sabato 18 gennaio 2014

LA QUESTIONE MORALE VISTA DA DUE CAMPIONI DIVERSI : CALDAROLA E OSTELLINO



La vicenda De Girolamo mi annoia alquanto ma a quanto pare è un effetto diffuso che in Parlamento c'erano una settantina di deputati (su oltre 600) ad ascoltarla, e gli sbadigli si sono sprecati. Però partendo dal particolare si possono fare alcune riflessioni generali interessanti. E' quanto fanno Caldarola e Ostellino, in modi e su piani diversi ma con un concetto comune: la questione morale è troppo spesso occasione di ipocrisia e doppi pesismi. E allora si può pensarla come Ostellino, che ha un approccio pragmatico di stile liberale anglo sassone, oppure essere più possibilisti sul tema, ricordando però come, se s'intraprende quella difficile strada, poi la pretesa deve essere alta nei confronti di tutti, e sapendo i rischi che si corrono mettendosi nelle mani delle procure politicamente attive, come bene fa Caldarola.
I post meritano di essere letti entrambi.


"Quando i quarantenni inciampano sulla questione morale"
 
 
Bisognerà che i quarantenni che fanno politica ai più alti livelli trovino una quadra sul problema della nuova “questione morale”. Noi quarantenni d’antan fummo travolti da Mani Pulite, chi entusiasmandosene chi diffidando chi osteggiando. In ogni caso assistemmo a una vera e propria decapitazione della classe dirigente che sciolse almeno due partiti, tenne in ansia un altro (lo ricorda bene Occhetto nel suo recente libro) e alla fine provocò un cataclisma politico che non ha portato a una più moderna democrazia. Insomma oggi noi quarantenni di allora saremmo, superate le nostre divisioni di quegli anni, sicuramente più garantisti e più attenti di fronte alle iniziative dei magistrati. Vorremmo, insomma, vedere più prove e meno linciaggi mediatici e carcerazioni preventive. Ovviamente parlo di quelli che ragionano. Poi ci sono quelli che del giustizialismo hanno fatto un mestiere o una missione con cui non vale la pena discutere.
I quarantenni di oggi si trovano quotidianamente ad affrontare casi spinosi e diversamente gravi, dalla Cancellieri ad Alfano alla De Girolamo a Faraone. La Cancellieri era amica di un imprenditore poi arrestato a cui si è affrettata a dare solidarietà e a promettere “aiutini”. Alfano ha fatto un vero pasticcio nel caso Shalabayeva. De Girolamo si è fatta intercettare mentre diceva e programmava cosacce politiche e poi si è portata alla prima scena con messaggini abbastanza indecenti. Faraone, nuovo membro della segreteria Pd, si è fatto beccare per una cifra, neppure tanto cospicua, tremila euro, di spese pazze alla regione siciliana. Fermiamoci su questi due ultimi casi.
Non so se De Girolamo se ne deve andare o no, non so qual è il profilo penale della sua situazione. Mi interessa poco, questa vicenda Mi chiedo perché è ministra. Me lo chiedo anche per ministri uomini, ma oggi tocca parlare di lei. La ministra e il suo ineffabile compagno, il piddino Francesco Boccia, sono stati bravissimi a stare sulle cronache per la prima storia d’amore bipartisan della seconda repubblica morente. Spero che duri ancora e a lungo. Tutti e due comunque non avevano un gran pedigree. La De Girolamo era una delle amazzoni di Berlusconi, molto impetuosa in tv , ma non aveva mai mostrato un particolare talento su alcuna cosa. Lui Boccia era diventato noto, ed è stata la sua fortuna, per aver perso clamorosamente due volte contro Vendola e per una serie di dichiarazioni esilaranti. Due bravi ragazzi, per carità, ma nulla di più. Letta perché ha aiutato e costruito la carriera del marito e favorito il lancio di quella della moglie? Non era meglio consultare un bel curriculum (senza farsi consigliare dal sindaco di Roma, Marino, che in quanto a nomine non ne sta azzeccando una, una vera impresa, statisticamente).
Il caso Faraone è più delicato per il sindaco-segretario. Faraone è un suo amico. La cifra imputatagli è, l’ho già scritto, poca cosa, ma è quasi il doppio di una buona paga operaia, tuttavia la regola della trasparenza e delle mani pulitissime deve valere per tutti, anche in casa propria.
Tutto questo per chiedere ai quarantenni che fanno i fenomeni di trovare una regola: possono sostenere che la giustizia deve fare il suo corso, come la sinistra ha sostenuto ipocritamente in questi anni, possono azzerare le cariche ad ogni rumore di procura, possono fare tutto. Non possono far finta di niente o peggio giudicare caso per caso a seconda delle simpatie.





