Ho sempre pensato, d'istinto devo dire, a Hugo Chavez come al classico dittatore sudamericano, benché con la camicia di un altro colore. Poi un amico di FB mi fece notare che Chavez era sempre stato regolarmente eletto, e che le commissioni internazionali chiamate, la dove è possibile, a certificare la regolarità o meno del voto, hanno sempre dato luce verde al Venezuela. Non che tutto si svolga liscio, ma sostanzialmente il voto esprime correttamente i rapporti tra le parti in campo. Almeno con Chavez è stato così.
A questo punto, siccome è un fatto che la libertà, così come da noi coniugata in occidente, in Venezuela non c'è, si deve pensare al classico caso di una dittatura della maggioranza, contro la quale ci mise giustamente in guardia prima Tocqueville e poi altri pensatori liberali. Il popolo che Chavez ha protetto e lusingato è maggioranza in quel paese, e finora si è confermato tale. Nonostante questa garanzia, Chavez non ha mai tollerato la dissidenza, forse temendo che la rappresentazione di un progetto di Paese diverso, alla fine potesse fare presa anche sui suoi, e portarli a immaginare un'alternativa migliore alla povertà diffusa e dignitosa (lo è ? non lo so, non vivo lì...forse sì, che è quello che a volte lamentano gli immigrati romeni che rimpiangono i tempi di Ceasescu , quando in Romania, dicono, c'era ordine e non mancava il necessario).
La contraddizione è che il Venezuela, grazie al petrolio, è un paese potenzialmente ricchissimo, a livello dei paesi sauditi. Questa ricchezza però è gestita in modo controverso, se nonostante le valanghe di dollari che entrano poi l'economia generale del paese stenta (e non è colpa solo della corruzione, pure assai diffusa). Questo ovviamente alimenta l'opposizione, che Maduro, consapevole di non godere del carisma e del favore popolare del suo predecessore, sta affrontando con metodi repressivi.
L'articolo che segue è di Emiliano Aimi, scrittore di sinistra, di madre venezuelana, che da sempre segue le vicende del paese sud americano.
Ripropone il principio che un governo illiberale, che osteggia, fino alla repressione, l'opposizione, non può mai essere approvato da uomini di sinistra.
Secondo me è sul concetto di sinistra che c'è confusione. Che la tendenza a considerare gli oppositori dei nemici dello Stato affonda le sue origini proprio nella rivoluzione modello di quella parte, vale a dire quella francese. Robespierre era l'incorruttibile, e lo era veramente. Aveva il mito dell'uguaglianza assoluta, e a tutti i costi. Anche a lui si deve la legge cd. di Pratile, voluta dal Comitato di Salute Pubblica tristemente noto, che abolì semplicemente il diritto di difesa e rimosso così qualsiasi garanzia per l'accusato. Non c'era più ormai nessun interrogatorio prima dell'udienza, ne' avvocato, ne' l'audizione facoltativa di testimoni. La Corte poteva pronunciare il suo verdetto su semplici presunzioni morali. Durò solo due mesi, che una cosa del genere spaventò molti dei membri della convenzione, e si arrivò alla deposizione di Robespierre e alla sua morte. Però in quei due mesi furono condannate alla ghigliottina 1367 persone.
Robespierre è un eroe della sinistra radicale. Quindi quello che scrive Aimi non è vero, o non del tutto.
Buona Lettura
Il nostro vizio, la nostra deformazione: giudichiamo la Politica Estera attraverso le categorie del dibattito politico nazionale. E, considerando che ci confrontiamo come se fossimo allo stadio, parteggiando per l’uno o per l’altro schieramento o personaggio a prescindere dai contenuti, facciamo il tifo pure in Politica Estera.
Un paio di giorni fa uno studente di giornalismo Venezuelano scriveva sul suo blog: “Ma oggi, nel 2014, non si può essere di sinistra ed essere chavisti.” Parla tanto di violenza in questo articolo, di persecuzioni, di pericolo, di ingiustizia. Ma soprattutto avverte: non si può essere di sinistra ed essere chavisti. Non si può essere di sinistra ed essere chavisti. Occorre ripeterlo, come se fosse un mantra. E occorre farlo notare a tutti i leader carismatici della sinistra italiana (vedi Vendola) che fino a pochi mesi fa esaltavano l’esperimento di democrazia rivoluzionaria di Hugo Chavez.
Perché è così: noi non facciamo Politica Estera, noi facciamo il tifo. Chi mai smetterebbe di tifare la propria squadra anche non rispettandone l’allenatore?
Si è detto che chi contestava Chavez fosse fascista, collaborazionista degli Americani, ricco, borghese, conservatore, spia, ignorante. Si sono raccontate sciocchezze enormi, storie belle che possono fare notizia ed emozionare su temi come l’alfabetizzazione (descrivendo il Venezuela come un Paese sottosviluppato prima dell’avvento di Chavez) e l’antiamericanismo (quando per primo il governo Venezuelano concedeva alla Texaco le concessioni per i pozzi petroliferi a un quarto del prezzo richiesto alla compagnia petrolifera nazionale).
