taksim, a Istanbul, avrà provato un brivido di nostalgia, pensando a piazza Tarir al Cairo, i tempi belli della Primavera Araba, già tramontata.
Beh, se le cose sono andate male lì, dove è vero che il potere sembrava solidamente in mano ai vari autocrati (Ben Alì, Mubarak e Gheddafi, in ordine di defenestrazione) , ma è anche vero che il consenso dei primi due era assai risicato, figuriamoci le prospettive sul Bosforo. Già diversa la situazioni di Gheddafi, con la Libia in realtà divisa in regioni di cui alcune fedeli al Rais (Tripolitania), e dove SOLO l'intervento occidentale consentì la vittoria dei ribelli della Cirenaica. In Turchia, a mio avviso, la situazione è diversa ancora, e per due motivi entrambi rilevanti :
1) Erdogan è uomo risoluto, con pochi scrupoli di tipo "occidentale", che controlla saldamente il potere e gode di un forte consenso popolare. La sua opera di islamizzazione progressiva dello stato turco, in difformità al processo di laicizzazione coraggiosamente portato avanti da Ataturk (anche con qualche modo spiccio, specie agli esordi ), corrisponde alla volontà della maggioranza della popolazione come l'affermazione per due elezioni consecutive dimostra. E' anche vero che tra le ragioni del suo successo molti sostengono ci sia anche il suo approccio moderato all'islamismo, che però ultimamente sembra essere stato più tattico che strategico.
2) Il consenso di cui sopra, fa si che il Premier turco non mostri alcun timore di sfidare la parte della piazza che gli è ostile, né di dare un giro di vite alle libertà civili. Per dire, oltre 50 legali sarebbero stati arrestati, colpevoli di aver DIFESO i primi arrestati delle manifestazioni tenutesi a Gezy Park nei giorni scorsi.
E del resto, come equivocare le intenzioni di un Premier che apertamente dice in TV che la pazienza dell’esecutivo "stava finendo" e che avrebbero usato un linguaggio “che i manifestanti avrebbero capito”.
Dopo quattro morti, centinaia di feriti e decine di arresti, se non hanno capito sono tardi.
Oppure stolidamente coraggiosi.
Ecco le notizie di cronaca postate dalla redazione on line del Corriere della Sera
Corriere della Sera >Esteri
Turchia, la polizia entra a Gezy Park
Erdogan: «Toglieremo gli alberi »
Il premier: «Li pianteremo altrove». Tensione ad Ankara
Human Right Watch: «Un uomo è morto durante le proteste»
(Reuters/Osman Orsal)
Erdogan non si ferma. «Toglieremo gli alberi da Gezi Park,
saranno ripiantati in un altro posto» ha detto il premier turco davanti
al gruppo parlamentare del suo partito. E a conferma di questo annuncio,
le forze dell'ordine hanno intensificato le operazioni. Decine di
poliziotti in tenuta antisommossa sono infatti entrati nel Gezi Park di
Istanbul, cuore della rivolta contro il premier Erdogan. La polizia
aveva già occupato piazza Taksim, rimuovendo le barricate. Decine di
poliziotti con l'appoggio di blindati con cannoni ad acqua, avevano
attaccato la piazza, facendo un uso massiccio di lacrimogeni per
disperdere i pochi manifestanti sul posto. Ma poco dopo gli attivisti
sono tornati in piazza. Intanto il direttore di Human Right Watch,
Carroll Bogert, dal suo account twitter spiega che «dalla tenda del
primo soccorso dicono che c'è un morto, colpito alla testa dai
lacrimogeni».
La polizia entra a piazza Taksim
POLIZIOTTO SPARA A MANIFESTANTE - Scontri tra polizia e manifestanti sono avvenuti anche lunedì. In un video pubblicato su Youtube e diffuso da una televisione turca, si vede chiaramente un poliziotto che durante gli scontri in una via della capitale, apre il fuoco contro un giovane manifestante. Il ragazzo sarebbe ora ricoverato in gravi condizioni all'ospedale.
«IL WEB FA PIÙ DANNI DI UN'AUTOBOMBA» - Fin dal primo giorno della rivolta di OccupyGezi, lo stesso Erdogan si era espresso in termini molto critici nei confronti dei social media, di Twitter e dei nuovi strumenti di comunicazione «colpevoli» a suo dire di offrire una versione distorta della realtà. Gli esponenti del suo partito, Giustizia e Sviluppo (Akp) ci vanno anche più pesante. Una «piaga», uno strumento di «cospirazione», un ostacolo alla «serenitá e alla pace sociale» e ora anche una minaccia «più grave di un'autobomba», così ad esempio definisce il web Ali Sahin, vice presidente del partito, oltre che responsabile dei media e delle pubbliche relazioni. A suo giudizio, «c'è bisogno di nuove regole per mettere in ordine i social media, in modo che i loro utenti siano resi responsabili di quello che vi scrivono». Dichiarazioni riportate dal quotidiano Hurriyet, che ha suscitato non poche reazioni polemiche. A suo giudizio, infatti, tramite i social media i giovani che occupano piazza Taksim e Gezi Park a Istanbul stanno «cospirando» con l'obiettivo di «far cadere il governo».
Nessun commento:
Posta un commento