Renzi si lamenta che da più parti gli si contesta l'intenzione di voler far fuori Letta per prenderne il posto. Il fatto che questa osservazione venga fatta praticamente da TUTTI i media, da Repubblica al Corriere a La Stampa , senza alcuna distonia dei quotidiani "piccoli" e più dichiaratamente partigiani (oddio, mi viene difficile non annoverare Repubblica tra i giornali militanti, perché lo è, per sua stessa, chiara ammissione), non lo induce a dubitare della sua "narrazione". Lui vuole che Letta governi, solo che vuole che lo faccia BENE, e siccome non sta accadendo, lui lo incalza perché la rotta si aggiusti...
Peccato che però nessuno veda questo lato "cotruttivo" della critica...
Peraltro, criticare l'esecutivo è il classico sparare sulla croce rossa, che le traversie di quest'ultimo sono iniziate dall'atto della nascita : intanto le larghe intese che il popolo del PD tanto mal digeriva..., poi mesi e mesi sul filo della questione della condanna di Berlusconi e la sua decadenza, poi, salvato dal nucleo di Alfano e gli altri "responsabili" del NCD, l'arrivo di Renzi che rispolvera il partito di "lotta e di governo" che non si sentiva dalla fine degli anni 70.
Sono tappe che ricorda Giovanni Orsina nel suo editoriale su La Stampa di oggi ed è innegabile che la successione storica dei fatti sia stata questa. E' altrettanto vero che il guazzabuglio che si è visto sull'IMU e sull'IVA, tanto per fare solo due esempi delle cose non fatte o fatte male dal governo Letta, senza parlare delle figuracce sul decreto salva Roma ( ripudiato su monito del Colle), sul blocco degli scatti ai professori, per non parlare del silenziato furto della rivalutazione di Bankitalia, con futuro regalo alle grandi banche a spese dei contribuenti, non depongono certo a favore del Premier attuale e i suoi ministri.
Certo, ci sono i conti da far tornare, l'Europa da tenere buona, tappare le falle di una nave che deve sì cambiare rotta, ma deve anche essere tenuta a galla ogni giorno. Letta fa capire che lui di questo si è occupato in questi nove mesi, mentre gli altri volano "alto".
Sia come non sia, in tanti chiedono a Renzino di scoprire le sue carte, e far vedere quali sono le sue intenzioni reali, che questa demolizione quotidiana con chiosa finale "ma io voglio che Letta governi" francamente è qualcosa che non fa male solo a Letta (che chissene), ma anche ad un Paese che poi si deve arrabattare coi casini quotidiani.
Orsina auspica che la questione della legge elettorale, forse giunta al suo epilogo, costringerà Renzi, e anche gli altri giocatori, a calare le carte senza più bluff.
Se partorirà l'intesa con Berlusconi, e farà un sistema inviso agli alleati di governo, Alfano e i centristi (dire Monti ormai sarebbe falso, che Scelta Civica si è divisa, e nei sondaggi non arriva al 2% !! bella figura Senatore a vita ! ) , sarà chiara la sua intenzione di un voto immediato, comunque nel 2014.
Se viceversa poi si acconcerà per il doppio turno che lascerebbe ai partiti minori potere contrattuale in sede di ballottaggio (se non già a livello di coalizione al primo turno), allora vorrà dire che pur di incassare il risultato della riforma elettorale, Renzino è disposto a lasciare in vita Letta fino al 2015.
Quello che Orsina, e non solo lui, auspica, è che questa manfrina o tiritera (come l'aveva definita il saggio Ricolfi) finisca.
Voto o non voto, Renzi scopra le carte
È più di un mese che Renzi insiste di non voler in alcun modo andare alle urne, ripetendo che il suo unico interesse è che il governo faccia presto e bene. «Una cosa non riusciamo a capire – ha scritto tre giorni fa rispondendo a Luca Ricolfi sulla Stampa – come si possa ancora insistere con la tiritera: vuole solo logorare Letta».
Chi insiste con quella tiritera, però, non fa altro che constatare l’evidenza: mentre a parole giura eterna fedeltà al governo sol che faccia le cose, nei fatti Renzi continua da più di un mese a indebolirlo in ogni modo. Sulla base di una retorica decisionista, fattiva, centrata sugli interessi del Paese e ostile al «teatrino della politica». Ma riproducendo nella sostanza uno dei riti più antichi e più spesso officiati della Repubblica dei partiti: il rito del conflitto fra segretario del partito di maggioranza da un lato, presidente del consiglio (dello stesso partito) e alleati minori della coalizione dall’altro.
Per il criceto-Italia è una gran fortuna che questa vicenda stia infine giungendo a conclusione. Nei prossimi giorni, forse già nelle prossime ore, il Partito democratico prenderà posizione sulla riforma elettorale. E lì si vedrà chiaramente Renzi dove vuole andare a parare: se punta al sistema spagnolo in accordo con Berlusconi vuol dire che intende aprire la crisi di governo e avere le elezioni il prima possibile; se opta per il doppio turno di coalizione significa che vuole far vivere gabinetto e legislatura. Avendo lui stesso messo i due modelli sul tavolo, e avendoli dichiarati entrambi accettabili, non potrà giustificare la scelta in base a motivazioni tecniche, e dovrà assumersene la piena responsabilità politica.
In una logica di breve periodo, a Renzi potrebbe convenire battere la prima strada: andare al voto non appena possibile, con un sistema che sia il più maggioritario possibile, facendo di tutto per tenere politicamente in vita Berlusconi e scontrarsi direttamente con lui. Nel dualismo col Cavaliere Renzi avrebbe molto da guadagnare. Protagonismo e visibilità per entrambi – ma Renzi è molto più giovane e fresco, e Berlusconi è impossibilitato a partecipare in prima persona. I partiti di centro schiacciati, e i loro elettori sollecitati a defluire a sinistra o a destra – ma destinati in maggioranza ad andare a sinistra, perché ormai allergici al Cavaliere. Si dice spesso che Berlusconi avrebbe l’obiettivo di cancellare il nuovo centrodestra di Alfano. Se davvero è così, dev’essere per ragioni che hanno a che fare con gli umori personali e non con la razionalità politica: a Berlusconi serve che Alfano ci sia, sia abbastanza forte (non troppo), e sia autonomo ma alleato. A Renzi invece no: a Renzi farebbe gran comodo stritolare il nuovo centrodestra, andare allo scontro diretto con una Forza Italia che sia spostata più a destra possibile, e così facendo fare il pieno di voti centristi.
Le elezioni subito convengono al sindaco di Firenze, si diceva, in una logica di breve periodo. In una di lungo periodo gli converrebbero invece le riforme istituzionali: si illude chi pensa che basti cambiare il sistema elettorale per dare stabilità e forza a un eventuale futuro governo, ammesso pure che il Pd dovesse vincere bene le prossime elezioni. Il che, per altro, è tutto da dimostrare.
Quanto al Paese: al Paese conviene soprattutto che il criceto esca quanto prima dalla ruota. Renzi vuole che si voti subito? Lo dica chiaramente: non è certo impossibile sostenere che sia la scelta migliore anche per l’Italia. Ritiene invece che il governo debba vivere e fare, come continua a dire? Bene, ma allora si comporti di conseguenza. Ad esempio impegnando le sue donne e i suoi uomini nel gabinetto. Il «rimpasto» in questo caso non sarebbe affatto un rituale «da prima Repubblica»: al contrario, sarebbe l’antidoto principale al gioco – quello sì «da prima Repubblica», come s’è detto, e perniciosissimo – del segretario del partito di maggioranza che spara di continuo sul governo.
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