Talmente assuefatti alla tirannia della tasse, molti amici, anche intelligenti, si sarebbero tenuti l'IMU nella convinzione che "era necessaria" e/o, comunque, chi governa se ne inventerà un'altra peggiore. La prima affermazione è figlia di una concezione irragionevole della società, dove se mancano i soldi per avere delle cose, si fanno i debiti, senza pensare mai di restituirli, pensando ad un rinnovo continuo a suon di interessi. Da qualche anno i debiti non si possono aumentare, e quindi si tassa. Ma spendere di meno no ?
Noi italiani siamo come quel giornalista conosciuto vari anni fa, che si lamentava di come, con uno stipendio mensile di 3.000 euro, non riuscisse a mettersi nulla da parte...Al consiglio di mettersi seduto, stilare l'elenco delle spese abituali e vedere quali potesse in effetti tagliare, perché non indispensabili, rispose : l'ho fatto, in effetti potrei eliminare la colazione al bar la mattina...
TUTTO è indispensabile. Ma non sarebbe bello una piscina e una palestra in ogni condominio? un'area verde per ogni palazzo ? un pc e uno schermo tv ultrapiatto in ogni stanza? Un pronto soccorso da raggiungere a piedi ? Il tribunale sotto casa ? E poi, non erano una figata le baby pensioni ? In fondo si creavano anche nuovi posti di lavoro no ? Per non parlare del sistema retributivo, per cui prendevi come pensione l'ultimo reddito percepito, a prescindere dei contributi effettivamente versati.
Vogliamo parlare delle lavagne elettroniche a scuola ? Indispensabili. I pc in classe. Senza come si fa ?
E' così facendo che siamo arrivati ad avere quasi 800 miliardi di spesa pubblica, di cui una ottantina sono per gli interessi sul debito, ma il resto è tutto ciò di cui non possiamo fare a meno...
Ma se l'intero prodotto italiano non arriva a quella cifra ??
Se le tasse, arrivate a percentuali di prelievo svedese (per controprestazioni sappiamo quali), fanno fatica a pareggiare i conti, mentre con questo tipo di fiscalità le imprese muoiono o licenziano?
La risposta immancabile è : c'è il tesoro degli evasori ancora da scalare. Non dovrebbe servire semmai a diminuire le tasse, come il noto slogan ripete confidando che siamo tutti cretini ?
E mentre si chiedono sempre più soldi pubblici, i giornali sono pieni di sprechi che gridano vendetta. Ieri sui giornali : centinaia di maxi bus, realizzati come se le nostre città non fossero crocevia angusti ma piene di boulevards parigini, fermi, abbandonati come cadaveri di elefanti in arrangiati cimiteri... E' solo un esempio.
Ricolfi propone, e nessuno se lo fila, che le risorse per nuove spese pubbliche si recuperassero dall'eliminazione degli sprechi...Anche lì, un tesoretto niente male...un'ottantina di miliardi. Altro che i 4 dell'IMU cari amici di FB...(c'è da dire che analoga proposta il professore la fa per l'abbattimento delle tasse, da ottenere appunto con i denari recuperati dall'evasione...così le curve di destra e sinistra sono sistemate...).
Nuovi pc in classe ? Nuovi soldi per borse di studio, per la ricerca ? Non pensiamo a nuove tasse, ma come a risparmiare recuperando soldi dagli sprechi e anche dalla eliminazione di spese considerate meno necessarie.
Ma tutto è necessario ! E il cerchio si perpetua all'infinito.
Quanto all'altra considerazione desolata e desolante, che tanto al posto dell'IMU arriverà la Service Tax (usare l'inglese ha effetto vasellina ?) e si scoprirà che sarà peggio (come l'IMU è stata peggio dell'ICI).
Purtroppo è probabile che vada così. Ma è anche questa rassegnazione da sudditi che aiuta questo drammatico andazzo.
Leggo, non so se sarà così, qualche dubbio ce l'ho, che questa nuova imposta ne racchiuderebbe varie attuali e sarebbe appannaggio dei comuni. Vedremo. Però non sarebbe male, nell'ottica di realizzare un vero federalismo fiscale, che è tale se i cittadini possono misurare l'efficienza dell'uso dei loro denari. Oggi i comuni si lamentano perché non hanno soldi sufficienti, che delle tasse dei cittadini a loro restano le briciole. Togliamogli questo alibi.
