Ho letto l'editoriale del vicedirettore del Corriere della Sera ritenendolo saggio, pur avendo qualche perplessità qua e là, specie per una certa idea coltivata pensando ad un mondo immaginato più per come dovrebbe essere che per come è, limite che ho sentito più di qualcuno muovere al giornale di via Solferino. Poi ho letto i commenti e sono rimasto basito. E' come se una banda di pasdaran di Fatto e Repubblica si dessero appuntamento sulle pagine on line del Corriere per sfogare la loro "indignazione" (e sono tutti indignati questi) per la moderazione del giornale.
"cosa c'entra il PD coi problemi del PDL ", "non bastano tre gradi di giudizio ??" e l'immancabile " se fossimo in un altro paese ecc. ecc.".
Bene, io ho commentato a mia volta a lor signori :
A leggere i commenti, sembra che i lettori di Fatto e Repubblica si dilettino ad aprire la pagina gratuita del corriere on line (dubito che paghino qualcosa) e sfoghino i loro malumori. Chi legge questo giornale quotidianamente conosce il "terzismo" che lo stesso si sforza di mantenere, così come una certa politica editoriale "pro governo", oggi Letta, ieri Monti. Peraltro, sono ospitati interventi di segno diverso (cosa che negli altri due quotidiani citati, non è dato vedere, non più) e anche nella redazione, uno come Luigi Ferrarella si spende spesso per difendere i magistrati e attaccare Berlusconi. Insomma un giornale che si sforza di essere imparziale, con alterne fortune, ma che almeno ci prova. Per me è un pregio, al di là di condividere questo o quell'articolo. Venendo a quello odierno criticato, mi pare dica cose per lo più in linea con la volontà sostanziale della maggioranza dei commenti, e cioè che Berlusconi debba accettare la sua estromissione dal Parlamento, che non ha convenienza in una crisi, che è arrivato il momento di pensare alla sua successione nel campo del centro destra. Lo fa in modo troppo garbato ? Ognuno si esprime come sa. Quanto ai tre gradi di giudizio , il quarto ecc. ecc. qualcuno di voi ricorda Carlo Giuliani, il giovane ucciso a Genova durante le sommosse occorse durante il G8 ? Il padre NON si accontentò dei tre gradi di giudizio e impugnò l'assoluzione del carabiniere Placanica che aveva sparato per legittima difesa davanti alla Corte di Strasburgo (che gli diede torto, ma questa è un'altra storia) . Quindi esiste giuridicamente questa possibilità. Parimenti, trattadosi di un parlamentare, che, piaccia o no, Silvio Berlusconi non è per la COSTITUZIONE un cittadino qualunque ( artt. 65,66,68..sono brevi, si possono anche leggere) e quindi è previsto che le camere GIUDICHINO - che non vuol dire semplicemente "prendere atto" - i casi sopraggiunti di ineleggibilità e incompatibilità. Ed è la Legge Severino, NON la condanna penale, allo stato, a determinare questa possibile conseguenza (decadenza e ineleggibilità del condannato ad una pena superiore a due anni). Di questa legge, fior di giuristi, docenti di Diritto Costituzionale e Penale, hanno contestato la possibile incostituzionalità. Altri, parimenti autorevoli, hanno affermato il contrario, ma questo non depone per una legge CHIARA, inequivoca, e quindi c'è chi ha suggerito di far dire l'ultima parola alla Corte Costituzionale. Nel frattempo, e parallelamente, c'è la quesione politica, del depotenziamento politico del capo del centrodestra italiano. Insomma, tutte cose sulle quali è normale avere posizioni diverse, ma certo non semplici come invece il semplicismo dei commenti prevalenti vorrebbe che fossero.
Immagino che non riceverò molte adesioni, però non capisco questo "trollismo" (mi pare che si chiami così andare sui siti altrui più che altro per far canizza) cibernauta. Io il Fatto non lo leggo, qualche volta Repubblica, specie grazie a Quinto Stato, un blog che, come il Camerlengo, suggerisce una sorta di rassegna stampa. Però non vado sul sito di Repubblica a ululare alla luna.