Ci sono persone, tante persone – intellettuali, giornalisti, attivisti – che da anni denunciano i soprusi della dittatura, la persecuzione dei dissidenti (qualcuno ha mai sentito parlare della lista Tascon?), i brogli elettorali, la violenza, Persone di sinistra: come me, di famiglia partigiana, che da ormai nove anni parlo e scrivo sul Venezuela, contro il Regime, prendendomi del “collaborazionista” dagli innamorati della parola rivoluzione.
Ci sono persone che nel 2005 (duemilacinque, ripetiamo, duemilacinque) mi parlavano di una “guerra civile a carburazione lenta”. Per oltre dieci anni la tensione sociale è cresciuta, e con questa l’odio profondo tra chavisti e dissidenti. L’economia è crollata, la ridistribuzione della ricchezza di facciata è stato in realtà un generale impoverimento nell’interesse del Regime. Per oltre dieci anni il governo ha armato milizie volontarie per spaventare i dissidenti e “difendere la rivoluzione”. Per oltre dieci anni ha messo a tacere, anche in modo clamoroso, diversi esponenti di rilevo dell’apparato statale e di sicurezza che ne denunciavano i crimini (vedi i casi del procuratore Felipe Anderson, del generale Gonzalez Gonzalez, dei poliziotti Simonovic e Forero, e tanti altri). Ecco, la guerra civile ha carburato. E’ partita.
Ci sono persone che dopo la chiusura di RCTV (qualcuno ne hai mai sentito parlare?) nel 2007 sono state arrestate, minacciate e torturate perché protestavano in piazza.
Ci sono persone che, dopo la morte di Chavez, sono state arrestate, minacciate e torturate proprio perché segnalavano il fatto che il suo delfino Maduro fosse tra i pistoleri che nell’once de abril (qualcuno ne ha mai sentito parlare?) spararono sulla folla in manifestazione.
Ci sono persone, circa cinquecentomila, fuggite dal Venezuela negli ultimi quattro anni per salvarsi la vita (non in cerca di fortuna, ma letteralmente per non morire), e migliaia fuggite nelle ultime settimane, fuggite in fretta per il terrore di non poter fuggire più a causa del blocco delle linee aeree annunciato dal governo. Parlavo alcuni giorni fa con un Venezuelano di origini Siriane, che ora vive a Reggio Emilia: non sa dove tornare, non sa quale sia la padella e quale la brace.
E ora c’è la guerra civile. Si chiama così, si chiama proprio guerra civile. Le milizie di Maduro (non l’esercito regolare ma proprio le milizie volontarie che Chavez aveva armato negli ultimi dieci anni) e i militari Cubani arrestano, minacciano, torturano e uccidono i manifestanti. Succede veramente, basta cercare le notizie. Basta ascoltare. Succede veramente. Negli ultimi anni accadeva, magari non durante un confronto armato aperto: non si creda che i ventiquattromila omicidi del 2013 siano tutti dovuti a questioni private in un Paese dove esiste un numero verde per denunciare dissidenti e manifestanti.
Ora succede in piazza: si fa prima così ad ammazzare. Qualcuno ancora continua a fare il tifo. Non basta tutto questo. Non basterà mai tutto questo. Qualcuno si ostina ancora a negare che Chavez abbia commesso crimini contro l’umanità e che il suo successore Maduro stia riuscendo nell’impresa di fare ancora peggio. Qualcuno si ostina non solo a negarlo, ma a idolatrare Hugo Chavez come l’Allende del Terzo Millenio. Spero che Allende non senta tutto questo. Chavez e Maduro non sono migliori di Pinochet e Videla. Mettiamocelo in testa: non è il colore della camicia a fare di un uomo un socialista progressista. Non è il colore della camicia a dividere il bene dal male.
Amnesty International denuncia i crimini del governo venezuelano da quindici anni. Quindici anni. Evidentemente pure Amnesty International sarà fascista e collaborazionista. Forse secondo Fabio Marcelli, che titola “Il fascismo non passerà” sul blog del Fatto Quotidiano, è così. Verrà il giorno in cui chi governa il Venezuela pagherà per tutto questo. Verrà sicuramente. Spero che non arrivi in sordina, quando si calmeranno le acque, dopo aver distrutto un paese per quindici anni e averlo fatto bruciare nella guerra civile per mesi.
In Venezuela i dissidenti sono perseguiti e segnalati, i diritti si basano sull’appoggio al governo, i manifestanti sono torturati, l’informazione è censurata, i crimini politici nascosti e impuniti. Per quanto la mia famiglia partigiana e la mia città partigiana mi hanno trasmesso, l’unica definizione per tutto questo è “dittatura”. L’idealismo selvaggio di Chavez è sfociato nel sistema violento e autoritario che si cercava di tenere nascosto.
