sabato 4 gennaio 2014

PROBABILE RINVIO A GIUDIZIO DI PAROLISI E ALTRI COLLEGHI ISTRUTTORI ACCUSATI DI MOLESTIE ALLE RECLUTE DONNA. I MARINES IN ITALIA NON SAREBBERO DURATI.

Ufficiale e gentiluomo.png

Chi non ha visto un film con i metodi sadici di addestramento di un sergente dei  Marines ?
L'articolo di sotto riportato cita quello di Full Metall Jakett, l'istruttore Hartmann che tutti abbiamo detestato.  Ma c'è anche la versione buona, dell'"aguzzino" a fin di bene, come il sergente Foley di Ufficiale e Gentiluomo.
Celeberrimo il suo ritornello alle reclute :
- da dove vieni ragazzo ?
- dal Montana signore !
- solo due cose vengono dal Montana, i tori e le checche. Io non vedo corna sulla tua fronte ragazzo, dunque devi essere una checca...
Era un film del 1982, ma non è che quelli successivi abbiano fatto vedere istruttori "politically correct".
E' quello che mi è venuto in mente leggendo uno dei fatti contestati dalla procura militare, che sta per chiedere il rinvio a giudizio di 12 imputati per vari reati di molestia, abuso, violazione del regolamento contro delle reclute donne. Uno di questi graduati durante l'addestramento si sarebbe rivolto alle allieve così "Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore... mi fate schifo... Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena... Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z...»
L'uso del plurale esclude la persecuzione ad personam, rivolta specificamente ad una ragazza, per mortificarla e chissà indurla ad essere "gentile" per ottenere un trattamento meno duro.
No, l'istruttore fa il "marine" con tutte.
Reato ? 
Poi certo, ci sono tutti gli altri episodi narrati, e francamente non è che li trovi inverosimili e qualora accertati in dibattimento, sarà giusto condannare i colpevoli.
Più in generale però, ritengo che il regolamento vada un attimino aggiornato, perché se non ho capito male vengono sanzionati anche promiscuità consenzienti, e non solo quelle imposte, cercando di approfittare della posizione di superiore e istruttore.
Nulla questio nel secondo caso, mentre trovo arretrato,  un po' ipocrita e pretenzioso il primo.
Naturalmente, il caporal maggiore Parolisi è tra gli imputati.

Ecco l'articolo come postato dal Corriere.it


La procura militare ha chiuso il fascicolo sugli abusi degli istruttori

«Devi offrirti a me e agli altri»
Quelle notti tra caporali e allieve

Dodici indagati nella caserma di Ascoli per violenza, minacce e ingiurie. E nell’elenco c’è anche il nome del caporalmaggiore Salvatore Parolisi

