mercoledì 25 giugno 2014

BLATTER CI ODIA E GLI ITALIANI NON AMANO LA NAZIONALE. PERCHE' ?


In molti ricordano che è la seconda volta consecutiva che l'Italia non supera la fase a gironi del Mondiale, ed è una brutta cosa. Pessima, se pensiamo che era avvenuto anche nel 2002, il che porta a 3 su 4 i fallimenti negli ultimi 12 anni, sia pure intervallati dalla grande impresa di Berlino, ma lì alcuni giocatori vennero letteralmente toccati dal Dio del Pallone, giocando a livelli mai più ripetuti in carriera. Penso a Buffon e Cannavaro, nel 2006 i migliori al mondo nel loro ruolo, a Gattuso e Pirlo, grinta e fosforo del centrocampo, ma anche a gente come Materazzi e Grosso, due onesti pedestri, nulla di più, che invece in quei giorni divennero eroi. 
E finita la generazione dei Totti e Del Piero, prima ancora c'era stato quella di Baggio (per me il più grande di tutti)  e Vieri, fior di attaccanti cui l'attuale  Balotelli (e non credo ci sarà un futuro diverso) poteva portare la borsa. 
I meno peggiori dei nostri li troviamo principalmente tra gli over 30 : Buffon (36), Barzagli (33) e Pirlo (35). Tra i giovani era partito bene Dermian, ma poi è calato, mentre benino ha fatto Verratti, il che se non altro ci consola visto che a lui toccherà il difficile compito di sostituire Pirlo, che lascia in modo triste la nazionale. 
Insomma, il nostro calcio è in crisi, non abbiamo più campionissimi, specie in attacco e dopo il mondiale ho capito perché la Juve, che pure possedeva il 50% del cartellino di Immobile, ha preferito prendersi 9 milioni di euro dal Borussia e adesso svenarsi per provare ad acquistare il coetaneo Morata, che Del Bosque non ha portato nemmeno in panchina ( e sì che pure la Spagna,  a centravanti, non ride, come si è visto).  Lo si vede in Champions, dove sono anni che anche la semifinale appare un miraggio (a parte l'eccezione dell'Inter di Mourinho), passati i tempi della Juve di Lippi (che magari non la vinceva, ma in fondo ci arrivava) e del Milan di Carlo Ancelotti (due volte vincitore). Lì si dice che non siamo competitivi perché non abbiamo più appeal e soldi per i campionissimi stranieri, ed è senza dubbio vero, ma resta che ne compriamo in quantità industriale, se in serie A gli italiani in campo sono circa un terzo del totale ! 
Il risultato si vede in nazionale, dove ha ragione Prandelli quando dice che la qualità dei nostri giocatori mediamente non è eccelsa.  
Ogni volta speriamo di cavarcela con la tattica (sul fisico proprio no, che corrono tutti più di noi, sia in velocità che resistenza) ma non giocare, cercando di non farlo fare nemmeno agli avversari, produce sicuramente il peggior spettacolo della competizione (Uruguay Italia è stata, se possibile, ancora più brutta della partita con il Costa Rica, il che...), sconfitte non nette, ma anche la mortificante sensazione di non meritare mai di vincere. 
In 190 minuti l'Italia non solo non ha fatto nessun gol, ma ha creato pochissimo : le due occasioni di Balotelli nel primo tempo col Costarica e poi più nulla. 
Come si fa poi ad attaccarsi all'arbitro, pure pessimo ? 
Certo, se non avesse espulso Marchisio, se avesse espulso Suarez, se......
Ma gli uruguagi possono recriminare sul mancato rigore su Cavani, che ci poteva stare. 
Insomma, loro hanno fatto poco, ma noi ancora meno, e quindi alla fine è giusto che vadano avanti (mentre il Costa Rica trinofa primo a 7 punti, imbattuto anche contro l'Inghilterra, peggiore di noi, e infatti l'unica che abbiamo battuto, illudendoci "epicamente").
Tra i tanti commenti letti, riporto quello di Mario Sconcerti perché allarga di più il respiro, ponendo il problema oltre gli errori dei singoli : è il calcio italiano il grande malato, e non da oggi. 
La crisi economica ? Può darsi, ma non è che i paesi che ci sopravanzano siano tutti ricchi e festosi, anzi. 
Tutto ciò detto, resta anche il fatto che Blatter proprio ci odia. Sarà un caso ma le cose per l'Italia stanno andando malissimo da quando c'è lui (1998) alla presidenza della Fifa. Nel 2002 tutti ricordiamo l'indegno Moreno. Nel 2006 non volle nemmeno premiarci, tanto era furioso che avessimo vinto contro i preferiti francesi. Nel 2010 certo aiuti non ne avemmo e ieri, nella partita decisiva, siamo rimasti in 10 per mezzora. Insomma, come dice Buffon, noi ci mettiamo del nostro, però certo una mano non ce la danno mai, anzi.
Da tifosi tiepidi come siamo per i colori azzurri, non ci scaldiamo più di tanto, che se la stessa cosa fosse capitata in una partita anche meno importante ma con di mezzo la squadra di club del cuore, l'arbitro messicano doveva stare preoccupato. 
E anche su questo Prandelli (che ci azzecca assai di più quando si parla di cose diverse dal calcio ) non ha torto quando lamenta lo scarso calore che segue la nazionale in Italia, che accende i cuori solo quando vince. In questo senso dal 1970 siamo peggiorati, che allora la sconfitta contro il Brasile vennne presa molto male (esagerando anche, coi pomodori a Fiumicino contro Valcareggi che aveva escluso Rivera dalla finale), mentre adesso a nessuno frega nulla.
In molti altri paesi non è così, e non penso solo al tradizionale patriottismo dei paesi sudamericani (Brasile, Argentina, Uruguay, ma anche gli altri, Cile, Colombia...), ma anche di alcune nazionali europee dove la squadra nazionale viene seguita con calore non inferiore a quello per i club (mi vengono in mente Francia, Germania e anche Spagna, anche se adesso c'è la grana della Catalogna). 
Ho diversi amici che ancora prima della disfatta di ieri mi dicevano : a me m'importa solo della Roma.
Ecco, probabilmente anche in altre città molti la pensano così.
Temo che sia indizio di un sentimento non bello che travalichi il semplice calcio.