"I falsi moralismi su politica e nomine"
 
A quanto ne ho capito, almeno da ciò che ne hanno detto giornali e telegiornali, il «caso De Girolamo» — il supposto, e illegittimo, uso che, secondo certe registrazioni, la signora avrebbe fatto della propria funzione di parlamentare — più che un’occasione di (lodevole) «trasparenza», come lo si è fatto apparire, a me è parso l’ennesimo (e ridicolo) episodio di generale carenza del principio di realtà. Siamo un Paese che considera scandalosa la «realtà effettuale», in nome della «realtà come vorrebbe che fosse». Se fossimo un Paese serio, il mondo della politica e il sistema informativo, nella circostanza, avrebbero dovuto dire che: o si riforma la funzione pubblica, in modo da separarne, e tenerne lontani, i partiti — Marco Minghetti, già nell’Italia liberale e prefascista, esortava a tenere «fuori i partiti dalla istituzioni» — o si prende atto, realisticamente, che la scelta, per non parlare della raccomandazione, nella nomina, da parte di chi ne ha il potere politico, dei responsabili degli enti pubblici è ciò che in altri Paesi si chiama «divisione delle spoglie». In caso contrario, tertium non datur, Parlamento e media continueranno ad andare a caccia di farfalle. Siamo ancora sul terreno dello scandalismo finalizzato a vantaggio di una parte; che, peraltro, una volta al potere, si comporterà allo stesso modo, senza alcun vantaggio, né politico, né morale, per i cittadini. Ad essere scandalosa non è la nomina, per ragioni politiche, del responsabile di un ente pubblico; a esserlo è l’assenza del principio di realtà, che trasforma tale nomina in uno scandalo. Da che mondo è mondo, le raccomandazioni e persino certe scelte, politiche e no, non sono mai state un reato, bensì il terreno sul quale, chi lo poteva, esercitava la propria influenza. Lo scandalo e il reato — come dicono gli inglesi — scattano quando di mezzo ci sono i soldi. Scattano anche quando il nominato favorisce solo la propria parte, danneggiando tutti gli altri. Non è casuale che, nella divisione dei poteri negli Usa, il potere giudiziario sia legittimato ad intervenire unicamente quando ci sono un conflitto e una parte lesa; e che, nei casi che riguardano la politica, ne siano legittimati solo i Rappresentanti della sovranità popolare, Congresso e Governo. Poiché la madre dei cretini è sempre incinta, e mi aspetto l’accusa di aver difeso il ministro De Girolamo e la sua parte politica, cui guarderei con simpatia, dico subito che non conosco la signora, e preciso, ancora una volta, di non nutrire simpatie di parte, se non per i principi liberali dei quali, peraltro, credo di essere rimasto il solo a parlare. Sostenere un principio morale, politico, giuridico, non equivale ad appoggiare una certa parte politica neppure quando essa se ne faccia portavoce. Vuol dire solo — per quel che mi compete — fare il mio mestiere; che è, poi, quello di spiegare come vedo, e credo stiano, le cose, evitando di fermarmi alle loro apparenze, o a quelle che favoriscono una parte politica. Non mi piace il moralismo a buon mercato. È chiedere troppo sperare che anche ad altri non piaccia; e lo dica ?

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