venerdì 6 giugno 2014

QUANDO MASANIELLO DIVENTA LA MAGISTRATURA


Controverse le reazioni alla lettura del commento di Goffredo Buccini, sul Corsera, in ordine all'ennesimo scandalo tangentizio, quello del Mose (ma se il nome fu ispirato al patriarca biblico, non si dovrevve scrivere Mosè ? ). Molte delle cose che scrive le condivido ma la sensazione è che se l'analisi è giusta, per lo più, qualcosa nelle conclusioni stona.
Forse è lo strabismo che l'autore dell'articolo manifesta quando, nel fare esempi negativi, guarda sostanzialmente solo da una parte (anche se ammette che "alcuni obbrobri sono bipartisan". E quindi quando si lamenta del voto incoerente degli italiani animosi di "giustizia" e adoratori fanatici del pool di mani pulite e del suo alfiere, Tonino Di Pietro, fa riferimento evidente al voto per Berlusconi allora, e per Fitto, oggi. Quando ricorda che abbiamo il mito dell'uomo della provvidenza, utile anche perché ci sia qualcun altro a fare quello che come popolo proprio NON ci viene, cita Grillo, probabilmente pensa al Cavaliere, ma stranamente NON nomina l'attuale catalizzatore della speranza degli italiani, cioè Renzi. Eppure l'errore è lo stesso, IDENTICO : " un uomo solo non può fare ciò che milioni di uomini assieme non hanno neppure la forza morale di tentare."

E Buccini non sembra poi diverso dai manettari che critica quando, fatta la premessa di stile che Fitto è innocente fino alla pronuncia della Cassazione (lo dice la costituzione, è questo il problema di queta gente : tocca cambiarla ! ) però fa presente che non è una bella cosa che poi i cittadini votino in massa ( oltre 200.000 preferenze) uno che in primo grado ha preso una condanna di 4 anni. Il nesso logico caro Buccini dov'è ? 
Non sono le uniche stonature, diciamo le più stridenti.
Peraltro come non essere d'accordo quando contesta a noi italiani il "complesso di Masaniello" ? E quando individua nella magistratura penale il nuovo "capitano del popolo", sia pure in veste collettiva ? 
Il mettere in evidenza come stavolta, nella vicenda veneziana, i coinvolti non sono i soliti politici con gli imprenditori disonesti e mazzettari ma anche la spesso a torto esaltata "società civile" ?  Un generale della guardia di finanza, un giudice della corte dei conti, e poi giù per li rami fino alle semplici segretarie...
Insomma noi italiani abbiamo l'indignazione facile, ma alla prova dei fatti riscontro che è fin troppo spesso vera la frase letta in un libro di Scott Turow "Sai perché un cane si lecca le palle ? Perché lo può fare".

L’eterno ritorno della mazzetta
 e le colpe di noi cittadini indignati 
 
Se le accuse della Procura di Venezia non sono un abbaglio, non troviamo solo politici e manager nella melma del Mose, ma funzionari e magistrati, travet e segretarie, ufficiali e burocrati, la famosa e sempre evocata società civile. Giusto la primavera di ventidue anni fa, Borrelli, Di Pietro e Colombo si fecero la famosa e molto fotografata passeggiatina in Galleria, a Milano, a inchiesta Mani pulite appena decollata, e la società civile s’accalcava adorante attorno a loro: padri di famiglia stufi del giogo tangentista si spellavano le mani ad applaudire con i figlioletti in spalla. «Tonino, arrestali tutti!», strillavano.
«Viva il re, morte al malgoverno», strillavano del resto tre secoli e mezzo prima i napoletani al seguito di Masaniello, assaltando la casa del gabelliere Girolamo Letizia, affamatore e noto «ladro di Stato», diremmo adesso, simbolo del male che ciascun lazzaro d’allora sentiva oscuramente di portarsi nell’anima. Masaniello, cui il popolo affidò titolo di Capitano e palingenesi collettiva, fu innalzato su un piedistallo così alto da perdere la testa in un amen e di lì a poco venne eliminato da coloro che tanto l’avevano amato.
Sembra una condanna nazionale — per una nazione che ha sempre vissuto lo Stato come nemico — questa specie di coazione a ripetere tenace nei secoli. In un’Italia che forse ha raggiunto l’unità portando al Nord non i (molti) pregi ma i (gravi) difetti del Sud (per fare due esempi, il leghista Belsito e i vertici lombardi della ‘ndrangheta), non allargando l’etica calvinista ma introiettando il perdonismo clericale, siamo in fondo tutti un po’ vittime del complesso di Masaniello. All’alba di Mani pulite giravano agiografie in cui si narrava che Di Pietro l’estate prima aveva salvato una donna in mare, acclamato «come un Dio» dagli altri bagnanti. Sempre deleghiamo il nostro riscatto a un salvatore che, poi, invariabilmente ci deluderà (non ce ne voglia il nuovo e già ammaccato Prescelto, Beppe Grillo) perché un uomo solo non può fare ciò che milioni di uomini assieme non hanno neppure la forza morale di tentare.
Non serve nemmeno guardare al Mose, all’Expo o ai cento scandali più recenti. Chiunque conosca un piccolo costruttore edile sa che è uso comune mettere la busta dei soldi nel fascicolo, quasi a prescindere, ormai. Semplificare? Certo, giusto. Ma la procedura d’emergenza, che è il massimo della semplificazione, è anche quella in cui i corrotti hanno prosperato di più. Molti ricordano che per vent’anni sono state manomesse più o meno ad personam le leggi che arginavano i reati economici. Tuttavia la «sterilizzazione» del falso in bilancio fu sollecitata a Berlusconi dal meglio dell’imprenditoria nostrana, ed è datata 2002: tempo per rimediare il centrosinistra ne avrebbe avuto, poi. Alcuni obbrobri sono bipartisan . Gli stessi italiani che osannavano il pool Mani pulite hanno eletto e rieletto un premier che lo considerava un’associazione a delinquere. La società di coriandoli di cui parlava anni fa Giuseppe De Rita ha sostituito anche nel campo tangentista le vecchie élite dei partiti, gli inossidabili Greganti o Frigerio ora sono più volatili. Ma il vero problema siamo noi. Noi che, scandalizzati, ci prepariamo ad applaudire il bravo Cantone e la tanto sospirata legge anticorruzione continuando a badare al nostro particulare . Sono i voti, e non gli arresti, le armi di una vera società civile. Ebbene, se Raffaele Fitto, certo innocente per legge fino alla Cassazione ma con addosso quattro anni di condanna in primo grado per corruzione, è il più votato alle Europee dopo la Bonafè, beh, questa società civile in qualche modo si definisce, si qualifica. A colmare la distanza con un’idea occidentale e moderna di Stato non potrà essere il Masaniello collettivo del nostro tempo, la magistratura penale. I coriandoli potranno resistere nel vento solo se, aderendo gli uni agli altri, sapranno darsi coscienza e dignità di popolo.

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