domenica 2 giugno 2013

SE IL PROCESSO STATO - MAFIA HA CIANCIMINO COME SUPERTESTE....


Anche negli Stati Uniti vengono usati i pentiti di mafia, ma in modo assai diverso che da noi, perché lì le regole di procedura penale sono più severe e la possibilità che un processo salti per l'inosservanza delle stesse non è per nulla rara. In particolare, pur essendo un paese di Common Law, da loro è molto applicato il principio di diritto romano "falsus in uno, falsus in omnibus " . In fondo, è in forza a questa semplice regoletta che Strauss Kahn, accusato di violenza sessuale dalla cameriera dell' Hotel in cui il potente uomo francese alloggiava, fu poi prosciolto dal Procuratore di New York. Si era scoperto che la donna aveva mentito sul suo passato, che anche sui fatti specifici delle cose dette si erano rivelate false e infine che aveva molto presente il vantaggio economico che da quella denuncia le sarebbe derivato. Era la prova certa che mentiva sulla violenza ? No, ma era un DUBBIO che non poteva più essere superato.
Da noi invece c'è Ciancimino Junior come super testimone al processo del secolo, quello dei rapporti Stato Mafia. Una cosa inimmaginabile, eppure sta accadendo.
Che Ciancimino sia un mentitore seriale è stato acclarato ormai più volte, ed è infatti imputato di calunnia, che sia uno che gioca a scacchi con la Procura e coi media anche, con rivelazioni a rate, ritrattazioni, conferme.
Insomma, uno assolutamente inattendibile. Eppure i PM ancora gli credono, sostenendo che sì, certamente è uno che mente, ma dice anche delle cose vere.
Ovviamente, quelle vere, sono quelle che piacciono a loro.
Ieri sul Foglio è stato pubblicato un saggio scritto da Giovanni Fiandaca, un giurista molto stimato trasversalmente, Professore di Diritto Penale a Palermo e autore di manuali apprezzati della stessa materia, che si dedica appunto al processo in questione e lo fa a pezzi. In punta di diritto, non da tifoso.
Chi ha pazienza, lo può leggere scaricadolo dal sito.
Io riporto il commento del Direttore
Buona Lettura

Stato & mafia

Il processo sulla trattativa è una boiata pazzesca

Come un tribuno del popolo di serie B è arrivato a mettere sotto processo politici e carabinieri

Incappati in un testo tecnicamente definitivo, che fulmina senza remissione possibile tutto l’impianto e la stessa legittimità del processo (dei processi) che pretendono di mettere sotto accusa, nel segno della mitologia pataccara della “trattativa”, mafiosi, politici e carabinieri, noi ovviamente pubblichiamo (scaricate il pdf qui). Sono sette pagine di giornale, scritte in un linguaggio chiaro, comprensibile, e molto interessante. Una enciclopedia sull’abuso tribunizio della giustizia penale e sul suo massimo titolare, il dottor Antonio Ingroia, la cui opera è ereditata dai sostituti suoi pari in questi giorni impegnati nel tentativo di dimostrare l’indimostrabile giudiziario a Palermo. Lo scritto è firmato da un giurista di sicuro rango, Giovanni Fiandaca, che non ha un orientamento politico e civile conservatore né, tanto meno, reazionario o oscurantista.
Il professor Fiandaca argomenta in modo brillante, culturalmente appassionato ma anche tecnicamente distaccato, in punta di diritto, alcune cose semplici che i lettori del Foglio e chi in genere ci segue sulla stampa e in tv conosce già per ovvie ragioni. Riassumo con il mio linguaggio, e con il colore della politica e del giornalismo. Un gruppo di assatanati in toga, catilinari di serie B trascinati dall’ambizione di diventare tribuni del popolo, compresi del ruolo usurpato di storici e politologi, alla ricerca della verità intesa come retroscena complottardo in cui stato e antistato mafioso combuttano tra loro per principio, ha inscenato negli anni scorsi una serie di inchieste, prima sulle stragi che avrebbero dovuto essere attribuite a Berlusconi (sistemi criminali), poi su una “trattativa” con la mafia degli anni 1992-1993, e alla fine sono arrivati al risultato di metter sotto processo mafiosi, politici e carabinieri, in un dibattimento il cui vero scopo, nel gioco delle testimonianze, sarà quello di condizionare ricattatoriamente, in relazione alle sue prerogative, e di cercare di sputtanare quel corpo politico che è la presidenza della Repubblica. Il tutto in un lavoro giudiziario senza vera e credibile fattispecie di reato, senza prove, con testi d’accusa riconosciuti calunniatori, in un contesto ricostruttivo di penosa insufficienza e contraddittorietà. Il grottesco è massimo quando il pm si fa beffe della divisione dei poteri, imputa al governo di aver fatto una politica criminale che era nei suoi poteri e doveri, agita le emozioni costruite con il circo mediatico, le convoglia in un progetto di consenso politico ed elettorale, e alla fine viene giustiziato dal popolo elettore e dagli stessi magistrati di sinistra e progressisti che affrontano con orrore questa disinvolta manomissione delle maniere del diritto.
Lo scritto mirabile di Fiandaca si presenta, sulla rivista Criminalia, come un saggio giuridico, e lo è, ma è molto di più. E’ un modo di “pittare” il paese in cui abitiamo, e di stigmatizzarne i vizi civili con un’energia moralista genuina che non ritrovate nei paraculi e nei parasole delle false “agende rosse”, che si cibano dei talk-show dove un’icona dell’antimafia, il Ciancimino Jr. appena riarrestato per associazione a delinquere, dopo tutto il resto, funge da vate e guru dell’inchiesta risanatrice.
Il vero dramma è che in Italia si possa fare quel che si è fatto. Inchiodare alla sbarra, insieme con i mafiosi, politici e carabinieri con accuse inesistenti e una retorica di contorno infamante. E che lo si sia potuto fare, a parte le resipiscenze di Magistratura democratica e la sincera testimonianza di pochi garantisti, o persone di senso comune allertato e vigile, nella più sordida e vile complicità dei tutori dell’opinione pubblica, direttori di giornali o di tg ed editorialisti piegati al pensiero dominante della caccia all’uomo. Hanno resistito anche il Quirinale, la Corte costituzionale, e un pezzo della Pubblica amministrazione e dell’Arma dei carabinieri. E basta. Chi leggerà il testo di Fiandaca capirà che in questi anni, per costruire carriere politiche e giudiziarie, si è fatto carne di porco del diritto e dei suoi princìpi primi, si è fatta una campagna calunniosa fondata su risibili induzioni o inferenze o insinuazioni, si è calpestata la liberaldemocrazia mentre quasi tutti si voltavano dall’altra parte.

IL PROFESSORE DI DIRITTO PENALE GIOVANNI FIANDACA

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