lunedì 2 dicembre 2013

MA NON VI E' PIACIUTO DA PICCOLI LA CARICA DEI 101 ? A ME Sì. E ANCHE DA GRANDE...


Mi ha sempre suscitato forte perplessità la drammaturgia dei democrats intorno al tradimento dei 101, coloro che non votarono Prodi come presidente della Repubblica. Personalmente, non avendo alcuna simpatia per l'ex presidente democristiano dell'IRI, diventato improvvisamente un'icona della sinistra, ho sempre avuto gratitudine per loro, e se, come tutti dicono, il capo della congiura fu D'Alema, semmai questo è un motivo in più per ritenere l'unico presidente del consiglio comunista d'Italia, uomo di rara intelligenza politica.
Ma queste sono considerazioni soggettive. Altre invece sono più obiettive, e sono quelle che potete leggere nella riflessione che Pierluigi Battista dedica, nella sua rubrica settimanale, all'episodio, rivangato da Pippo Civati che, in cambio dell'elezione a segretario, promette di trovare i 101 reprobi. A parte la considerazione che questo rischio non c'è, che il portavoce degli ortotteri gauchiste nel PD non vincerà, ma Civati ci spiega perché quelli sono traditori e invece coraggiosi ribelli quelli che il giorno prima avevano affossato il nome di Marini ? L'assemblea del partito non aveva deciso, a maggioranza, di eleggere uno dei cofondatori del PD ? Era uno della Prima Repubblica? E prodi fischiava da questo punto di vista ? 
Bersani, pur confuso dallo shock successivo alla tranvata elettorale di febbraio, questa cosa l'ha sempre detta : la disgregazione del PD era GIA' stata consumata con Marini, per essere poi conclamata con l'ennesima coltellata a Prodi (che già ne aveva sperimentate, nel 1998 e nel 2008).
E queste considerazioni sono elementari, e solo Civati fa finta di non arrivarci.
Battista ne aggiunge altre, meno evidenti alla sensibilità partigiana ma non per questo meno sacrosante.
Il PD e Sel, con tutta la droga del Porcellum, e il regalo di 200 deputati con lo 0,4%, scarso, in più dei voti,  non arrivavano da soli all'elezione di Prodi. Avevano bisogno del "tradimento" altrui, di almeno 8 grandi elettori che, parimenti ai magnifici 101, violassero l'indicazione del proprio partito. Ma in quel caso i "giuda" non si chiamano traditori, bensì "responsabili", lo abbiamo capito bene. 
Grande Direttore


"Pippo Civati, Prodi e la carica sui 101" 
 
La promessa di Pippo Civati di voler scovare i 101 del Pd che ad aprile hanno tradito Romano Prodi con il voto segreto conferma la leggenda di una grande ingiustizia e di un vulnus che quel giorno avrebbe deturpato l’immagine del Pd. Ci sono però tantissime ragioni, che ovviamente prescindono dalla indiscussa stima per la persona di Prodi, in grado di spiegare che la sua elezione al Quirinale non sarebbe stata necessariamente una festa della democrazia.
Prima ragione: anche ammesso che i 101 fedifraghi avessero compattamente scritto il nome di Prodi sulla scheda, i voti raggiunti sarebbero stati 496 (Pd più Sel), nove di meno dei 504 necessari all’elezione. Questo vuol dire che Prodi sarebbe stato eletto solo e soltanto grazie al «tradimento» di almeno otto grandi elettori. I «tradimenti» buoni sono solo quelli degli altri? Forse che Civati avrebbe considerato una giornata luminosa della democrazia quella che, a parti rovesciate, viene invece ricordata come una pagina buia? Seconda ragione: la premessa dell’affaire Prodi è stata la brutale e fratricida defenestrazione di un autorevole esponente del Pd, affondato con un’aggressività e un’acrimonia davvero inusitate all’interno di uno stesso partito. Siamo sicuri che l’antefatto del «tradimento» non sia stato questo violento strappo? Terza ragione: cercare «larghe intese» per il Quirinale non è un «inciucio», come vuole la vulgata dettata dal fanatismo che pervade il nostro discorso pubblico, ma è richiesto dalla stessa natura del Capo dello Stato come garante dell’unità nazionale e custode della Costituzione. Carlo Azeglio Ciampi fu eletto da una vasta maggioranza che non si identificava con quella di governo. E fu un bene. Bersani aveva proposto agli avversari del Pdl una rosa di nomi: non era un cedimento, ma l’attuazione di un elementare principio sancito dalla nostra Costituzione. La prima grande ingiustizia è stata l’impallinamento di Marini e la conseguente disgregazione del Pd.
Quarta ragione. Pd e Sel hanno ricevuto il voto di appena il 30 per cento degli elettori e solo in virtù del vituperato Porcellum la loro rappresentanza parlamentare si è gonfiata a dismisura. Che diritto avevano di imporre con un atto di forza il presidente della Repubblica due partiti così «minoritari»? Quinta ragione. Prodi era un candidato di «rottura». La sua elezione avrebbe provocato tensioni politiche fortissime. Con un sovrumano sforzo di immaginazione Civati dovrebbe intuire cosa avrebbe provocato nel suo mondo, a parti invertite e con solo uno 0,4 di differenza nelle urne, l’eventuale proposta di Berlusconi capo dello Stato. Ecco, per la destra Prodi viene vissuto nello stesso modo: è un delitto politico? Sesta ragione: il nome di Prodi non è stato votato, ma solo «acclamato»: siamo sicuri che l’acclamazione sbrigativa sia una forma di suprema decisione democratica? Il voto segreto per eleggere il capo dello Stato sì, lo è, e per questo fu scelto dai Padri Costituenti. Ben più di 101.


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