Forse, un giorno, anche i Politici italiani si interesseranno alla Politica estera, invece che farsi i conti in tasca a vicenda. C’è bisogno anche e soprattutto di questo per abbandonare il tifo da stadio e riscoprire il significato dei termini. Lo stesso studente giornalismo che citavo prima scrive: “…la democrazia non è solo poter votare: è avere libertà di scelta e alternanza al potere.” Libertà di scelta. Non è solo poter votare, è poter scegliere chi votare, poter contestare le scelte che non si condividono.
Dittatura. Democrazia. Sandro Pertini, nel messaggio di fine anno del 1979 agli Italiani, diceva: “Alla più perfetta delle dittature preferirò sempre la più imperfetta delle democrazie.” Dittatura. Democrazia. Impariamo la differenza, e lottiamo per la seconda.
Ciao,
RispondiEliminaho visto che hai condiviso sul tuo blog il mio aritcolo sul Venezuela!
Ti ringrazio per l'interesse, è graditissimo.
E concordo con te sulla questione di "capire cosa voglia dire essere di sinistra", visto e considerato che mi considero pure un liberale (ricordi i fratelli Rosselli? Ecco negli anni '20 avevano già capito tutto da questo punto di vista) e non faccio che litigare con quelli "di sinistra". Premettendo che considero superate queste categorie della Politica, a volte bisogna ammettere che tornano comode per definire un sistema di categorie di pensiero e di valori.
Vedi, non è quello il tema portante dell'articolo. Era la premessa, ispirata a questo bellissimo intervento http://blog.you-ng.it/2014/02/25/amici-italiani-vi-spiego-cosa-succede-venezuela/
dello studente venezuelano che appunto cito.
E lo cito perché, purtroppo, troppo spesso si è cercato di idealizzare il regime chavista come mito democratico e socialista e si sono considerati "fascisti" gli oppositori.
Tant'è che l'originale del mio articolo è questo http://blog.you-ng.it/2014/03/05/venezuela-la-guerra-civile-carburazione-lenta-e-la-definizione-di-una-dittatura/
e il titolo era completamente diverso (La Guerra Civile a Carburazione Lenta e la Definizione della Dittatura). L'obiettivo era spiegare questi due concetit. Poi questo quotidiano on line ha accettato di pubblicarlo e ha messo il titolo che veniva più comodo, o che pareva più accattivante, anche se un po' fuorviante.
Ti giro, visto che ti interessa l'argomento, anche l'altro articolo che mi hanno pubblicato oggi su Formiche
http://www.formiche.net/2014/03/05/hugo-chavez-il-dittatore-che-teneva-pace-il-venezuela/
Se ti interessa guardaci spesso su Formiche, perché la mia amica Rossana Miranda, che è Venezuelana anche se vive e lavora come giornalista a Roma, pubblica quasi quotidianamente articoli sul proprio paese.
Fatta la precisazione, grazie ancora per la condivisione dell'intervento!
Grazie a te Emiliano
Eliminail tuo articolo a me è piaciuto molto, come dimostra il fatot di averlo postato sul blog, e ne condivido assolutamente la sostanza. Dopodiché ho preso uno spunto per una riflessione di carattere generale sulla Sinistra, rammentando che se c'è quella liberale, "rossettiana" per dire, ce n'è un'altra, un tempo assolutamente prevalente, oggi non saprei, di stampo massimalista se non ancora dittatoriale.
L'America del Sud è un continente che mi inquieta perché non riesco a comprenderlo, conoscendolo troppo poco. Leggerò senz'altro i contributi che così cortesemente mi invii, sperando di capirne un po' di più. L'obiezione principale, da parte di coloro che lodano la rivoluzione boliveriana, come Chavez ribattezzò la sua, è che la maggioranza del popolo alla fine l'ha premiata col voto. E che esistono altre libertà, oltre a quelle liberali, che sono quelle dall'ignoranza, dal bisogno, dalla malattia. Questo è quello che mi sono sentito rispondere da queste persone, ed è per questo che i venezuelani, per la maggioranza, avrebbero finora preferito questo regime.
In parte sì e, in parte, perché ricattati dall'obbligo di appoggiare il regime. Luis Tascon, deputato Chavista, pubblicò ormai 10 anni fa la lista dei dissidenti, ovvero di chi aveva firmato per il referendum contro il Presidente. Poi c'è una massa di persone che è piena di ideologia fin sopra i capelli e non riuscirà mai a comprendere. Chavez parlava di Rivoluzione Bolivariana e Antiamericana. Ma le sue politiche sono state, di fatto, all'opposto di entrambe le filosofie. Mi fa piacere che ti sia interessato il pezzo. Sarà facile, nelle prossime settimane, seguire l'evoluzione. Si scrive tanto, finalmente.
EliminaIn tutto il mondo si dice che in venezuela prima chavez e poi maduro hanno vinto democraticamente le elzioni. Vorrei che il mondo vedesse le dichiarazioni, le trovi su youtube, nelle quali Maduro dice che ha l'elenco delle carte d'identita' dei 900 mila chavistas che hanno votato contro di lui, vorrei che vedessi il cosiddetto voto assistito nella quale un uomo alto ed imponente osserva per chi voti. In un clima di terrore del genere, come quello del referendum in Crimea, il dittatore vince sempre democraticamente.
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