mercoledì 13 novembre 2013

I RENZIANI IMMAGINANO DI GOVERNARE L'ITALIA COL 20% DEI VOTI ??? SMENTIRE E CHIARIRE PLEASE


Che in casa PD seguano con attenzione le vicende del PDL mi sembra del tutto normale, così come lo è il contrario. Sarebbe mai possibile diversamente nella contesa politica ? Quindi mi pare sciocco lamentarsene, da una parte e dall'altra, anche se è comprensibile l'ironia (e un umano fastidio) quando dall'attenzione si passa ai "suggerimenti", che francamente mi sembra troppo. 
Non mi sorprendo quindi alla notizia che esponenti del PD contattino ormai quotidianamente colleghi del PDL per sapere come andrà a finire nel campo del centrodestra. Né che si possano fare supposizioni OPPOSTE sull'esito. E così c'è chi dice che la scissione indebolirà il governo Letta, chi sostiene il contrario, chi, prudentemente, dice "dipende"...riferendosi al numero di "responsabili" o "traditori", a seconda di chi guarda, che abbandonassero la casa madre per assicurare la fiducia all'esecutivo. 
Nell'articolo della brava Maria Teresa Meli, che segue da vicino per il Corriere le cose della "ditta" democratica (ma si può dire ancora ditta, ora che Bersani è caduto in disgrazia ? ), la cosa che invece mi stona è quando leggo : i renziani sanno bene che una legge elettorale che consegni il Pd a percentuali intorno al 20 per cento sarebbe la fine per il loro leader.
Ecco, qui proprio non ci siamo, cosa c'entra la legge elettorale con le percentuali di un leader ??
Temo in realtà si tratti della stessa eco  della difesa spasmodica di Bersani, nella scorsa legislatura, del Porcellum che gli garantiva, col premio elettorale, di avere una maggioranza che sapeva MAI avrebbe conquistato nelle urne. E infatti il calcolo, sia pure per un soffio (lo 0,7% !!) è stato esatto alla Camera, dove con solo il 29% dei voti (con una astensione di oltre il 25%) la coalizione (manco il PD, fermo al 25%) si è presa il 55% dei seggi. Una enormità ! E' andata male al Senato che lì il premio scatta su base regionale ( che per molti, bersaniani ieri e renziani oggi, è l'UNICO vero difetto del Porcellum...bene ricordo loro che fu CIAMPI a introdurre questa variante, che la legge Calderoli originariamente prevedeva il premio nazionale per entrambe le camere, e lo fece su invocazione della SINISTRA ! ) e il PDL ha vinto nelle regioni cruciali (Lombardia, Veneto, ma anche Lazio Campania, Puglia). 
La questione è chiara e i valori in gioco sono due : rappresentatività e governabilità. Il proporzionale puro è la tutela massima (ed eccessiva) del primo, il maggioritario con premio di maggioranza (che nei sistemi uninominali, che sono la culla di quel modello, NON c'è) è l'esaltazione, nel nostro sistema sconsiderata, del secondo.
Va trovato un punto di equilibrio. Perché che un 20% possa rivoltare una Nazione come un calzino (l'espressione cara a Renzi) mi fa pensare e temere che il restante 80% poi prenda il fucile. 
Insomma, ci vuole un consenso VERO per fare le cose importanti (le famose riforme strutturali), e se da soli non se ne ha la forza, bisogna trovare alleanze coese che trovino punti di incontro essenziali - come è avvenuto in Germania, e ultimamente anche in GB dove per la prima volta nessuno dei due maggiori partiti, Tory e Labour, sono riusciti a ottenere una maggioranza assoluta. 
Questa signori è la democrazia, che si basa sul potere del popolo (demos e kratos) . Può non piacere, che certo difetti grandi ne ha, ma in occidente abbiamo deciso che è il male minore.

Io non credo sia  democratico soccorrere l'incapacità dei partiti di raccogliere un adeguato consenso al proprio programma attraverso alchimie elettorali. 
Se poi vogliamo ispirarci ad altri sistemi maggioritari ( io non amo il proporzionale puro, assolutamente. ricordo bene i 45 governi in 45 anni della prima repubblica), quelli di Francia e Inghilterra per dire, non credo  siano perfetti però hanno un pregio : sono lì da decenni e non vengono cambiati a seconda della convenienza di questo o quel partito. Da noi invece,si assiste a questo. Altra considerazione. Se pensiamo che un sistema elettorale straniero sia migliore del nostro, e non è difficile, allora adottiamolo, ma integralmente, non con aggiustamenti a proprio favore (con la scusa di "adattarli alla realtà italiana", che è solo ipocrisia). Se il PD, o il PDL, o Grillo, non raccolgono più del 25% dei voti, è chiaro che da SOLI non possono governare, e dovranno allearsi con qualcun altro. QUESTA E' DEMOCRAZIA. Non si può sacrificare alla governabilità la rappresentatività (né viceversa). Un equilibrio va trovato, e certamente non può essere nel far governare partiti che non arrivano ad una soglia di consenso dignitosa. Ovvio che astrattamente dovrebbe essere la maggioranza del 50%, ma accettiamo pure un compromesso al ribasso, che so, il 40. Ma di meno no.
Un traguardo che era ben alla portata del "primo" Renzi, ma probabilmente NON dell'attuale. Il Sindaco lo teme, e cerca riparo nel porcellino ritoccato (estendere il premio su base nazionale al Senato, lo stesso sogno di Bersani...). Siccome dirlo non si può, che il suino non è animale nobile, ecco l'idea de "il sindaco d'Italia", l'adozione di un sistema, quello dell'elezione comunale, che però, nel momento in cui i partiti perdono voti, perde acqua anch'esso. Che a Roma, con un sindaco eletto da meno di 3 romani su 10, non tira aria buona...
Il meglio è nemico del bene, si dice, e lo accetto, per cui non chiudo la porta all'"aiutino" alla governabilità, al premio a chi vince. Ma che sia comunque non sganciato del tutto da un adeguato voto popolare.
Ecco l'articolo della Meli, di cui sopra accennavo.


