martedì 7 gennaio 2014

L'URGENZA (?) DELLE UNIONI CIVILI


Sul Corriere di oggi Pierluigi Battista fa una interessante proposta : parlamentarizzare la legge sulle unioni civili, sottraendola al governo. SI può tranquillamente fare : viene presentato un disegno di legge e sottoposto al Parlamento che lo vota, anche ottenendo una maggioranza diversa da quella governativa.
Formalmente, ineccepibile. Politicamente più complicato, che francamente non ce la vedo Forza Italia su posizioni più "progressiste" di Alfano e i suoi. Quindi la maggioranza si dovrebbe formare tutta a sinistra, che anche in quelli del centro la componente cattolica è forte.
Questo non avrebbe ripercussioni politiche ?  Qualche dubbio ce l'ho, e un po' mi stupisce che un alfiere del governo Letta, come Battista (e Polito) è che andare alle urne viene visto come esiziale, accetti il concreto rischio che su una mina del genere la maggioranza salti, ancorché lui suggerisca una via diversa.
Nel merito, quello che scrive Battista è incontestabile : sui diritti civili l'Italia è rimasta indietro, e non solo rispetto ai paesi del Centro - Nord Europa, anche rispetto alla Spagna.
Quanto alla priorità, sicuramente nell'Italia della crisi più devastante dal dopo guerra, non sembra effettivamente tale, ma tanto, qui di prioritario mi sembra ci siano solo gli aumenti delle tasse. 
Personalmente, prima di esprimermi, aspetto di vedere in concreto come si pensa di tradurle in concreto queste tutele per i diritti civili, specie per i costi pubblici che alcuni di essi potrebbero comportare. Mi riferisco per esempio alle pensioni di reversibilità, che già andrebbero riformate per i matrimoni e che verrebbero estese alle coppie di fatto. Posso ritenere giusto il principio in unioni che durano decenni, NON per qualcosa che finisce in pochi anni... Oggi, le donne separate e divorziate, se NON godono dell'assegno di mantenimento, non hanno nemmeno il diritto alla pensione di reversibilità. Come la mettiamo con le coppie di fatto per le quali non si prevede questo tipo di sostegno in vita ? Oppure, come penso e temo, avremo l'introduzione di obblighi di mantenimento anche nei casi delle unioni civili ? 
Come evitare la tendenza italica a raggirare le norme per beneficiare delle prebende assistenziali ? Leggevo che nel dopoguerra era stato istituito un indennizzo per coloro che avevano subito stupri durante l'avanzata delle truppe alleate...bene, DOPO questa norma, il numero delle denunce, riferite a fatti fino ad allora assolutamente taciuti, si moltiplicarono, anche da parte di uomini !. 
Per carità, il fatto che in Italia ci siano pensioni di invalidità elargite a gente sana non significa che l'assistenza ai veri invalidi debba cessare, ma bisogna regolamentare in modo attento e rigoroso per evitare troppe furbate. E in ogni caso, unioni che durino meno di dieci anni non devono dare diritto a nulla, a livello previdenziale. Diverso il caso di diritti di visita in ospedale, di trasferimento di contratti locatizi ( nell'edilizia pubblica già avviene, basta iscriversi negli appositi elenchi dell'ente dichiarando la convivenza) allargamento dei diritti testamentari (anche qui però, o eliminiamo i diritti di legittima, oggi esistenti a favore per esempio dei figli, oltre che del coniuge, lasciando piena libertà al testatore, oppure tocca armonizzare le due discipline, stabilendo anche qui una durata significativa dell'unione, senza arricchire le giovani badanti a scapito dei familiari). Insomma, sì ai principi ma poi attenti alle leggi.
Un' ultima cosa. Battista cita l'esempio del Divorzio come esempio di una legge emersa dal Parlamento contro il governo. Faccio notare che conseguenze politiche ce ne furono, eccome, che praticamente il tramonto di Fanfani  iniziò allora, intestandosi lui la battaglia antidivorzista, promuovendo uno storico referendum poi perso nettamente (quasi il 60% votarono contro l'abolizione della legge Fortuna-Baslini, con una affluenza dell'87% , erano tempi dove la politica coinvolgeva diversamente noi italiani; forse i livelli  dell'astensionismo odierno non sono spiegabili solo come "fisiologici e conformi alle democrazie occidentali..." ). 
Bene, così come a suo tempo fu accettato il referendum sul divorzio, domani si accetti una eventuale conta referendaria sulle nozze gay, o sullo ius soli. 
Magari nessuno lo proporrà, ma se fosse, si accettasse democraticamente il confronto senza demonizzarlo (come invece prevedo accadrebbe, nel timore di una sconfitta popolare).
 


