sabato 9 novembre 2013

CALDAROLA E OSTELLINO . DUE GRANDI PERSONE CONTRO LA CUSTODIA CAUTELARE

 
Qualche giorno fa Peppino Caldarola aveva scritto sul suo Blog, Il Calibro, un articolo esemplare sulla questione calda (speriamo che lo resti, che chissà che si riesca a migliorarla se non a risolverla. Certo è un buon segno se il simpatico BOBO di Staino fa una vignetta su Travaglio come santo inquisitore...) della custodia cautelare.
Gli fa ecco, oggi sul Corsera, Piero Ostellino. Due articoli da leggere (anche la parte finale dell'ex direttore del Corriere pecca,a mio avviso, di un eccesso di virtuosismo filosofico che stona su un argomento così drammatico e concreto).
Eccoli

MORI, SCAGLIA, BASSOLINO : C'E' QUALCHE PM CHE NE AZZECCA UNA ? 
 
L’elenco degli assolti eccellenti comincia a farsi lungo. C’è stato prima il prefetto Mori, poi Scaglia, l’inventore di Fastweb, che ha dovuto subire anche la carcerazione, ieri Bassolino. Sicuramente mi sfuggono altri casi, è certo che mi sfuggono le migliaia di vittime di malagiustizia anonime perché si tratta di persone che non hanno mai avuto, neppure in disgrazia, il bagliore della ribalta.
Tuttavia questa somma di casi giudiziari, a cui vanno aggiunti le inchieste fallite strada facendo, non prima di aver danneggiato  cittadini innocenti, non è stata sufficiente a mettere all’ordine del giorno il tema della giustizia. Alcuni buontemponi sostengono che proprio queste assoluzioni dimostrano che la giustizia funziona. Peccato che le assoluzioni siano venute fuori dopo anni di inchieste, dopo carriere spezzate, dopo famiglie messe in vetrina ingiustamente.
Sappiamo perché non si può parlare di riforma della giustizia. Perché così facendo si accoglierebbe un tema berlusconiano. Questa è stata l’Italia di questi anni, anche per colpa di Berlusconi. Cioè un paese che non ridisegna il suo sistema giudiziario, internazionalmente screditato, per non favorire un attore della politica il quale peraltro si era favorito da se con leggi ad hoc fino al tragico finale in cui, essendogli sfuggito il controllo dell’intero meccanismo, operazione al di sopra dei mezzi di Ghedini, si trova a pagare tutto in una volta.
Quello che colpisce di questo paese non è la folla di giustizialisti che ci considera tutti sospettabili e crede che i magistrati tutti, anche quelli che non ne azzeccano una, volete i nomi?, siano unti dal Signore. Quello che ci colpisce è l’atonia e la viltà delle forze politiche progressiste che hanno rifiutato di prendere in mano la bandiera della giustizia giusta che è il simbolo di ogni sinistra che si rispetti. Spero che Renzi sia meno timido.
Il massimo dell’ipocrisia è stato quando si è detto che la partita era solo fra Berlusconi e i suoi giudici, mentre in un sistema politico maturo anche questo aspetto andava sorvegliato per poter essere più fermi nel sostenere l’applicazione delle sentenze.
Oggi ci godiamo la festa per il caro Bassolino che riprende la carriera. Mi auguro che tanti come lui possano avere la stessa fortuna. Personalmente sono innocentista da quando, bambino, seguivo il processo Fenaroli-Ghiani su un delittaccio di cui ricordo appena i contorni. Sono innocentista per stato d’animo e sono innocentista perché della magistratura mi fido poco. La rispetto come istituzione, ma non sono tenuto a rispettare tutti i suoi membri. Ci sono stati eroi, ci sono persone brave e perbene, ma ci sono anche tanti che  in una qualsiasi azienda privata, e in qualunque altro paese al mondo, sarebbero stati licenziati per manifesta incapacità. E con loro, i loro trombettieri.



"La necessaria riforma della custodia cautelare"

 
 Forse — forse, ma non si sa quando e con quali tempi — il Parlamento discuterà la riforma dell’istituto della carcerazione in attesa di giudizio, chiamato benevolmente «custodia cautelare», un’autentica vergogna per il nostro Paese e il suo sistema giudiziario, riducendone i tempi o eliminandolo del tutto. Dunque, se la magistratura, come già ha fatto in passato, non vi si opporrà — perché, era stata la scandalosa motivazione, l’eventuale modificazione della custodia cautelare nuocerebbe alle indagini — l’Italia, a quasi quattro secoli dalla sua approvazione da parte del Parlamento inglese, scoprirà l’Habeas corpus e lo inserirà, per la parte relativa, nelle sue leggi. Forse (forse) la custodia cautelare non sarà più la ruota medievale con la quale certi magistrati cercano di strappare una confessione qualsiasi ai propri inquisiti per giustificare il proprio arbitrario giudizio. La notizia è uscita, non si sa quanto casualmente, insieme a quella del ministro della Giustizia che sarebbe intervenuto per favorire la scarcerazione della signora Giulia Ligresti; che, già ammalata, «rischiava di morire in carcere». Per giorni, le prime pagine dei media hanno discusso se l’intervento della signora Cancellieri — ora assolta dal Parlamento non per aver sollevato, ancorché surrettiziamente, un problema generale di civiltà del diritto, ma ad evitare una crisi di governo — fosse, o no, legittimo. Non un solo media ha scritto che un ministro della Repubblica aveva detto che di «custodia cautelare», da noi, si può (anche) morire ed era intervenuto, non ufficialmente, al telefono e a titolo personale, per evitare, come si usa nelle repubbliche delle banane, la morte di «un’amica di famiglia». Non fosse mai che, parlando di custodia cautelare, certa magistratura potesse adombrarsene! Così, un problema che riguarda centinaia di inquisiti e carcerati in attesa di giudizio, in buona o cattiva salute che siano, è stato dirottato sul binario morto del bla-bla politichese. Si dice che la magistratura — sulla base della kelseniana dottrina formalistica del diritto e dello Stato — si limita, correttamente, ad applicare la legge. Ma il positivismo — l’estensione alle scienze sociali dello scientismo, teorizzata nell’Ottocento da Saint Simon e da Comte, non propriamente due grandi liberali — è stato, nelle sue varie accezioni, compresa quella giuridica, la dottrina dei totalitarismi del Novecento e, perciò, la giustificazione che i magistrati compromessi col nazismo avevano accampato, nel dopoguerra, per le loro sentenze liberticide. Il difetto sta, allora, nel manico. Nella legislazione. Che, in Italia, rimane fondamentalmente quella del «secolo breve», dei totalitarismi, che aveva riproposto la «romantizzazione della scienza», come sola conoscenza e unica morale, ereditate dall’ubriacatura razionalistica e romantica dei secoli Diciottesimo e Diciannovesimo. Un pizzico di Illuminismo (scozzese), empirico e scettico, nell’insegnamento delle nostre scuole, non guasterebbe.

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