"La scissione pidiellina che fa paura ai democratici" 

Non c’è giorno che un dirigente del Pd, un deputato o un senatore, non si avvicini a un collega del Pdl per capire che cosa stia effettivamente accadendo da quelle parti. Sarà o non sarà scissione? Quasi superfluo dire che le risposte sono quanto mai confuse e contribuiscono ad alimentare dubbi e interrogativi nel Partito democratico. Ieri su Europa il direttore Stefano Menichini ha posto la questione con molta chiarezza. A suo giudizio sbaglia chi pensa che i gruppi parlamentari dei fuoriusciti guidati da Alfano renderebbero più solido il governo. Anzi: «Dalla scissione del Pdl gli verrebbe un beneficio avvelenato». Perché in questo modo Berlusconi salverebbe «capra e cavoli». Ossia, potrebbe fare la sua campagna contro il governo delle tasse, senza però andare alle elezioni, perché i transfughi terrebbero su Letta il tempo necessario per logorare il Pd. È una preoccupazione, questa, che nutrono in molti. Paolo Gentiloni non fa mistero di pensarla così. E lo dice da giorni: «Se Berlusconi e Grillo si mettono a fare campagna contro il governo, per il Pd saranno problemi». Il segretario del Partito democratico Guglielmo Epifani ha già avuto modo di spiegare come la pensa: «Noi non accetteremo un bis del governo Monti». Già, perché questo è il rischio: che il Pd porti la croce dell’esecutivo e al momento del voto ne paghi le conseguenze. Più ottimista il renziano Yoram Gutgeld: «Questo governo — osserva — non sta facendo niente. Nemmeno la legge di Stabilità che, diciamoci la verità, al momento non esiste, però Letta è bravissimo a galleggiare. Se ci fosse la scissione potrebbe tirarla per le lunghe meglio, è vero, ma non possiamo dimenticarci che l’otto dicembre verrà eletto il nuovo segretario del Pd: arriverà Renzi e il Partito democratico si farà sentire. Figuriamoci se Matteo gli fa fare la fine che ha fatto con il governo Monti». Le opinioni nel Pd sono molteplici. Passeggiando lungo il Transatlantico di Montecitorio un altro esponente renziano, Angelo Rughetti, chiacchiera con un collega di partito in questi termini: «Tutto dipenderà dai numeri. Se Alfano avrà tanti parlamentari disposti ad andare con lui il governo procederà con maggiore facilità e la scissione diventerà molto più probabile. In caso contrario, non se ne andrà nessuno dal Pdl e allora per il governo vi saranno maggiori problemi». Ufficialmente il sindaco di Firenze continua a ripetere sempre le stesse frasi: «La durata del governo non dipenderà dalla scissione o meno del Pdl ma da quello che farà». E a Letta lui ha fatto sapere per l’ennesima volta che «con me segretario il governo sarà più forte, non più debole, di questo non ti devi preoccupare». Ma in realtà è Matteo Renzi che, forse, dovrebbe preoccuparsi. Almeno stando a sentire quello che ormai Beppe Fioroni dice apertamente in Transatlantico, senza usare troppi giri di parole: «Ma non avete visto che twittando il sindaco di Firenze ha fatto una sparata sulla legge elettorale. Ci credo, ha paura. Perché sa che potrebbe esserci un sistema che renderebbe più facile ad Alfano la scissione, perché lo garantirebbe evitando il bipolarismo secco. E allora il governo andrebbe avanti almeno fino al 2015 e per il povero Renzi sarebbero guai grossi. Del resto, a Letta per primo conviene puntare su questa scissione e sulla nascita di un nuovo soggetto politico». Ma è veramente così come dice Fioroni? Ufficialmente no, però i renziani sanno bene che una legge elettorale che consegni il Pd a percentuali intorno al 20 per cento sarebbe la fine per il loro leader. E la notizia che Enrico Letta, oggi, dovrebbe partecipare con Bersani alla presentazione del libro «Giorni Bugiardi», dei due pasdaran dell’ex segretario, Stefano Di Traglia e Chiara Geloni, non è vista come un buon segnale. Infatti lì la parte del cattivo la fa Renzi: come mai il premier avrebbe deciso di presenziare alla presentazione di quel pamphlet ?

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