Renzi è ruvido, forse troppo, e francamente personalizzare sempre nelle discussioni politiche non so quanto sia giusto. Anche perché la coerenza, che ieri il segretario ha voluto ricordare al suo (ex) presidente ( "Tu difendi le preferenze, ma alle elezioni hai preferito il listino bloccato..." ) , è dote difficile da trovare in quel mestiere, anzi direi impossibile, e Renzino non è poi tanto diverso (siamo in molti a notare grandi differenze tra i discorsi delle prime Leopolda, e quelli più recenti).
Sia come non sia, ecco che Cuperlo si è dimesso e ha fatto bene, visto che obiettivamente come conciliare il ruolo di Presidente con quello di leader (uno dei..che la corrente non so quanto sia grande, ma di aspiranti capi ne ha molti ) della sinistra di opposizione ?
In nemmeno un mese Renzi ha fatto dimettere dunque prima FAssina ("Chi ? ") e ora Cuperlo, provando magari anche con Letta, a cui ha ricordato nove mesi di fallimenti.
Non male per un esordiente !
Ecco la notizia e le prime reazioni alle dimissioni di Cuperlo, come riportata da La Stampa.it
Pd, Cuperlo si dimette e accusa Renzi
“Allarmato da tua concezione di partito”
Lascia la carica di presidente: «La mia decisione per poter essere libero.
Da Matteo attacchi personali». Ora è scontro aperto sulla legge elettorale
Da Matteo attacchi personali». Ora è scontro aperto sulla legge elettorale
ANSA
Gianni Cuperlo ha perso contro Renzi le primarie del Partito democratico
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Gianni Cuperlo si è dimesso da presidente del Pd. È
terremoto in casa democratica il giorno dopo la Direzione che ha visto
Renzi piegare la minoranza sulla proposta di legge elettorale. Durante
la riunione della minoranza alla Camera Cuperlo ha annunciato la sua
decisione di persona leggendo la lettera che ha inviato al segretario
Matteo Renzi per motivare la sua decisione.
«Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero. Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere», è il passaggio centrale del lungo messaggio a Matteo Renzi. «Ancora ieri, e non per la prima volta, tu hai risposto a delle obiezioni politiche e di merito con un attacco di tipo personale», è l’accusa di Cuperlo.
«Tra i moltissimi difetti che mi riconosco - prosegue Cuperlo - non credo di avere mai sofferto dell’ansia di una collocazione. Ieri sera, a fine dei nostri lavori, esponenti della tua maggioranza hanno chiesto le mie dimissioni da presidente per il “livore” che avrei manifestato nel corso del mio intervento», scrive citando la dichiarazione di ieri della senatrice renziana Rosa Di Giorgi. «Leggo da un dizionario on line che la definizione del termine corrisponde più o meno a “sentimento di invidia e rancore”. Ecco, caro segretario, non è così - scandisce Cuperlo -. Non nutro alcun sentimento di invidia e tanto meno di rancore. Non ne avrei ragione dal momento che la politica, quando vissuta con passione, ti insegna a misurarti con la forza dei processi. E io questo realismo lo considero un segno della maturità».
Il giorno dopo la Direzione del Pd è dunque scontro aperto sulla legge elettorale. Cuperlo non aveva nascosto il malcontento per una «proposta non convincente, che non garantisce né agli elettori il diritto di scegliere i loro rappresentanti, nè una sicura governabilità». Parole di fuoco anche contro «la rilegittimazione politica di Berlusconi» che ha prodotto «lo smarrimento dei nostri elettori», contro il metodo del prendere o lasciare, perché «se è così è inutile riconvocare la Direzione tra quindici giorni sul job act, non funziona così un partito». Alla fine della Direzione, poi, il gesto eclatante di Cuperlo, che si è alzato infuriato lasciando il suo posto.
«Mi dimetto perché sono colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno che non può piegare verso l’omologazione, di linguaggio e pensiero. Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere», è il passaggio centrale del lungo messaggio a Matteo Renzi. «Ancora ieri, e non per la prima volta, tu hai risposto a delle obiezioni politiche e di merito con un attacco di tipo personale», è l’accusa di Cuperlo.
«Tra i moltissimi difetti che mi riconosco - prosegue Cuperlo - non credo di avere mai sofferto dell’ansia di una collocazione. Ieri sera, a fine dei nostri lavori, esponenti della tua maggioranza hanno chiesto le mie dimissioni da presidente per il “livore” che avrei manifestato nel corso del mio intervento», scrive citando la dichiarazione di ieri della senatrice renziana Rosa Di Giorgi. «Leggo da un dizionario on line che la definizione del termine corrisponde più o meno a “sentimento di invidia e rancore”. Ecco, caro segretario, non è così - scandisce Cuperlo -. Non nutro alcun sentimento di invidia e tanto meno di rancore. Non ne avrei ragione dal momento che la politica, quando vissuta con passione, ti insegna a misurarti con la forza dei processi. E io questo realismo lo considero un segno della maturità».
Il giorno dopo la Direzione del Pd è dunque scontro aperto sulla legge elettorale. Cuperlo non aveva nascosto il malcontento per una «proposta non convincente, che non garantisce né agli elettori il diritto di scegliere i loro rappresentanti, nè una sicura governabilità». Parole di fuoco anche contro «la rilegittimazione politica di Berlusconi» che ha prodotto «lo smarrimento dei nostri elettori», contro il metodo del prendere o lasciare, perché «se è così è inutile riconvocare la Direzione tra quindici giorni sul job act, non funziona così un partito». Alla fine della Direzione, poi, il gesto eclatante di Cuperlo, che si è alzato infuriato lasciando il suo posto.
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