giovedì 10 luglio 2014

"ERRANI PRESUNTO INNOCENTE". GIUSTO ! E GENOVESE ? E ORSONI ? E SCOPELLITI ? IL GARANTISMO NON E' SIMPATIA


La condanna di Errani ha creato qualche smottamento nelle file piddine, che, levatesi come un sol uomo a difesa del proprio governatore, si sono viste rinfacciare opportunismo, incoerenza e peggio.
Su Twitter, Claudio Cerasa, caporedettore de il Foglio, aveva constatato : "oggi il PD con il caso Errani, sta facendo quello che ha sempre contestato al centrodestra : contesta una sentenza della magistratura". 
Al che Renzino, nemmeno a caldo, ma dopo averci pensato su, ha preso l'iphone e ha twittato a sua volta : "Finché non c'è sentenza passata in giudicato un cittadino è innocente. Si chiama garantismo, ricordi ?".
Ora, francamente la cosa in me suscita imbarazzo. C'è gente, decisamente ottimista - temo fino all' ingenuità - che interpreta questo messaggio come la "svolta garantista" di Renzi. Scrive così Enrico Novi e io proprio non riesco a condividere il suo entusiasmo.
Sembra non ricordare, cosa che invece fa non solo Davide Giacalone, nel suo articolo di seguito riportato, ma anche il Direttore de Il Garantista, il quotidiano sul quale Novi pubblica il suo post, che certe dichiarazioni, "noi siamo garantisti", le aveva fatte anche la Boschi, quando veniva contestato al PD di aver ben quattro sottosegretari governativi inquisiti se non proprio imputati.
Poi arrivò il caso Genovese, e poi ancora Orsoni, e il garantismo è scomparso. 
Qualcuno potrebbe osservare che Genovese e Orsoni appartengono all'area democrat (anche se in un primo momento, facendo una figura di palta, qualcuno nel PD si era affrettato a dire che il sindaco di Venezia "non era iscritto al partito"....veramente la vergogna non ha padri) , ma non risponderebbe a tono, per due motivi : 1) ci sono i colleghi di partito e ci sono gli "amici", ci sono i sacrificabili alla propaganda e alla demagogia e quelli no, per motivi anche di meri equilibri di maggioranza 2) il garantismo è un PRINCIPIO, non è un vestito che si mette quando piace. 
Sansonetti ricorda Scopelliti, il presidente della regione Calabria, quando fu condannato in primo grado (la condanna di Errani è al secondo...) per abuso di ufficio, e il PD, i giornali, i magistrati chiesero tutti a gran voce le dimissioni e osserva : 
"Renzi ha scritto che difendere Errani è garantismo. Non è così : tutti, da che mondo è mondo, difendono gli amici. E' una cosa bella, giusta, ma non è garantismo. 
Il garantismo è una cosa un po' poù complicata: difendere i nemici."
E qui scatta l'applauso


