Repubblica, con il suo vicedirettore , l'antipaticissimo (per me, ovvio) Massimo Giannini, grida al "Complotto" contro l'Italia e le banche italiane. La vittima specifica stavolta è Generali, il mandante non è ben chiaro (i mercati ? gli speculatori ? l'Europa diventata matrigna anche a Largo Focherini ? ) ma l'esecutore è l'agenzia di rating Standard & Poor's che declassa l'importante istituto di Credito Italiano colpevole di avere fatto troppa incetta di titoli di Stato italiani, e siccome in Europa chi conta pare tornare a preoccuparsi del debito italiano ( in effetti, dopo due anni, e nonostante l'espulsione di Berlusconi, prima dal Governo e ora dal Parlamento, è aumentato, ed era già a livelli di guardia allora ) ecco che il fallimento dello stato italiano porterebbe con sé quello di Generali. Come se, accaduta la prima cosa, ci fregherebbe tanto della seconda (che mi piacerebbe sapere QUALE banca italiana si salverebbe da analoga sorte).
Gli risponde Davide Giacalone, togliendosi qualche sassolino dalle scarpe. Già, perché le cose che scrive oggi Giannini, in modo diverso ( più stile "non toccate i miei amici" ), il bravo opinionista le pubblica da tre anni, e cioè quando iniziò l'offensiva contro l'euro colpendo il fianco debole dei debiti sovrani, non protetti da una Banca Centrale tradizionale. Si scriveva, allora, che la colpa della speculazione era dovuta all'inaffidabilità di Berlusconi, che non avrebbe mai fatto le riforme necessarie per sanare i gravi problemi italiani. Giacalone fu tra i pochissimi a scrivere, fin da allora, che l'Europa stava suicidandosi nel non spezzare le reni a chi con la piccola Grecia faceva le prove generali per una speculazione più ambiziosa, e che l'avremmo tutti pagata molto cara quella scelta "pedagogica". Ebbe ragione. Successivamente, quando in Italia non pareva vero attaccare il governo di allora approfittando della tempesta in avvicinamento (fino a quel momento, l'avanzo primario italiano e la ricchezza del patrimonio privato erano stati considerati garanzie sufficienti nonostante il debito pubblico troppo elevato) , Giacalone era sempre uno dei pochi, tra i neutrali (che ovviamente c'erano i giornali filo governativi, ma quelli non contavano), a spiegare che sì, era vero che l'Italia aveva molte colpe e molti compiti da fare, ma questo c'entrava una sega (impariamoci a parlare toscano va ) con la speculazione in atto, lo spread, che nessuno sapeva cosa fosse e che sarebbe diventato parola usuale come "caffè". Nel 2011 Sarkozy rideva di Berlusconi ma anche di noi. Ha smesso di ridere, lui e con lui la Francia, ma questo consola poco.
Avere la soddisfazione di dire "io l'avevo detto" è poca cosa quando l'aver ignorato allarmi e analisi più lucide, meno partigiane, ha prodotto ulteriori guasti.
Oggi, a inizio inverno 2013, Bruxelles non è contenta di noi, come due anni fa. Dicono che dobbiamo fare di più, per la crescita e per il deficit (ma noi, per tenere sotto controllo il secondo, sappiamo solo tassare, e questo strangola sul nascere ogni possibilità di tornare a crescere ), e che siccome non ci decidiamo a tagliare le spese non ci possiamo sognare di diminuire la tasse (che pure SANNO essere il fattore della recessione).
Dicono queste cose, ci retrocedono in serie B ( nelle classifiche di rating), e quelli che ieri assentivano gravemente con la testa adesso gridano al complotto. Cosa è cambiato ? Indovinate un po'...
