venerdì 29 novembre 2013

DOPO L'IRLANDA, BUONE NOTIZIE DALLA SPAGNA. QUANDO TOCCA A NOI ?


E' un po' che si è tornati a parlare bene della Spagna (ma anche dell'Irlanda. Dei PIIGS quelli rimasti indietro sono gli altri tre, con il Portogallo altalenante, la Grecia sempre male e noi abbastanza grazie..). Le prime avvisaglie sono venute con il miglioramento dello spread, che è tornato ad equivalere al nostro, cosa che ci secca tanto (questo derby con gli spagnoli l'aveva iniziato Prodi con il collega di sinistra, il "rivoluzionario" Zapatero, finito poi piuttosto malconcio ma che per tanto tempo è stata un'icona della sinistra, specie anticlericale). 
Quando il boom spagnolo finì, con lo scoppio della bolla immobiliare, in molti pronosticarono che sarebbe stata una crisi ben difficile da superare perché l'economia iberica non aveva altri punti di vera forza (quello che si dice, in maniera molto più drastica, della Grecia, che oltre al turismo e alla flotta mercantile altro non ha). E invece sembra che questo mantra delle riforme strutturali alla fine qualche risultato lo porti.
L'economist , nel magnificare il rimbalzo spagnolo di questi tempi, non esita a ipotizzare qualcosa che possa emulare il "miracolo tedesco" verificatosi dopo il 2004. Anche lì, decisive furono le riforme in materia di Lavoro e Welfare, avviate coraggiosamente da Schroeder che salvò così il suo paese dal declino sacrificando il suo posto ( fare le riforme significa spesso sfidare l'impopolarità, e pagarne il prezzo. Gli uomini di Stato lo fanno, i politicanti no. Noi abbondiamo di questi ultimi).
Anche in Spagna sembra che grazie alle stesse riforme, con una riduzione del costo del lavoro (da quelle parti sono stati ridotte, tra l'altro, le tredicesime e gli stipendi pubblici, oltre a ridurre gli effettivi...da noi si è pensato di assumere 100.000 precari nelle scuole...) che ha portato ad un incremento della produttività, alla nascita di nuove società, e all'acquisizione di 300.000 posti di lavoro non a tutela reale (quella dell'art. 18...) ma nemmeno disoccupati.
Per fare questo è "bastato "Un governo con le idee chiare sul da farsi, coeso, credibile per quelli che contano in Europa - che hanno dato una mano, aiutando le banche spagnole e concedendo più tempo per l'abbattimento del deficit - e con i Ministri che ai sindacati che portavano la gente a scioperare rispondevano : le leggi le fa il Governo, e il Parlamento, NON la Piazza.
Cosa non darei per sentire un ministro italiano pronunciare queste parole.
Ecco l'articolo di Giuseppe Turani, su Uomini&Business, sul possibile "miracolo" spagnolo e sulla grigia realtà italiana.


