venerdì 25 ottobre 2013

ANTONIO POLITO : PIU' FACILE OTTENERE UN PROVVEDIMENTO ALL'ONU CHE VOTARE UNA LEGGE IN ITALIA


Finalmente torna il Polito che più ci piace, quello che non ha una mission da assolvere - la sua in genere è quella di difendere il governo in carica, lo fa da un paio d'anni, prima con Monti oggi con Letta, in sintonia immagino coi "mandanti", vale a dire i proprietari e il direttore del Corriere.
Nell'editoriale di oggi la sua disamina sul collasso del sistema politico, e anche istituzionale, italico è perfetta.
Stamane sulla posta mi è arrivata una lettera di Michele Boldrin, attuale coordinatore nazionale del movimento di FARE per fermare il declino, a suo tempo lanciato (e alla fine purtroppo anche un po' azzoppato) da Oscar Giannino, che informava gli iscritti e simpatizzanti (io, i lettori lo sanno, votai FARE alle ultime elezioni. In genere scelgo sempre sulla base della "bandiera" liberale che più mi convince, a prescindere dalle prospettive di successo) di una federazione in corso tra vari movimenti, associazioni e partiti che s'ispirano ai 10 punti identitari posti a fondamento dell'ambizioso progetto di "fermare il declino" nazionale. Mi sembra un'ottima cosa, a patto che questa sintesi sia veramente ampia ed efficace, da potere arrivare ad essere polo attrattivo per una parte veramente consistende dell'elettorato liberale.
Che, come scrive giustamente Polito, non è che l'Italia abbia bisogno  di partiti nuovi, quanto di UOMINI nuovissimi, non tanto e non solo per identità anagrafica ma per respiro politico.
p.s. da applausi a scena aperta il riferimento al fallimento della cosidddetta moralizzazione  tentata dai giudici milanesi negli anni 90 : "questo sistema politico è figlio di Mani pulite, e non sembra venuto tanto meglio".
Buona Lettura

"La maionese impazzita"
 
Provate a seguire da vicino l’iter di un provvedimento legislativo. Scoprirete che i partiti che compongono la maggioranza non sono tre come si dice, ma almeno sette. Nel Pd agiscono separatamente il gruppo dei «Renzi for president» e l’avversa coalizione del «Tutto tranne Renzi»; più un manipolo di deputati che rispondono direttamente alla Cgil. Nel Pdl i «fittiani» contendono palmo a palmo il terreno agli «alfaniani», e il consenso del Pdl va contrattato con entrambi (più Brunetta). Scelta civica si è sciolta in due fazioni, per niente moderate nella foga con cui si combattono. Per condurre in porto il vostro provvedimento preferito dovrete dunque fare sette stazioni della via crucis parlamentare, per quattro volte (se il governo non mette la fiducia, due letture alla Camera e due al Senato). Vi servono insomma ventotto sì. Un’intesa larghissima: si fa prima al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Una volta approvata, la nuova norma rimanderà di sicuro a un regolamento attuativo. E lì ricomincerà la vostra gimkana, stavolta tra i burocrati dei ministeri che hanno il potere di scriverlo. Il nostro sistema politico-parlamentare è letteralmente esploso. E la cosa incredibile è che il massimo della frammentazione convive con il massimo del leaderismo nei partiti. Il Pd, che pure è il più democratico, è una monarchia elettiva (quattro capi in cinque anni, l’unico partito al mondo che incorona il segretario con una consultazione del corpo elettorale). Il Pdl è una monarchia ereditaria. La terza forza, il M5S, è una diarchia orientale, con un profeta e un califfo. In queste condizioni il semplice fatto che esista un governo è già un miracolo, figurarsi l’operatività. Se andiamo a votare può anche peggiorare. E non è solo colpa del Porcellum . Con i partiti come sono oggi, e con i sondaggi che circolano oggi, nessun sistema elettorale, nemmeno il più maggioritario, può garantire una maggioranza solida. Se anche questa si producesse nelle urne, si spaccherebbe in Parlamento un attimo dopo, come è miseramente accaduto alla più formidabile maggioranza della storia, quella uscita dal voto del 2008 e guidata da Berlusconi. Da tre anni il governo della Repubblica non è più espressione del risultato elettorale. Nessuna delle coalizioni che abbiamo trovato sulla scheda appena otto mesi fa esiste più. Qualsiasi terapia del male italiano deve passare da qui: come rendere il Paese governabile. Come aprirsi un sentiero praticabile tra due Camere, venti Regioni, più di cento Province, più di ottomila Comuni. Come ridurre il numero dei partiti, ridurne il potere, ridurne l’ingerenza. È infatti nel sistema politico-istituzionale che si è incistata nella sua forma più perniciosa quella crisi di cultura e di valori di cui hanno scritto sul Corriere Galli della Loggia e Ostellino. La soluzione viene di solito indicata nelle riforme costituzionali. Solo chi spera nel tanto peggio tanto meglio può negarne l’urgenza. Ma neanche quelle basteranno se non si produce una profonda rigenerazione morale dei partiti. Laddove l’aggettivo «morale» non sta solo nel «non rubare», e il sostantivo «rigenerazione» non coincide con l’ennesimo «repulisti» affidato al codice penale: questo sistema politico è figlio di Mani pulite, e non sembra venuto tanto meglio. Rigenerazione morale vuol dire innanzitutto una nuova generazione, homines novi . Vuol dire restaurare un nesso, anche labile, tra l’attività politica e il bene comune. Vuol dire liberarsi dei demagoghi e dei voltagabbana. L’Italia non può farcela senza una politica migliore.

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