martedì 25 marzo 2014

RENZI : "NON POSSIAMO PIACERE A TUTTI". VANGELO.

 
Oltre a non voler restare impantanato nei riti consociativi, che nel passato venivano nobititati con la parola concertazione, e quindi a prendere distanza dalla parti sociali riaffermando il potere decisionale del governo rispetto alle parti sociali, che vanno ascoltate ma che al momento delle decisioni fatte accomodare (vedi il post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/03/renzi-ignora-il-sindacato-sarebbe.html ), ora sembra che Renzi voglia mantenere il passo del "rivoluzionario" anche nei confronti dei super burocrati di Stato e si dice deciso a restringere e rinnovare il personale di Palazzo Chigi. Anzi, vuole partire proprio da qui, per dare l'esempio.
Bè, sono le cose che scriveva nel suo primo libro "Fuori", ed erano propositi cui guardavo con assoluto favore.
Sarà una partita durissima, ma è una di quelle fondamentali per cambiare veramente verso.
Inevitabile fare il tifo per lui, su queste cose.
L'articolo che segue è della brava Maria Teresa Meli, che sembra un'infiltrato della segreteria del PD, chiunque ne sia a capo. Ma come fa ? 
Buona Lettura

Il premier pronto a giocarsi tutto nella guerra contro i «mandarini»
Il piano per tagliare i costi partirà
da Palazzo Chigi 
ROMA — «Ragazzi, sto lavorando giorno e notte per provare a uscire dalla palude e togliere a questi mandarini la possibilità di metterci i bastoni tra le ruote e di impedirci di fare la nostra rivoluzione. Che sarà senza spargimenti di sangue, ma sarà pur sempre una rivoluzione».
Nei rari — rarissimi — momenti di pausa Matteo Renzi spiega agli amici quello che sta facendo e che ha intenzione di fare. Delinea lo scenario della guerra non cruenta ma più difficile che gli riserva il futuro: quella contro la burocrazia e i grandi burocrati, contro i manager che guadagnano «cifre esorbitanti», contro il potere «consolidato, costituito e inamovibile».
Guerra ad altissimo rischio, tanto che tra i suoi c’è chi dice: «È più facile vincere il braccio di ferro con la potentissima Cancelliera Angela Merkel che con certi dinosauri».
Il presidente del Consiglio ha perfettamente chiari in mente quali siano i pericoli della prossima offensiva che intende sferrare e di cui non ha fatto nessun mistero. E sa quale sia la posta in gioco e quanto sia alta.
Altrimenti non direbbe alla squadra che lo aiuta e di cui si fida ciecamente: «So che c’è chi ci prende per pazzi e che c’è il rischio di essere schiacciati dai vecchi tromboni e dai mandarini che hanno da sempre nelle mani le leve di questo Paese. Ma svecchiare e rinnovare è il nostro obiettivo, questa è l’unica azione riformatrice che può veramente cambiare l’Italia». Ed è per questa ragione, perché non vuole che nessuno possa fargli qualche appunto quando sarà la volta di passare ai grossi calibri, ai pezzi da novanta e ai super manager dello Stato dai super guadagni, che grazie al lavoro del preziosissimo Graziano Delrio il premier a breve presenterà un progetto che rivoluzionerà innanzitutto palazzo Chigi.
Insomma, Renzi parte da «casa sua», con una scaletta stringente e ben dettagliata. I 23 dipartimenti attuali della presidenza del Consiglio diminuiranno perché verranno inizialmente accorpati e poi qualcuno sarà cancellato e le strutture di missione saranno drasticamente ridimensionate. Ancora, i dirigenti di palazzo Chigi, quasi tutti di fascia alta, godono di una indennità speciale. Potranno cominciare a scordarsela. Non solo: tanti di loro verranno smistati altrove, perché il governo ha deciso di tagliare i suoi dipendenti che sono francamente troppi, e, quindi finiranno per non percepire più quei super stipendi che prendevano a palazzo Chigi.
Arriveranno pure dei nuovi dirigenti, all’insegna del rimescolamento delle carte (e degli uomini) che nella filosofia renziana è fondamentale e le loro remunerazioni saranno ovviamente più basse di quelle degli attuali alti funzionari che lavorano a palazzo Chigi.
Anche se l’impresa è difficile, se è più «facile» averla vinta con la Cancelliera Angela Merkel che con i «mandarini» che «vorrebbero lasciare tutto immerso nella palude», il presidente del Consiglio non è pessimista.
Del resto, l’entusiasmo è una parte essenziale del carattere dell’uomo: «Riuscirò a portare a casa dei risultati concreti». Risultati che sono fondamentali, secondo Renzi per «mantenere la credibilità dell’azione riformatrice del governo». Il premier sa che tutti gli occhi — dei nemici, ma anche degli amici — sono puntati su di lui e ai suoi confida: «Vogliono vedere se ci riesco o no». E c’è, ovviamente, anche chi «gufa», chi spera che Renzi non ce la faccia, che si scontri contro il muro impenetrabile della burocrazia, che si perda nei meandri del potere romano, che non conoscendone i meccanismi finisca per esserne travolto e per non riuscire a portare a casa i risultati sperati.
Questo atteggiamento non propriamente benevolente nei suoi confronti non sorprende più di tanto il presidente del Consiglio. Più volte Matteo Renzi, a chi tra i renziani manifestava segni di una certa apprensione ha spiegato: «È normale che ci siano delle resistenze dal momento che vogliamo rompere degli equilibri».
Quindi per essere più esplicito ancora: «Ci sono alcune istituzioni che sono un pedaggio per gli italiani e noi le andremo a smantellare una per una: è ovvio che loro cercheranno di fare altrettanto con noi».
Insomma, non c’è proprio niente da stupirsi: resistenze, colpi di coda, tentativi di annacquare le riforme volute da Renzi (e in questo senso il premier ha interpretato pure il tentativo fallito di frenare il suo progetto di revisione del Senato) sono inevitabili in certi frangenti: «Quando si riducono le grandi spese dello Stato, si colpisce la burocrazia e si fanno le riforme vere è normale scontentare qualcuno e provocare delle reazioni. Ma se vogliamo fare la nostra rivoluzione non possiamo pensare di piacere a tutti».

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