Dopodiché, se per avere città ricche di offerte dovremo rinunciare che so, alle vacanze estive, alla palestra, all'happy hour, fino ad arrivare a cose più essenziali, sapremo chi ringraziare e magari anche come votare.
Che le tasse sono un VELENO, necessario entro certi limiti, ma da evitare ogni volta che si può.
Quindi se una viene abolita, bisogna esultare. E poi impegnarsi che quello che esce dalla porta, non rientri dalla finestra.
Se è vero che ci sono voluti cinque mesi per rastrellare i due-tre miliardi utili all'abolizione dell'IMU sulla prima casa, come pensiamo che potremo mai affrontare l'Everest del debito pubblico ?? Oltre 2000 miliardi, il 130% del Pil, che secondo l'Europa dovrebbe essere portato, in 30 anni, al 60.
Ma in che modo mai ??
Ecco l'editoriale del Corsera odierno dedicato al problema, dove i problemi non vengono nascosti, ma senza cedere del tutto ad uno scetticismo universale.
Ricordo sempre che essere scettici è comodo, che 9 volte su 10 uno finisce per avere ragione. Ma ha senso vivere e adoperarsi perché si realizzi quella decima volta.
MPOSTE LOCALI FINORA SEMPRE CRESCIUTE
Un passo avanti e molte incognite
Quando un governo, ogni governo, mette mano alle tasse non c'è mai da
stare tranquilli. Le promesse di tagli, con i vincoli di bilancio nei
quali l'Italia è costretta a destreggiarsi, appaiono complicate da
mantenere. Eppure la decisione di abolire l'Imu sull'abitazione
principale, sospesa a giugno, appare come un segno di tregua tra Fisco e
contribuenti.
Uno scatto dopo tanti mesi di incertezza del quale va dato atto al governo e alle forze politiche. Il piano casa per i mutui agevolati, la deducibilità per le imprese, la riduzione del prelievo sugli affitti concordati e i nuovi fondi per la cassa integrazione vanno tutti nella direzione di una maggiore attenzione alla crescita. E alle famiglie.
Ma per capire se il Fisco ha davvero cambiato atteggiamento bisognerà vedere quale sarà l'evoluzione della nuova imposta comunale, la cosiddetta service tax. Saranno i sindaci, dal primo gennaio 2014, a stabilirne entità e modalità di applicazione. Un passo importante nella direzione del federalismo fiscale che nasconde un dubbio: finora gli amministratori locali non si sono certo distinti per senso di responsabilità. Anzi. In dieci anni le addizionali sono cresciute del 573%. E basta guardarsi alle spalle per scoprire che il Fisco ci ha, purtroppo, abituati a costosi stratagemmi verbali. Dietro ogni restyling , dietro ogni nuovo acronimo coniato dall'inarrestabile fantasia dell'Erario, si è nascosto un aggravio. È accaduto nel '97 con l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive. Nata per semplificare - e accorpare una decina di altri tributi (dai contributi sanitari all'Ilor, all'Iciap) - si è via via trasformata in una pesante zavorra per le imprese con più dipendenti. E più produttive.
Per non dimenticare le addizionali comunali e regionali che si sono aggiunte all'Irpef, senza una contemporanea riduzione delle aliquote base. Copione simile per l'Imu, l'imposta municipale introdotta dal governo Berlusconi, riveduta, corretta e messa all'incasso dal governo Monti. Ventun anni fa si chiamava Isi, imposta straordinaria sugli immobili (governo Amato). Poi Ici (imposta comunale sugli immobili) e, infine, Imu. A ogni cambio di nome un aumento delle imposte sui proprietari di casa. E delle complicazioni da affrontare per calcolarle e pagarle. Sono cambiate le sigle, ma la musica dal 1992 è sempre la stessa.