Le Unioni civili non sono materia di governo

 
Il ministro del «Nuovo Centrodestra» Maurizio Lupi dice che le unioni civili per le coppie dello stesso sesso non sono una «priorità». Ma a parte il fatto che non è il suo partito il distributore autorizzato delle «priorità», e inoltre in pochi mesi una politica dotata di un minimo di efficienza può fare tante cose e tutte possibilmente bene, quando mai diventerà una «priorità» il riconoscimento di un diritto oramai tutelato in tutti i Paesi liberal-democratici, governati dalla sinistra o dalla destra? Fa bene perciò Matteo Renzi a insistere perché le unioni civili siano messe nei primi posti dell’agenda politica di questa legislatura (o di ciò che di essa rimane). Una proposta ragionevole e moderata che forse non darà piena soddisfazione a quelle parti della sinistra e della stessa comunità omosessuale che vorrebbero ipso facto il «matrimonio gay», ma che rappresenta una piccola rivoluzione dopo anni di veti, rallentamenti, pigrizie, nulla di fatto, chiassose guerricciole di religione senza costrutto, proclami vuoti, minacce, scomuniche. Altro che priorità: ora si può fare. E chi gioca a fare l’ultra-clericale, tra l’altro, rischia pure di essere spiazzato dal nuovo linguaggio vaticano.
Ora si può fare, anche avendo cura di disinnescare l’esplosivo anti-governativo che potrebbe far diventare la proposta di Renzi deflagrante per gli attuali, precari e fragilissimi, equilibri politici. E una strada c’è: la parlamentarizzazione del percorso della nuova legge. Cioè accettare come manifestazione di normale fisiologia democratica il fatto che una maggioranza parlamentare per le unioni civili delle coppie gay possa non coincidere con una maggioranza di governo. Sempre che si voglia credere alla tanto osannata «centralità del Parlamento». E si voglia prestare un minimo di attenzione alla storia italiana. Accadde così per la legge sul divorzio, all’alba degli anni Settanta e dopo una lunga e quasi snervante incubazione segnata dalle battaglie radicali e dalla Lid, Lega italiana per il divorzio. A patrocinarla non fu il governo, che anzi aveva come pilastro una Dc contraria al divorzio, ma un’iniziativa parlamentare sottoscritta da un liberale, Antonio Baslini, e da un socialista, Loris Fortuna. Anche allora ci furono mugugni in campo laico per un’eccessiva timidezza della legge. Ma l’Italia conobbe una svolta storica nel costume e nella vita civile. Anche allora la Dc ingaggiò una battaglia contro la legge, poi sfociata in un referendum clamorosamente perduto nel 1974. Ma non venne meno la coesione di un’alleanza di governo. E oggi il partito di Alfano deve accettare le regole democratiche: può andare in minoranza senza che il governo di cui fa parte debba finire e condurre in solitudine una legittima battaglia politica e culturale contro la legge sulle unioni civili. Ma senza l’arroganza del potere di veto. Senza mescolare il governo con scelte che chiamano in causa la libertà etica dei parlamentari.
Se si prospettasse, ad esempio, una possibile maggioranza tra il Pd di Renzi e la nuova Forza Italia attestata su posizioni più «laiche», non ci sarebbe nulla di male: è la democrazia parlamentare. Sarebbe perciò assurdo che si vanificasse per l’ennesima volta la possibilità di garantire diritti (di successione, di cura, di subentro nell’affitto di casa, di reversibilità della pensione) che dappertutto in Europa sono oramai acquisizione comune, scavalcando anche le frontiere tradizionali della destra e della sinistra: in Francia, Sarkozy non ha messo in discussione i Pacs, nella Germania governata dai democristiani della Merkel l’unione per le coppie dello stesso sesso è una conquista irreversibile, i repubblicani Usa non si oppongono alle aperture sul matrimonio gay suggerite da Obama, peraltro molto simili a quelle del conservatore Cameron in Gran Bretagna. Una legge ragionevole, libera dal peso dell’oltranzismo ideologico, può essere ora possibile, in tempi ragionevoli e con maggioranze ampie in Parlamento, senza umiliare le minoranze in disaccordo e senza minare l’attività del governo. Sarebbe una piccola rivoluzione. Il segno vero, uno dei primi, di un cambiamento vero.

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