Bè, l'avessero scritta questa cosa i giornali tabloid, sempre accusati di populismo antipolitico e partitico, come Libero, Il Giornale o Il Fatto, non gli avremmo dato peso e spazio. Ma trovarlo su La Stampa che, dopo il Corriere ( e dopo aver lasciato andare pasionarie stile la Spinelli ) è giornale sufficientemente sobrio, nei limiti risaputi dei media, cambia. Oltretutto il quotidiano torinese riporta uno studio di Confindustria, anch'essa non un soggetto demonizzante e demolitivo delle istituzioni e dei loro rappresentanti.
Ora, che i nostri politici, sia nazionali che locali, costino uno sproposito e assai di più dei loro colleghi occidentali (non vogliamo nemmeno parlare degli altri) è cosa nota. Solo che ci hanno sempre anche detto che non è certo con questi tagli che si risana il Paese, che alla fine i parlamentari sono un migliaio, e per quanto costosi, alla fine si tratterebbe di qualche decina di milioni di euro. Certo, aggiungevano, l'esempio sarebbe comunque doveroso in tempo di sacrifici richiesti agli italiani !
Abbiamo poi visto come anche gli ortotteri, saliti in Parlamento come quelli puri, poi difficoltà sulla rinuncia alle diarie li hanno avuti...Resta comunque che loro, i grillini, a quanto mi consta, il rimborso elettorale NON lo hanno ritirato e comunque dei tagli se li sono fatti, sia pure non nella misura chiesta da Grillo...
La Confindustria invece ci rivela che il taglio dei costi NON è solo simbolico, ma ha anche un suo significativo peso economico, ricordando come a essere oggetto di riduzione non sarebbero solo gli eletti al parlamento ma TUTTI, quindi anche i politici delle Regioni e dei Comuni (e dando già per non più attive le province, cosa che invece sappiamo che non è chissà se lo sarà mai ! ) e anche l'indotto...
Alla fine si parla di un miliardo l'anno che si potrebbe sottrarre dagli attuali 2 e mezzo di spese.
Quanto mancava per evitare l'aumento dell'IVA (che infatti poi è aumentata...)??
“Un miliardo di risparmi
tagliando i costi della Camera”
L’analisi di Confindustria: ”Il costo di un deputato è 9,8 volte il
pil pro-capite, contro le 6,6 volte di un parlamentare inglese. Adesso
riformare la burocrazia!
ANSA
«Si può risparmiare fino a 1 miliardo tagliando i costi
della Camera». È quanto riporta un’analisi del Centro studi di
Confindustria sulla burocrazia nel quale si calcola che, considerando lo
stipendio ma anche i rimborsi e le spese di trasporto il costo di un
deputato è 9,8 volti pil pro-capite, contro le 6,6 volte di un inglese.
«Una seria riforma della burocrazia - è scritto nello studio - non può che partire dalla testa che impartisce le direttive alla stessa pubblica amministrazione, ossia deve cominciare con l’abbattimento dei costi della politica. I parlamentari italiani sono, in base alla dimensione dell’indennità in rapporto al PIL pro-capite, di gran lunga i più pagati d’Europa; ciò fa pensare che molto più facilmente si è portati a far politica per la carriera e l’arricchimento personale, più che per il bene comune».
Nel 2012 lo stipendio da deputato in Italia - riporta la ricerca - era pari a 4,7 volte il Pil pro-capite, contro l’1,8 del Regno Unito. Contando anche i rimborsi spese (con e senza documentazione), i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto tale rapporto sale al 9,8 per il deputato italiano e al 6,6 per quello inglese. I costi della politica , intesa come organi legislativi ed elettivi, - indica lo studio - hanno toccato complessivamente i 2,5 miliardi di euro nel 2012. «Si può risparmiare fino a 1 miliardo riducendo del 30% l’indennità dei parlamentari, ridimensionandone il numero, riformando le loro pensioni e abolendo i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto ma mantenendo la diaria (rimborso spese per l’esercizio del mandato parlamentare), oppure eliminandola e introducendo un tetto massimo alle spese rimborsabili».
«I costi della politica - prosegue il centro studi di Confindustria - ovviamente non si esauriscono con la remunerazione dei rappresentanti parlamentari e con il costo di funzionamento delle due Camere, ma ricomprendono anche tutte le altre istituzioni elettive (Comuni, Regioni, dando per abolite le Province) nonché quelle attività improprie svolte da una moltitudine di società partecipate dalla pubblica amministrazione (sono più di 7.700 e costano, in termini di ripiano delle perdite, circa 22 miliardi). E i cerchi del vivere di politica (anziché per la politica) si ampliano ulteriormente se si includono consulenze e assunzioni clientelari che pesano sui bilanci delle società pubbliche».
«Una seria riforma della burocrazia - è scritto nello studio - non può che partire dalla testa che impartisce le direttive alla stessa pubblica amministrazione, ossia deve cominciare con l’abbattimento dei costi della politica. I parlamentari italiani sono, in base alla dimensione dell’indennità in rapporto al PIL pro-capite, di gran lunga i più pagati d’Europa; ciò fa pensare che molto più facilmente si è portati a far politica per la carriera e l’arricchimento personale, più che per il bene comune».
Nel 2012 lo stipendio da deputato in Italia - riporta la ricerca - era pari a 4,7 volte il Pil pro-capite, contro l’1,8 del Regno Unito. Contando anche i rimborsi spese (con e senza documentazione), i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto tale rapporto sale al 9,8 per il deputato italiano e al 6,6 per quello inglese. I costi della politica , intesa come organi legislativi ed elettivi, - indica lo studio - hanno toccato complessivamente i 2,5 miliardi di euro nel 2012. «Si può risparmiare fino a 1 miliardo riducendo del 30% l’indennità dei parlamentari, ridimensionandone il numero, riformando le loro pensioni e abolendo i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto ma mantenendo la diaria (rimborso spese per l’esercizio del mandato parlamentare), oppure eliminandola e introducendo un tetto massimo alle spese rimborsabili».
«I costi della politica - prosegue il centro studi di Confindustria - ovviamente non si esauriscono con la remunerazione dei rappresentanti parlamentari e con il costo di funzionamento delle due Camere, ma ricomprendono anche tutte le altre istituzioni elettive (Comuni, Regioni, dando per abolite le Province) nonché quelle attività improprie svolte da una moltitudine di società partecipate dalla pubblica amministrazione (sono più di 7.700 e costano, in termini di ripiano delle perdite, circa 22 miliardi). E i cerchi del vivere di politica (anziché per la politica) si ampliano ulteriormente se si includono consulenze e assunzioni clientelari che pesano sui bilanci delle società pubbliche».
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