SE, e ribadisco SE, le cose stanno come il giornalista del Corriere della Sera le racconta, c'è da mandare quelli del CIM (centro d'igiene mentale) al Tribunale del Lavoro di Treviso.
Un giudice avrebbe riconosciuto 500.000 euro ad una lavoratrice che dopo 15 giorni di lavoro sarebbe stata mandata a casa senza regolare raccomandata. Questo difetto di forma ha fatto sì che alla stessa siano state riconosciute tutti gli emolumenti maturati immagino fino alla sentenza, partorita dopo un decennio, che per arrivare ad una cifra del genere... Sicuramente ci sarà una spiegazione diversa, perché oltretutto, nel caso di specie, sembrerebbe che il datore di lavoro, un medico specialista, avrebbe risolto il rapporto di lavoro nello stesso anno in cui aveva cessato l'attività (2004). Quindi il contratto sarebbe a quel punto comunque cessato per impossibilità oggettiva, essendo sopravvenuta l'inesistenza del posto stesso di lavoro. Pertanto la retribuzione poteva essere estesa dal momento dell'irregolare licenziamento, perché non realizzato nelle forme di legge, a quello della cessazione dell'attività del professionista, con la conseguente estinzione del posto occupato per due settimane dalla donna. Non oltre.
Ma escludiamo questa ipotesi, immaginando un refuso del cronista, e andiamo avanti. Nel momento in cui il datore di lavoro si vede arrivare l'impugnativa del licenziamento per nullità della forma, avrà provveduto a sanarla notificandola in quel momento. Quindi le retribuzioni saranno a quel punto quelle maturate fino all'invio della lettera in questione. Infine, nel momento in cui avviene la contestazione , e vengono esplicitate le ragioni della risoluzione del rapporto, come è possibile continuare a far decorrere gli emolumenti (peraltro per prestazioni non fornite) ? Diverso sarebbe se ci trovassimo di fronte ad un caso di tutela reale, il discusso art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, il quale prevede che se un licenziamento viene annullato perché ingiustificato (in questo caso viziato fino alla nullità per mancanza di forma) il lavoratore ha diritto al recupero del posto di lavoro e alle retribuzioni tutte dal licenziamento alla riassunzione. Questo però vale per le aziende con più di 15 dipendenti, era questa la realtà del singolo medico ? Improbabile.
Infine, questa donna in tutti questi anni non deve MAI aver lavorato (e ti credo, con questa prospettiva ! ).
Insomma, interrogativi tanti, e al momento nessuna risposta.
Resta l'inevitabile clamore di una decisione che, letta così, sembra fare violenza a qualsiasi criterio di mera logica e/o buon senso.
15 giorni, mezzo milione di euro...
Bisogna saperne di più, che se no non solo gli stranieri non torneranno mai in Italia, ma siamo noi che dobbiamo scappare da un paese così.
IL CASO
Impiegata di un medico vince la causa
Mezzo milione per 15 giorni di lavoro
Treviso, la donna era stata licenziata senza raccomandata
TREVISO - Ha lavorato per quindici giorni e guadagnerà 500 mila euro. E' il caso di una segretaria di uno studio medico che, dopo una lunga causa di lavoro, si è vista riconoscere dal tribunale la cifra perché all'epoca, il suo datore di lavoro le diede il benservito dopo i 15 giorni di prova con un semplice arrivederci e grazie, e non con la canonica raccomandata con ricevuta di ritorno come prevede la legge.Il licenziamento era avvenuto nel 2004, anno in cui il medico specialista andò in pensione. Fatto questo che non ha influito sulla decisione finale del giudice del lavoro. Il suo assunto in poche parole è questo: non essendo stata licenziata con le forme «corrette» la donna risultava ancora dipendente dello studio. Con il conseguente pagamento, da parte del professionista, di stipendio e contributi vari. Morale: sette anni dopo il conto, tra Inps, Inail ed Equitalia il conto è lievitato a mezzo milione. Per due sole settimane di lavoro.
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