lunedì 2 dicembre 2013

QUANDO I GIOVANI E I DIPENDENTI PUBBLICI SI SCOPRONO EVASORI

 
5.000 dipendenti pubblici accusati di frode fiscale e reati di contorno (eppure dovrebbero essere quelli bravi, che pagano le tasse fino all'ultimo centesimo, se non altro perché glieli tolgono direttamente dalla busta paga), 3 miliardi il danno calcolato all'Erario.
Spostandoci di generazione, scopriamo che anche i giovani frodano il fisco, all'Università, dove per pagare meno tasse presentano autocertificazioni da fame, che poi, ai controlli, risultano false.
Certo, lì c'è la complicità, anzi l'istigazione dei genitori (che alla fine sono loro che dovrebbero pagarle, quelle tasse), ovvio, ma non è che i ragazzotti (che per cinque anni di superiori non hanno saltato UNA occupazione prenatalizia, né uno sciopero contro il governo e il ministro di turno,  accanto ai loro  professori ) in questi casi si sono "Indignadi".
Aldo Grasso prende il caso eclatante della scema che se ne va a scuola in Ferrari di papà dopo aver dichiarato che lei ha diritto alle riduzioni fiscali, ma il problema è più diffuso.
Gli accertamenti pare che scattino proprio a seguito delle autocertificazioni, e francamente approvo questo sistema. Io non sono un demonizzatore dell'evasione, semmai demonizzo lo Stato vampiro. E sono assolutamente d'accordo con Ricolfi, Giacalone, Ostellino e altri lodevoli personaggi che scrivono e spiegano come una pressione fiscale allucinata e allucinante genera inevitabilmente l'evasione, anche in molti casi per "sopravvivenza" (addirittura Fassina   scomodò questo termine !).
Però so anche molto bene come ci siano troppi furbi che NON solo fanno dichiarazioni infedeli ( a volte proprio non dichiarano) ma che sfruttano le stesse per passare avanti e fruire di agevolazioni spettanti alle fasce più deboli. E questa è veramente gente ladra.
Insomma non si può sostenere che c'è troppo Stato, troppi servizi gratuiti, troppe spese e poi BARI per fruirne !!
Sono arciconvinto che la stragrande maggioranza dei miei amici del Tea Party, lodevolmente impegnati nella lotta contro lo sceriffo di Nottingham, non facciano furberie di questo genere (che di questo sto parlando, che se vanno in un ospedale pubblico, ne hanno ben diritto visto che le tasse anche loro le pagano, mica perché le combattono sono esentati!). 
Parlo di gente, e ce n'è tanta, troppa, che usa i movimenti liberali e antitasse come fossero "utili idioti", ma che non è affatto mossa dagli intenti riformatori dello Stato di quelli, quanto dal mero opportunismo.
Bene, approvo che il Fisco, di fronte ad una certificazione di esenzione o detrazione di questo tipo (posti in asili nido, mense, tasse scolastiche e universitarie...) verifichi, approfondisca il profilo del richiedente, accerti che ne abbia veramente diritto. E se poi scopre  non solo QUEL falso, ma anche altri, bè peggio per il furbetto del quartiere.
Se la voce si sparge, conosco personalmente un po' di persone che certe domande di esenzione o riduzione cesserebbero di farle...
Tornando alla questione dei giovani "etici" solo quando si chiacchiera ma che al dunque rubano il posto ai loro coetanei, vale il discorso di sempre.
"Perché un cane si lecca le palle ? Perché lo può fare" (Presunto Innocente, di Scott Turow).
E' desolante, ma spesso è così.

"Quell’universitaria in Ferrari figlia di 13 inutili anni di scuola" 

La studentessa con la Ferrari. Vive in una villa con piscina (neanche accatastata) e quando vuole ha a disposizione la Ferrari di papà per scorrazzare nella Capitale. Studia all’Università di Roma Tre, verosimilmente indossa abiti firmati, sogna un futuro ancora più roseo. Si chiama Sarah, o forse Flaminia, o forse Martina, il nome non importa quando si assurge a simbolo. Come si dice a Roma, simbolo de che? Di malcostume. Per beneficiare di una riduzione sulle tasse universitarie aveva dichiarato un reddito Isee (Indicatore Situazione Economica Equivalente, una mostruosità demagogica introdotta dall’Ulivo nel 1998) di appena 18.801 euro. Una sua collega di Tor Vergata aveva certificato poco più di 14.000 euro, dimenticando di denunciare un conto in banca di 600.000 euro. Un’altra aveva «nascosto» 70.000 euro. Sono solo tre dei 340 casi di irregolarità scoperti nel 2013 dalla Guardia di finanza sui 546 controlli effettuati sulle autocertificazioni degli studenti iscritti ai tre atenei capitolini.
Con l’autocertificazione — un atto di responsabilità sociale in un contesto dove però tutto è dovuto —, questi bari godevano senza averne diritto di privilegi come alloggi, esenzione dalle tasse, agevolazioni su trasporti e ristorazione. Risparmiavano 1.700 euro di retta universitaria e potevano concorrere per una borsa di studio da 26.000 euro.
La studentessa con la Ferrari è la storia di ragazzi e ragazze che hanno imbrogliato, sottraendo indebitamente alcune agevolazioni a colleghi onesti, bisognosi e magari più preparati di loro. Hanno leso il principio fondamentale del diritto allo studio, della meritocrazia. Ma è anche una storia di una grande sconfitta.
La scuola serve a qualcosa? Per arrivare all’Università c’è un percorso pedagogico di tredici anni. Hanno senso tanti anni di insegnamento se, arrivati al livello più alto degli studi, questi studenti sono pronti a truffare?
Si dirà: non bisogna generalizzare, e poi la colpa principale è delle famiglie, è di uno Stato populista. Vero, ma questo significa che di educazione civica la scuola ne fornisce poca, se i figli non sanno rendersi indipendenti e ribellarsi ai padri su quel minimo di eticità su cui si fonda la convivenza civica. Meglio ingannarsi che ingannare.

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