Buona Lettura
Il complotto
Esulto, ma con tristezza. Leggo che Repubblica denuncia un “nuovo complotto contro l’Italia”, riferendosi ai più recenti giudizi di Standard & Poor’s. Massimo Giannini, autore dell’articolo (che nella sostanza condivido), non si limita a indicare la poca affidabilità e il conflitto d’interesse in cui si trovano le agenzie di rating, non si ferma a denunciare che l’attacco a Generali è motivato in modo inaccettabile, ma, appunto, parla di complotto. Riflessione utile, la sua. Peccato che qui la si svolga fin dal 2010 e ci sia capitato d’essere irrisi perché accusati di vedere un impossibile complotto. Ora, in effetti, un complotto non lo vidi mai. Non lo vedo neanche adesso, se è per questo. Vedo interessi. Vedo che l’Italia è stato e rimane il bersaglio più utile a mettere in crisi l’euro, consentendo a chi compra titoli del debito sovrano di guadagnare di più. Allora molti furono accecati dalla faziosità, vollero usare le forze che si muovevano contro l’Italia, e contro l’euro, per regolare conti interni (contro Berlusconi e il suo governo). Erano partecipi del complotto? Alcuni, forse, i più furono idioti. Quattro anni di ritardo sono molti, ma meglio che mai.S&P minaccia di declassare l’affidabilità di Generali perché ha comprato troppi titoli del debito italiano, e siccome l’Italia è sempre esposta al rischio di fallire, ne consegue che Generali fallirebbe a ruota. La tesi è radicalmente sbagliata, perché l’Italia non corre il rischio di fallire, ha sempre onorato i propri debiti e, in questi anni di crisi, li ha fatti crescere infinitamente meno di quello francesi o tedeschi (non parliamo di quelli inglesi o americani), inoltre siamo in costante avanzo primario da dieci anni. Rischio zero, quindi? No, il rischio c’è, ma viene dall’euro, dall’ipotesi che riparta la speculazione per scardinarlo, mettendo il piede di porco sotto i debiti sovrani più esposti. Fra quelli il nostro. S&P, insomma, non è una osservatore freddo, ma la fucina di quel tipo di rischio.
Scrive Giannini: se il pericolo si concretizzasse non salterebbero Generali, ma “salterebbe l’intero Paese e l’intera Eurozona. Lo capirebbe anche un bambino”. Sottoscrivo. Peccato che, da quattro anni, ai bambini hanno messo il bavaglio e a concionare siano stati vecchi rintronati.
Quale fu, secondo Repubblica, il complotto precedente? Quello del gennaio 2012, quando il debito italiano fu declassato a livello BBB. Ripeto: non mi piace l’idea del “complotto”, perché confonde le acque e fa pensare a manovre segrete. In realtà tutto è avvenuto alla luce del sole. Anzi, davanti alle telecamere. Ricordate il vertice di Deauville, dell’ottobre 2010? Lì ci fu la chiamata delle banche e dei privati a compartecipare del rischio default sovrano. Un anno dopo arrivarono le risate di Sarkozy. No, non fu un complotto, fu un modo per mettere in ginocchio l’Italia, assicurare un vantaggio ai concorrenti tedeschi e al loro accesso al credito, e coprire le voragini delle banche francesi. Non bastò per far restare l’allegrone all’Eliseo, ma non si può avere tutto.
Questo vuol dire che non c’erano colpe, ritardi, incapacità da mettere sul conto del governo italiano? Ci furono, eccome. Ma sarebbe come rispondere all’allarme di Giannini sostenendo che S&P, quindi i mitici “mercati”, hanno ragione a diffidare di Generali, visto che sul gruppo pende un’inchiesta giudiziaria pesante, gli ispettori di Consob e Ivass non ci vedono chiaro e, del resto, gli azionisti hanno appena finito di prendersi a sciabolate e cambiare i vertici. Sarebbe una risposta ove c’è del vero, ma complessivamente falsa. Ecco, vale lo stesso per quel che è accaduto dal 2010 in poi.
Non serve a nulla ricordare che “lo avevo detto”. Cerchiamo di ricordarci di dirlo più spesso e di dirlo sempre, anche se risultassero antipatici o antitetici i gruppi dirigenti che finiscono nel mirino dei cannoni speculativi. In fondo è questo quel che distingue una Paese sano e forte da un’accolita di sciocchi profittatori: il primo sa distinguere gli interessi collettivi e nazionali da quelli (legittimi) di ciascuno.
I Nostri Politici sono come le Tarme e le Termiti, dentro la casa Italia-
RispondiEliminaNon esiste cerotto che la possa tenere ancora in piedi.!!!