Adesso la svolta della service tax (ma è proprio necessario ricorrere a un termine anglosassone per un'imposta tutta nazionale?). Sarà in questa nuova tassa che confluiranno l'Imu, la tassa sui rifiuti e quella, nuova, sui servizi comunali indivisibili (come l'illuminazione, la polizia locale). Troppi compiti per un singolo tributo. Facile essere portati a pensare male: non è che alla fine, con il gioco delle tre tasse, spenderemo quanto prima se non di più?
La nuova Tares, che pagheremo a fine anno, già ingloba una quota di tassa sui servizi, ed è più cara della vecchia tassa sui rifiuti. Se ci aggiungiamo dal 2014 anche una quota dell'Imu, il rischio stangata è dietro l'angolo, soprattutto per chi possiede più di un immobile (e non è detto che siano solo i ricchi). La maggiore compartecipazione degli enti locali è sicuramente un passo avanti, speriamo soltanto che la storia del federalismo fiscale vista fin qui venga smentita.
Uno scatto dopo tanti mesi di incertezza del quale va dato atto al governo e alle forze politiche. Il piano casa per i mutui agevolati, la deducibilità per le imprese, la riduzione del prelievo sugli affitti concordati e i nuovi fondi per la cassa integrazione vanno tutti nella direzione di una maggiore attenzione alla crescita. E alle famiglie.
Ma per capire se il Fisco ha davvero cambiato atteggiamento bisognerà vedere quale sarà l'evoluzione della nuova imposta comunale, la cosiddetta service tax. Saranno i sindaci, dal primo gennaio 2014, a stabilirne entità e modalità di applicazione. Un passo importante nella direzione del federalismo fiscale che nasconde un dubbio: finora gli amministratori locali non si sono certo distinti per senso di responsabilità. Anzi. In dieci anni le addizionali sono cresciute del 573%. E basta guardarsi alle spalle per scoprire che il Fisco ci ha, purtroppo, abituati a costosi stratagemmi verbali. Dietro ogni restyling , dietro ogni nuovo acronimo coniato dall'inarrestabile fantasia dell'Erario, si è nascosto un aggravio. È accaduto nel '97 con l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive. Nata per semplificare - e accorpare una decina di altri tributi (dai contributi sanitari all'Ilor, all'Iciap) - si è via via trasformata in una pesante zavorra per le imprese con più dipendenti. E più produttive.
Per non dimenticare le addizionali comunali e regionali che si sono aggiunte all'Irpef, senza una contemporanea riduzione delle aliquote base. Copione simile per l'Imu, l'imposta municipale introdotta dal governo Berlusconi, riveduta, corretta e messa all'incasso dal governo Monti. Ventun anni fa si chiamava Isi, imposta straordinaria sugli immobili (governo Amato). Poi Ici (imposta comunale sugli immobili) e, infine, Imu. A ogni cambio di nome un aumento delle imposte sui proprietari di casa. E delle complicazioni da affrontare per calcolarle e pagarle. Sono cambiate le sigle, ma la musica dal 1992 è sempre la stessa.
Adesso la svolta della service tax (ma è proprio necessario ricorrere a un termine anglosassone per un'imposta tutta nazionale?). Sarà in questa nuova tassa che confluiranno l'Imu, la tassa sui rifiuti e quella, nuova, sui servizi comunali indivisibili (come l'illuminazione, la polizia locale). Troppi compiti per un singolo tributo. Facile essere portati a pensare male: non è che alla fine, con il gioco delle tre tasse, spenderemo quanto prima se non di più?
La nuova Tares, che pagheremo a fine anno, già ingloba una quota di tassa sui servizi, ed è più cara della vecchia tassa sui rifiuti. Se ci aggiungiamo dal 2014 anche una quota dell'Imu, il rischio stangata è dietro l'angolo, soprattutto per chi possiede più di un immobile (e non è detto che siano solo i ricchi). La maggiore compartecipazione degli enti locali è sicuramente un passo avanti, speriamo soltanto che la storia del federalismo fiscale vista fin qui venga smentita.
Eh, come faremmo senza tablet nelle scuole? I ragazzi devono avvicinarsi alla tecnologia. Eppure, che io sappia, sono i ragazzi a insegnare ai vecchi come si usa la tecnologia... nelle scuole finirà che gli alunni cazzeggeranno alla grande coi tablet mentre gli insegnanti staranno ancora imparando come accenderli.
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