Basta Alibi È Un Calcio da Cambiare
Mario Sconcerti 




Qualunque cosa abbia fatto l’arbitro, chiunque sia Suarez, che ha comunque confermato di dover continuare le sue sedute con lo psicologo, questa contro l’Uruguay non è solo una partita persa, è il crollo del calcio italiano. Avevamo avuto molti segnali. Non siamo solo eliminati, cambia profondamente il nostro status di vecchia potenza. In Sudafrica poteva esserci stata l’eutanasia di una generazione carica di gloria, ma uscire per la seconda volta al primo turno è un limite sconosciuto alla nostra storia. È su questo che dobbiamo riflettere, non sulle piccole fasi di una partita lungo la quale, di nuovo, non abbiamo fatto un tiro in porta. Questa è la crisi di tutto: di Prandelli, certamente, che non ha mai trovato una squadra, è arrivato senza attaccanti in rosa fino a dover chiudere il mondiale con Chiellini centravanti. Ma ridurre tutto all’allenatore sarebbe come non voler vedere il buio nella notte. La nazionale è il risultato di un’intera organizzazione. Perdere quasi senza gareggiare per due Mondiali di fila significa non aver organizzato niente, aver travolto una macchina industriale che ha sempre funzionato. Succede raramente che i protagonisti abbiano la dignità di prendersi al volo le loro responsabilità. Di questo va dato atto agli uomini. Ma non c’è dubbio che le colpe, soprattutto della presidenza federale, siano troppe e da troppo tempo evidenti. Siamo senza soldi, senza pubblico, senza stadi, senza giocatori e senza giovani. Non abbiamo campioni e non sappiamo più costruirne. Non abbiamo certezza delle regole in nessun campo, dalla giustizia sportiva a quella televisiva. Abbiamo solo 80 mila ultrà schedati dalla polizia di cui siamo in discreta balìa. L’errore è così evidente da essere ovunque. Servono nuovi slanci, nuovi uomini che li sappiano imporre. Il calcio italiano è un’azienda enorme e riguarda tutti. Non c’è una sola società, un solo popolo tifoso, che possa permettersi una crisi di sistema di queste proporzioni. Rendiamo grazie a Prandelli che, venendo travolto, ha avuto almeno il merito di farci vedere la nostra agonia in diretta. Ora non ci sono più alibi. Il vecchio calcio italiano è finito. Bisogna tornare ad avere interessi comuni, non a tentare soltanto di ingannarsi sugli arbitri e sul mercato. Il livello è troppo basso per tutti. E ormai insopportabile.



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