Ma anche il post di Giacalone merita totale apprezzamento.
Buona Lettura



Garantismi senza garanzia



La linea di confine fra il garantismo e l’innocentismo è molto netta, eppure c’è chi non la vede, specie se si dice garantista solo quando si tratta di beneficiare un amico o evitare problemi politici.
Il garantismo, che qualche volta è scomodo e impopolare, comporta adesione piena ai principi del diritto, in difesa dei diritti, il che esclude ogni possibile doppiopesismo. 
Il garantismo più convincente è quello che si applica non solo agli avversari, ma anche a quelli che si ha l’impressione abbiano torto. Tale premessa per dire: nel caso di Vasco Errani più che garantismo mi pare che il Partito democratico abbia messo in scena un’ipocrisia oscena, per giunta con il presidente del Consiglio che ha pesantemente interferito con il lavoro della magistratura.
Errani è certamente un innocente. Tale sua condizione potrà cambiare solo nel caso di una condanna. La condanna esiste solo quando definitiva. Vale per lui e vale per tutti. Aggiungo che, in generale, preferisco sperare che le persone siano innocenti, piuttosto che colpevoli. Posto ciò, e posto che ciascuno è libero di fare le scelte che crede, Errani sbaglia a dimettersi. O, meglio, sbaglia a dimettersi ora. La condanna in secondo grado non modifica di un capello la sua innocenza, quindi, delle due l’una: ove avesse ritenuto che la difesa della propria onestà e l’integrità delle istituzioni imponessero di separare la sua condizione d’imputato dalla sua posizione di presidente di una regione, si sarebbe dovuto dimettere il giorno del rinvio a giudizio; ove ha ritenuto, invece, che fra le due cose non vi sia alcuna incompatibilità morale (giuridica no di sicuro), allora non avrebbe dovuto dimettersi dopo la sentenza, non definitiva, di condanna. Visto da questo angolo, il suo è uno scatto umorale, o un modo per chiamare il partito alla difesa.
Non solo il suo partito, ma il governo gli chiedono di restare. Il governo, del resto, nel marzo scorso, aveva già argomentato che dei sottosegretari possono ben essere degli imputati o degli indagati, senza che questo intacchi la loro innocenza. Noi plaudimmo, mentre a molti loro compagni fecero male le manine, visto che avevano ripetutamente sostenuto il contrario. Male per loro, ma conta poco. Ora, però, sta di fatto che il Pd di Renzi, con molti suoi esponenti, non perde occasione per ripetere: noi l’onorevole Francantonio Genovese, nostro compagno, lo abbiamo fatto arrestare. E qui casca il primo asino: e vi pare un vanto? Genovese resta un innocente, non ho idea (forse loro sì?) circa la sua estraneità ai fatti contestati, ma è un parlamentare e il suo arresto non aveva alcun fondamento circa il possibile inquinamento delle prove (lo avrebbe già fatto), la fuga all’estero (idem) o la reiterazione del reato. Non lo si sarebbe dovuto arrestare in quanto cittadino, figuriamoci in quanto parlamentare. Perché, allora, lo hanno consegnato alle patrie galere? Per pura e vile propaganda (tanto che c’è stato meno di una settimana, per poi andare ai domiciliari, segno che la custodia in carcere era sproporzionata fin dal primo minuto).
Il guaio grosso arriva ora. Quando è stato arrestato il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, il segretario del Pd & capo del governo disse: il problema non sono le regole, ma i ladri. Orsoni ha provato a patteggiare (fra parentesi: queste cose o restano riservate o non hanno senso, perché uno che patteggia ammette una colpa, se poi il giudice dell’udienza preliminare smentisce la procura quello si trova in una condizione insostenibile), ma non ha ammesso di avere rubato nulla a nessuno, bensì di avere fatto da tramite per il finanziamento delle campagne politiche. Che erano del Pd. Non solo con Errani, che è accusato di avere favorito il fratello e le Coop, quindi di un reato non consustanziale all’attività politica, s’usa il garantismo per altri negato, ma il presidente del Consiglio ha messo il piede su materia molliccia e maleodorante quando ha auspicato che la Corte di cassazione riconosca l’innocenza di Errani. E lo ha fatto pubblicamente. Il guaio è che il capo del potere esecutivo non può e non deve auspicare un bel niente, circa le sentenze dell’ordine giudiziario. Fra i capisaldi del garantismo c’è il rispetto della separazione dei poteri, che vale quando i magistrati invadono il campo come quando lo invade il governo.
Perché capita questo? Per due ragioni. La prima è che la cultura garantista, in certuni, è poca cultura e tanta voglia di scantonare. La seconda è che Errani non è un agnello sacrificabile alla politica, e se anche decide di sgozzarsi da sé solo gli va impedito. Se cade lui cade un pilastro del sistema socio-politico-economico che regge quel che resta del Pci e quel che ancora non è aereo del Pd, e se cade lui non è detto che si trovi un sostituto, sia perché non è detto la sinistra vinca ancora, sia perché non è detto il successore sia della stessa pasta. Si veda quel che è successo al comune di Bologna.
Errani è un anello di congiunzione e continuità fra il potere di ieri e quello di oggi. Mica un renziano aggregato come Genovese, la cui presunzione d’innocenza non merita difendere e sostenere.

Davide Giacalone 

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