Il miracolo spagnolo



L'Economist di qualche giorno fa ha dedicato una copertina al rimbalzo della Spagna e la cosa ha stupito molti. L'articolo parte con un interessante parallelo tra la Germania del 2004 e la Spagna di oggi ed evoca delle possibilità di recupero almeno in parte paragonabili a quelle mostrate dalla Germania in questo decennio. Ad un primo sguardo si potrebbe pensare che il prestigioso settimanale possa aver preso un grosso granchio, ma in realtà l'analisi è approfondita, piena di dettagli e di spiegazioni.
Il primo punto studiato di recente da chiunque abbia analizzato la situazione spagnola riguarda le esportazioni, che non solo sono in costante aumento, sia in assoluto che in percentuale sul PIL, ma nel primo semestre 2013 si sono incrementate del 7 per cento, rispetto ad un incremento del commercio internazionale del 2,5 per cento. In un altro studio sul sistema spagnolo c'è un'affermazione, lapidaria, che sorprende molto: le società spagnole che sono sopravvissute alla crisi sono oggi particolarmente competitive. Viene da pensare all'Italia e a ciò che potrebbe essere fatto per avere anche noi un sistema industriale degno di simili statement, ma per ora cerchiamo di restare sulla situazione della penisola iberica.
Un secondo capitolo di ogni analisi simile riguarda l'occupazione ed il costo del lavoro; da fine 2012 il livello di occupazione in Spagna è in costante aumento e sono stati creati oltre 300.000 nuovi posti di lavoro. Molti di tali posti sono temporanei ed in alcuni casi stagionali, ma è un chiarissimo effetto delle profonde riforme che il governo spagnolo ha non solo fortemente voluto ma anche, alla fine e dopo neanche molta dialettica, ha saputo fare. In ogni caso oggi il costo del lavoro in Spagna è di un terzo inferiore rispetto alla media dell'eurozona.
Una delle cose più evidenti è che gli investitori non sembrano essersi accorti di questi fenomeni negli ultimi anni e un semplice sguardo all'andamento dei CDS negli ultimi 5-6 anni dimostra come solo un paio d'anni fa i mercati considerassero molto meno rischioso l'Egitto della Spagna. Poi si è visto quello che è successo. Tuttora la Spagna sembra essere più rischiosa del Kazakistan. Ha senso? Nel frattempo l'Egitto è diventato – sempre secondo i valori sul mercati dei CDS – tre volte più rischioso della Spagna.
A parte che questi dati dimostrano ancora una volta la superficialità e la variabilità di molte delle analisi effettuate da analisti ed economisti, in effetti sono valori che fanno riflettere, sia in termini relativi che assoluti. Molti sostengono che, con la bolla immobiliare che ha prima sostenuto – e forse drogato – lo sviluppo della Spagna è però assai difficile pensare che si possa tornare ad una normalità di ciclo economico. Ma anche dal "real estate" arriva qualche segnale positivo: le case nuove costruite sono crollate a 40.000 unità, ma la somma tra case nuove costruite e case esistenti vendute sta tornando stabile. E gli esperti del settore dicono che gruppi come Blackstone, Goldman Sachs, Axa e simili hanno già avviato acquisti massicci di proprietà immobiliari in Spagna, tanto da aver già fatto interrompere il crollo dei prezzi cui si assisteva da anni. Il dato però più sconvolgente è quello dell'incremento della produttività. Dal 2008 ad oggi è aumentata del 12 per cento ed ora la Spagna è diventata più produttiva della media europea.
Chi proietta i dati vede già dei possibili incrementi di consumer confidence nei prossimi mesi, di vendite al dettaglio in ripresa e di ulteriori miglioramenti grazie ad un'espansione del credito che già sembra affacciarsi. Non è un caso infatti che le società di nuova costituzione continuino ad aumentare, costantemente, dal 2009 e che la curva che indica gli acquisti di auto nuove si stia piano piano appiattendo. È una sfilza di dati e di informazioni che fa molto effetto, specie a chi osserva questi fenomeni dall'Italia. Un mese fa su queste pagine abbiamo analizzato i dati dell'Europa periferica e dell'Italia in particolare, ora questo carotaggio consente di far vedere quali mutamenti sono possibili attraverso riforme radicali dell'economia. Con il lavoro in prima fila.

Qui da noi si continua a parlare di Berlusconi e dei suoi guai. Se solo aprissimo gli occhi su quello che accade a pochi chilometri di distanza ci renderemmo conto del fatto che non è impossibile avviare un circuito virtuoso, specie ora che la congiuntura internazionale può aiutare un po' di più. Ma c'è poco da illudersi: tra sindacati con la vista cortissima, una Confindustria sempre timida e paurosa e comunque mai visionaria il giusto, ma soprattutto con una politica che pensa solo e sempre a se stessa e ai problemucci dell'immediato, di tempo per un serio "rimbalzo" ce ne vorrà ancora parecchio. È un peccato, ma è come sempre, colpa nostra.

1 commento:

  1. Ciao, potresti indicarmi il numero esatto dell'economist in cui è contenuta l'analisi? grazie

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