 
Il caporalmaggiore Salvatore Parolisi (Ansa)Il caporalmaggiore Salvatore Parolisi (Ansa)
Fra le colline di Ascoli Piceno, quando scendeva la sera e il contrappello chiudeva la giornata militare della caserma Clementi, il sergente G. M. invitava l’allieva Simona nell’Ufficio del plotone e lì parlava, ammiccava e osava, pare con successo. Prima Simona, poi Anna per il bicchierino, poi Sara... Lui aitante, vulcanico e impaziente, loro giovani aspiranti soldate dell’esercito italiano di stanza al Reggimento addestramento volontari, cioè la caserma di Salvatore Parolisi. Il quale, al di là della grossa grana per l’omicidio di sua moglie Melania che gli è costata una condanna a 30 anni, dovrà vedersela anche per un episodio decisamente meno grave ma molto simile a quello del collega G. M.: sempre dopo la mezzanotte, sempre negli uffici del plotone, sempre per un bicchierino con le soldate e via. «Lo stanno indagando per averle ricevute al termine dell’addestramento, lui però dice che non è andata così», avverte l’avvocato Federica Benguardato, suo difensore.
Ma la procura militare di Roma non ha dubbi: ha commesso un reato. Si tratta di violata consegna continuata ed aggravata, perché avrebbe trasgredito gli obblighi disciplinari che impediscono al sergente di giornata di incontrare le allieve, soprattutto dopo il suono del silenzio, quando il militare «deve accertarsi che tutte le porte dei locali siano chiuse e durante l’arco del servizio vigila sul contegno dei militari del reparto», scrive il pm Antonella Masala. Gli inquirenti lo contestano a Parolisi e a G. M. ma anche ad altri sette caporali e pure a tre allieve della stessa caserma. Spuntano, dunque, gli atti di questa inchiesta monstre su caporali e soldate, partita un paio d’anni fa fra le pieghe del delitto di Melania Rea e ora conclusa e prossima alla richiesta di rinvio a giudizio.
Emerge lo spaccato di un mondo militare pruriginoso, dove il rigore della disciplina di caserma vacilla sull’incontro dei due sessi. Da una parte i soldati che addestrano e comandano, dall’altra le allieve che ascoltano e obbediscono. In mezzo, qualche tentazione. Il soldato Enza, per esempio, l’ha raccontata così al comandante della Clementi chiamato dalla procura a una relazione informativa: «Un giorno il caporal maggiore mi si è rivolto chiedendomi cosa gli potevo dare per sapere la mia destinazione. Dissi “nulla, aspetto altri due giorni e lo saprò”».
E l’altro, sempre secondo l’allieva: «Devi offrire te stessa a me e poi agli altri istruttori. Mi devi dire se sei vergine o meno, perché se lo sei devo prendere delle precauzioni, altrimenti devo prenderne altre, ad esempio frustini...». Ma non scherzava? «Forse ma a me non piaceva». Di giorno in mensa , di sera negli uffici del plotone. La procura ha fatto l’elenco: «Il caporal maggiore dopo il contrappello riceveva alcune allieve con cui si intratteneva per bere e scambiarsi effusioni... G.M. dopo la mezzanotte contattava via sms l’allieva Simona invitandola a raggiungerlo in ufficio per chiacchierare e avere un rapporto sessuale... ».
E avanti così, tratteggiando la caserma di Ascoli come qualcosa di boccaccesco. Naturalmente la stragrande maggioranza delle allieve non partecipava agli incontri proibiti, molte ne ignoravano pure l’esistenza, altre li rifiutavano. Come Monica: «Il sottufficiale si è avvicinato a me e mi ha abbassato leggermente la cerniera della giacca della tuta. Io mi sono allontanata riordinando l’uniforme - ha messo a verbale - Vedendomi infastidita mi ha detto che l’aveva fatto perché faceva molto caldo». Nonostante la mimetica, un argomento forte era il décolleté di Gaia. «Lui era entrato nella camerata e diceva di essere intervenuto per un problema tecnico - ha raccontato - Poi ha iniziato a dire che avrebbe preferito entrare nelle diverse camerette a trovare le volontarie in biancheria intima invece che in uniforme, infine mi ha espresso apprezzamenti sulla mia scollatura...».
Fin qui, gli approcci. Poi c’è il capitolo «violenza contro inferiore, minacce e ingiurie», dove a farla da padrone è sempre il caporale G. M., rispetto al quale, in questo caso, sfigurerebbe anche il duro sergente Hartman di Full Metal Jacket, quello che chiamava l’allievo «palla di lardo». Ecco il suo vellutato sistema di addestramento: «Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore... mi fate schifo... Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena... Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z...», e avanti così, edulcorando e rimanendo alle espressioni più gentili. Il suo avvocato, Giovanni Falci, ricorda che contro il suo cliente il 25 febbraio sarà celebrato un processo con rito abbreviato ad Ascoli per fatti analoghi, dove però l’accusa è da tribunale ordinario: abuso d’ufficio. Falci dice che non bisogna sorprendersi: «Per una caserma si tratta di un linguaggio istituzionale. Stiamo parlando di addestramento al combattimento, di lancio di bombe, di piegamenti sulle braccia. È sempre stato così, andiamo, solo che adesso ci sono le donne. Il caporale non voleva danneggiare nessuno, solo stimolare e pungolare».
Quanto agli appuntamenti serali, il legale sospira: «Non si può impedire che soldati e soldate si incontrino, fa parte della natura umana e forse sarebbe meglio adeguare il codice a questa nuova realtà». A lui si è rivolta anche Anna che frequentava G. M. e che ora è indagata anche per abbandono di posto, perché quella sera ha lasciato il banchetto di piantone per salire nell’ufficio del caporale. Lo stesso caporale che di fronte all’incalzante colonnello che lo interrogava, ha fatto, dulcis in fundo , una lacrimuccia: «Ho sbagliato - avrebbe singhiozzato - è giusto che paghi».

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