giovedì 5 giugno 2014

QUELLO STRANO FASCINO DEI PM SUL GIOVANE PREMIER

 
Stasera alle 19,30 sarò sul Barcone della Società Romana Nuoto, lungotevere Augusto. a Roma, all'altezza dell'Ara Pacis, per la presentazione della nuova avventura giornalistica di Pietro Sansonetti  : IL GARANTISTA. Quotidiano coraggioso che segue il solco già tracciato da un'altra iniziativa editoriale, Gli Altri, e che continuerà a battersi per la sconfitta del giustizialismo in Italia.
Il che vuol dire anche lottare per un ritorno negli argini del fiume impetuoso dei magistrati,  tracimato da oltre 20 anni (s'iniziò con Tortora, ma l'esondazione si ebbe con mani pulite).
Pietro Sansonetti è uomo di Sinistra, senza se e senza ma, uno che è stato comunista, e che conobbe bene la stagione di quei primi anni '90 quando si scatenò Tangentopoli. Del filo rosso tra Procura Milanese e i principali giornali italiani (Corriere, Repubblica, ma anche L'Unità)  lui fu diretto testimone, e ne racconta, da pentito, nelle pagine del suo bel libro "La Sinistra è di Destra". Il titolo è riferito principalmente all'affermazione, corretta, che il giustizialismo, con le sue derive manettare e forcaiole, nasce come creatura tipica della destra reazionaria, ed è invece diventato pane quotidiano della sinistra moderna, inizialmente per opportunismo probabilmente , ma poi si sa, l'"educazione diventa natura", e 20 anni di "educazione" sono tanti...
Anche Claudio Velardi è uomo di Sinistra, esponente importante della squadra Dalemiana ai tempi, ormai remoti, dello splendore del "Lider Maximo", divenuto primo presidente del Consiglio (ex)comunista della Repubblica Italiana. E anche Velardi si batte per il cambiamento della giustizia in senso garantista e , conseguentemente, per come stanno le cose in Italia, per un confronto netto, anche aspro, con la casta magistratuale, la cui riforma è perno imprescindibile dell'altra più ampia.
Lo scrive da tempo, e lo ribadisce oggi, dopo l'ennesimo scandalo di tangenti milionarie, col solito spettacolo di arresti a decine, manette da esibire in tv, gogna mediatica. Tutto questo dopo oltre TRE anni dall' apertura delle indagini, quando parlare di inquinamento delle prove, pericolo di fuga e anche reiterazione del reato lascia un po' perplessi : se queste cose erano nella mente degli indagati, ne avevano avuto di tempo per metterle in atto...a meno che non abbiano le prove che il malaffare è continuato nonostante i protagonisti sapessero di essere seguiti, intercettati...una bella manica di idioti !.
La denuncia di Velardi non riguarda la mera presunzione d'innocenza, che pare infastidire oggi anche i cerchiobottisti come Beppe Severgnini (figuratevi gli altri), ma questo modus operandi, fatto di fughe di notizie, titoloni di giornali, dichiarazioni forzute degli inquirenti, in una spettacolarizzazione cui non segue quasi mai rapidità ed efficienza del processo vero e proprio.
Ma questo non interessa a nessuno, né ai pubblici ministeri (e anche i GIP) né tantomeno ai giornalisti. Quanto ai destinatari di tutto questo show, che volete che interessi il processo ? Per il pubblico dei cittadini, quella gente ormai è colpevole, ancorché fosse assolta. In quel caso si penserebbe che le amicizie e i poteri "oscuri" avranno avuto la meglio sulla giustizia...
Badate, né Velardi, né io sosteniamo che Orsoni, Galan, il generale della Guardia di Finanza Emilio Speziante o  il giudice della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, per citare i nomi più ridondanti, per fama e/o per ruolo, sono dei perseguitati. Non lo sappiamo, potrà darsi di sì come il contrario. Quello che proprio NON va , ribadisco, è questo cliché che si ripropone, sempre uguale, e a cui nessuno sembra voler realmente porre fine.
Velardi si rivolge al Presidente del Consiglio attuale, rivolgendogli quasi un appello : che il processo NON faccia il suo corso, NON questo tipo di corso ! 
Ora, se c'è un campo nel quale Renzi sta deludendo, questo è quello della giustizia, e la fascinazione che l'uomo sembra avere per i pubblici ministeri, preferiti come consulenti legali (prima Gratteri, ora l'appena pensionato Procuratore capo di Firenze, senza scordarci il commissario messo all'' Expo, Raffaele Cantone), non promette nulla di buono. 
Sbagliarsi questa volta non solo ce lo auguriamo, sarebbe proprio bellissimo ! 



