Sento un gran citare gli USA in queste ore, curiosamente da parte di gente di sinistra, che spiega come l'astensionismo poi non va drammatizzato , che in America da mo' che vota solo il 50% degli aventi diritto. Curioso, sono le stesse persone che se dici che ti piacerebbe un presidenzialismo all'americana, ti dicono che NO; da noi NO, l'Italia è troppo diversa dall'America (e ovviamente anche dalla Francia).
L'ipocrisia umana NON ha limite alcuno.
Come si possa non rimanere colpiti NEGATIVAMENTE da un turno elettorale dove più del 50% degli elettori restano a casa (in Francia al secondo turno per il Presidente andò l'80%, sapevatelo...) ...
Almeno a livello di obiettivo commento politico e sociale.
Dopodiché, conta vincere e quindi chi lo ha fatto è contento, e chissene se l'hanno votato gli amici del palazzo, CI STA. Magari si può pensare di fare bene, come Sindaco, e la prossima volta quelli che oggi non ti hanno scelto, scettici, ti voteranno.
Ma allo stato, il dato è che Marino diventa Sindaco di Roma con molti meno voti di quanti ne prese Rutelli nel 2008, senza peraltro vincere. La sinistra ha aumentato o diminuito il suo consenso popolare ?
Sono numeri no ?
Certo, tutto quanto detto vale , moltiplicato per 100, per il centrodestra. Ma l'abbiamo detto e scritto.
http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/06/debacle-centrodestra-ai-ballottaggi.html
Condivisibile l'analisi di Masismo Franco, notista del Corsera, che, oltre a rimarcare obiettivamente il dato patologico di un astensionismo di questolivello, evidenzia come il governo Letta possa tirare un discreto sospiro di sollievo. Nessuno infatti, dopo un test del genere, tra coloro che hanno la smania di tornare al voto, esce obiettivamente rassicurato.
I grillini sono in crisi nera. La lega non ne parliamo. Gli altri piccoli non esistono. Il PDL può sempre pensare che alle politiche l'effetto Berlusconi da 20 anni ha sempre fatto la differenza, e fidarsi dei sondaggi , ma intanto aspettiamo quelli della settimana prossima, dopo la debacle..., e poi, chi rischia ?
Quelli del PD devono fare il ragionamento contrario. NON è che i loro voti aumentano, ANZI. Certo, diminuiscono meno di quelli avversari, ingoiati dall'astensione Ma chi gli garantisce che, tornando alle urne per il Governo, una sufficiente parte dei moderati non ritornino a votare ?
Insomma, certezze qui non ne ha nessuno, ed è tutta buona salute per il buon Enrico Letta.
Ecco di seguito l'analisi dell'editorialista del Corriere.
Le Scorciatoie da evitare
Si può anche fare l'elenco di vincitori e sconfitti nel giorno in cui vota solo il 48,6 per cento dell'elettorato. E dunque, è giusto affermare che il centrosinistra emerge dai ballottaggi nelle città con un profilo più solido degli avversari, incapaci di ritrovare i consensi dal Veneto alla Sicilia. Ma la tesi di un'Italia più «americana» perché si va meno alle urne, come negli Usa, è autoconsolatoria fino alla strumentalità. Esaltare come moderno un calo di partecipazione dai contorni patologici, anche per la rapidità con la quale si manifesta, significa sottovalutare la frattura che si è consumata.
Il leghista Giancarlo Gentilini, sconfitto al ballottaggio, ha annunciato con un sussulto egocentrico che a Treviso un'era è finita. In realtà, non lì ma in Italia. Non si è spezzato solo l'asse fra Pdl e Lega: a Roma il Carroccio non c'è, eppure il centrosinistra trionfa nell'oceano astensionista. Il sindaco Gianni Alemanno e il Pdl sono stati inghiottiti dai propri errori. E non convince l'idea che se Silvio Berlusconi si fosse impegnato la situazione si sarebbe ribaltata. Forse l'ex premier avrebbe limitato i danni, ma è improbabile che sarebbe riuscito a evitare del tutto percentuali umilianti. Di nuovo, come al primo turno, l'incognita è il non voto.
Collegarlo all'assenza di candidati del Movimento 5 Stelle non basta: l'astensionismo va molto oltre. Beppe Grillo segnala ed esaspera la crisi del sistema, senza però mobilitare e smuovere la grande massa dei delusi. Il malessere è più profondo e non riceve finora nessuna risposta, anzi. L'unico elemento rassicurante emerge di rimbalzo, per il governo nazionale. I risultati dei ballottaggi di ieri tendono a stabilizzare la coalizione anomala guidata da Enrico Letta. Dovrebbero tranquillizzare il Pd; e scoraggiare la minoranza berlusconiana che vuole le elezioni, magari in risposta alle sentenze dei processi a carico del Cavaliere.
Il partito di Guglielmo Epifani teme che il governo col Pdl snaturi la sinistra e metta in mora il bipolarismo. Per questo nei giorni scorsi il premier e il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, hanno insistito sull'«eccezionalità» della coalizione. Il successo di ieri, con alleanze estese al Sel e a volte con una strizzata d'occhio ai grillini, dice che il governo Letta non logora il Pd. E questo dovrebbe attenuare l'impazienza di chi vuole archiviarlo: a cominciare da Nichi Vendola e dal sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ansioso di candidarsi alla segreteria e ipercritico verso palazzo Chigi.
Quanto al centrodestra, la tentazione di far saltare il tavolo da ieri suona almeno azzardata. Le pressioni di chi pensa di andare all'incasso elettorale non diminuiscono. Ma c'è voglia di stabilità, e di atti di governo che la giustifichino. Più che scommettere sul logoramento di Letta, ci si aspetterebbe un aiuto a fare il tanto o il poco consentito da questa inevitabile coabitazione. Inseguire la scorciatoia di un esecutivo omogeneo alle alleanze locali rischia di allontanarlo; e di far perdere all'Italia tempo prezioso.
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