Ecco comunque l'articolo di Fontana
L'INUTILE TENTAZIONE DI APRIRE LA CRISI
Una misteriosa ossessione
Il governo di larghe intese è stato voluto dal Pdl molto più che dal Partito democratico. Angelino Alfano fa bene a ricordarlo. Pier Luigi Bersani, sotto choc per la mancata vittoria elettorale, tentò in tutti i modi di formare un esecutivo diverso, appoggiato dagli eletti di Grillo. Solo dopo numerosi fallimenti, e grazie al presidente della Repubblica, il Pd accettò con sofferenza di varare una grande coalizione, nella quale non ha mai creduto fino in fondo.
Ma proprio questi dati di fatto rendono ancora più incomprensibile il comportamento del Pdl, o almeno di una sua parte, nell'estate politica dominata dalla condanna di Silvio Berlusconi. L'impegno a tenere separati la vicenda giudiziaria e il destino del governo è stato rimosso. Le minacce si sono moltiplicate fino a questi giorni di tregua apparente. Falchi e pitonesse hanno calcato la scena con dichiarazioni incendiarie contro tutto e tutti: dal capo dello Stato al presidente del Consiglio, dai giudici ai presunti traditori che si anniderebbero nel Pdl.
C'è qualcosa di misterioso nell'ossessione di aprire una crisi. Far cadere il governo e andare alle elezioni (ammesso che al voto si vada) non cambierà di un millimetro la situazione giudiziaria di Berlusconi. Il 15 ottobre la condanna diventerà operativa con la scelta tra arresti domiciliari e affidamento ai servizi sociali. Poco dopo arriverà la Corte d'appello che ricalcolerà gli anni di interdizione dai pubblici uffici. Non c'è nessuno, in uno Stato di diritto, che possa ragionevolmente pensare che tutto ciò si possa cancellare con un colpo di spugna prima dell'esecuzione della sentenza e senza che l'ex premier ne prenda atto.
Certamente molte dichiarazioni di esponenti del Pd sulla decadenza in base alla legge Severino stanno dando una mano al partito della crisi. C'è una fretta sbandierata. Il diritto di difesa riconosciuto a tutti (compreso quello di valutare nel merito il ricorso alla Corte europea) e le obiezioni avanzate da importanti giuristi sembrano un fastidio.
La voglia di eliminare l'avversario per via giudiziaria, un tratto distintivo della fallimentare politica dei Democratici nei confronti di Berlusconi, è fortissima.
È bene che la giunta che si riunisce oggi avvii un esame approfondito e lasci il tempo necessario alla difesa. Così la vicenda tornerà su un binario corretto. Perché lascerà nelle mani di Berlusconi una decisione che nessuno può prendere al suo posto. Riguarda il suo futuro personale e il destino del partito che ha fondato. Un atteggiamento rispettoso della legalità gli permetterà di continuare a svolgere, anche fuori dal Parlamento, un ruolo politico importante. E, dopo una richiesta avanzata da lui o dalla sua famiglia, il Quirinale potrà esaminare con serenità le ipotesi di clemenza o di commutazione della pena.
Ma, soprattutto, il leader del centrodestra italiano potrà riflettere su un punto decisivo. Dopo venti anni è tempo di avviare con serietà la costruzione di una nuova formazione dei moderati italiani. Nel Pd è in atto un processo di cambiamento generazionale, la coppia Enrico Letta-Matteo Renzi porterà questo partito fuori dalla tradizione post comunista. Il centrodestra può restare a guardare senza dare una prospettiva agli italiani che non si riconoscono nella sinistra? Non è possibile: anche in questo campo c'è bisogno di idee nuove e di una classe dirigente che sappia interpretarle e proporle al Paese. Tocca a Berlusconi, con i gesti e gli atteggiamenti giusti, decidere se esercitare una vera leadership favorendo questo processo. Altrimenti si consegnerà agli urlatori di professione in un cupo finale di partita.
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