La giustizia non faccia il suo corso


mose Naturalmente è tutto un fiorire di “nessuno intralci il lavoro dei magistrati” e “la giustizia faccia il suo corso”. E domani saranno prime pagine grondanti indignazione e condanne preventive.
Parlando di Mose e Venezia, il popolo bue nei bus troverà l’ennesima conferma che i politici (gli stessi che il medesimo popolo bue vota e voterà anche la prossima volta) sono tutti ladri. I forcaioli invocheranno pene esemplari. I sociologi scopriranno che la corruzione non ha frontiere (titolo: c’era una volta il mitico Nord-Est). L’editoriale di Stella è già pronto, con annesso proverbio vicentino. I moralisti spargeranno lacrime amare. Cacciari dirà: “L’avevo detto” (stamattina alle 10.30 l’ha già detto). E ci sarà gloria anche per le implacabili accuse degli ambientalisti: per forza doveva finire così, la malattia è in re ipsa. Nell’opera in sé, il maledetto Mose. Come tutte le grandi opere, che – chioseranno all’unisono i commentatori – mobilitano tanti soldi, e i soldi attirano politici e affaristi, e le tangenti scorrono a fiumi. Infatti – sibilano già le fonti anonime – c’è qualche conto all’estero, altri filoni di indagine si aprono, si attendono ulteriori e clamorosi sviluppi. E dunque – concludono sin da ora siti e giornali – siamo solo al vertice della piramide della corruzione, è stato aperto (sic) il vaso di Pandora della nuova Tangentopoli veneta, ed ecco a voi la storia infinita del Mose, la biografia di Orsoni, la parabola di Galan fedelissimo di Berlusconi.
Nel frattempo, al momento si trovano in galera (per reati ipotizzati) 35 persone, sindaco di Venezia in testa, si prepara una richiesta di arresto per il parlamentare, e un altro centinaio di persone sarebbero indagate (sempre secondo fonti della Procura veneziana), per un’inchiesta partita tre anni fa. (In galera. Perché? C’è pericolo di fuga e sottrazione al processo ed alla eventuale pena? Pericolo di reiterazione del reato? Pericolo di turbamento delle indagini?).
Però tranquilli. Da dopodomani, come questa inchiesta si svilupperà, in che tempi, e quale sarà il suo esito, non interesserà più a nessuno. Il protagonismo della magistratura sarà stato garantito da annunci e foto di manette tintinnanti, la Guardia di Finanza avrà tenuto la sua brava conferenza stampa, i giornali avranno emanato le loro condanne, e la politica avrà subito un altro, duro colpo. Questo basta. Che poi il processo si faccia e si concluda rapidamente, che i condannati via media siano o no colpevoli, questo è del tutto ininfluente e per nulla interessante.
Direte: è tutta roba già vista, funziona così da 20 anni. Vero. Salvo che oggi, finalmente, c’è un politico legittimato a spezzare l’infinita catena di inciviltà della giustizia mediatica italiana.
Matteo Renzi ha ricevuto domenica scorsa un’investitura popolare che gli consente non dico di fare quantomeno di usare un altro linguaggio, di fare intendere con chiarezza che si intende imboccare una nuova strada, di non appiattirsi sulla retorica dominante.
Eviti, dunque, l’ipocrisia del “la giustizia faccia il suo corso”. Perché il problema è esattamente questo: il corso dei tempi eterni dei processi, delle carte diffuse a piacimento ai giornalisti, delle carcerazioni preventive non giustificate.
Riapra il capitolo della responsabilità dei giudici, già sfiorato in qualche occasione, perché la categoria esca dalla condizione di totale immunità di cui gode – unico tra i paesi civili – in Italia.
Metta al primo posto della sua agenda una riforma organica della giustizia. E la avvii rapidamente.

Sappia, il giovane fiorentino, che la battaglia sarà dura e lunga. Cominci ad affrontarla oggi, mentre è all’apice della sua forza. Anche con le parole giuste. In attesa d’altro.

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