lunedì 18 agosto 2014

CANTONE E IL DELIRIO DEGLI "AGENTI PROVOCATORI"


Francamente trovo sconcertante parte delle diochiarazioni del nuovo cocco di Renzino, il magistrato Raffaele Cantone, prestato al controllo dell'EXPO e magari commissario speciale anti corruzione in pectore.  A parte l'approccio inevitabilmente poliziesco di un pubblico ministero, per il quale la società si cambia a colpi di manette e anni di carcere (sarà un altro degli eroi di Travaglio costui !!) anziché trasfromarla in modo da rendere meno facile i fenomeni corruttivi (per esempio semplificando le regole, eliminando o riducendo grandemente il ruolo della intermediazione politica, cose così...), c'è di più.  Pur di ottenere lo scopo di "stanare" il corrotto, si arriva a concepire l'istigazione al reato ! Perché cos'altro fa l'"agente provocatore" di cui Cantone parla nell'intervista rilasciata al Corriere se non istigare qualcuno a commettere un reato (accettare denaro per compiere un atto illecito) ? 
Qui non si tratta di "scoprire" i reati ma di provocarli !
Poi parla di intercettazioni più facili....Siamo il paese col record mondiale delle intercettazioni, con nessuna sorveglianza di legge volta a tutelare le persone non coinvolte, con centinaia di milioni di euro spesi il cui ritorno è assolutamente deficitario.  Ancora più facili dottor Cantone ??
Voglio sperare, tornando agli agenti provocatori - cui devono aggiungersi gli infiltrati - che nell'intervista manchi una precisazione, e che Cantone si riferisca a uno strumento del genere da utilizzare laddove GIA' si sia convinti, per indizi congrui, di trovarsi di fronte ad un funzionario corrotto, e quindi andare a cercare la prova regina attraverso questo mezzo (che è quello sono convinto che accada nel caso della criminalità organizzata).  Ma non una sorta di pesca a strascico, con l'intento di creare un clima di caccia alle streghe e con una sorta di prova di moralità : vediamo se resisti alla tentazione.  Se così fosse, allora allarghiamola a tutte le categorie, sempre, a tappeto, magistrati compresi. E teniamoci forte, in attesa del risultato...
Cantone non è uno stupido, e condivido per esempio quando dice che contro i corrotti sia molto più punitiva la sanzione dell'interdizione e della confisca dei beni, frutto della corruzione, piuttosto del carcere. Ma come detto, il suo approccio è poliziesco, mentre se un sistema porta in sé i germi inevitabili della corruzione, è il sistema che è sbagliato e quindi da cambiare !



Cantone: contro i corrotti infiltrati e agenti provocatori 
Falso in bilancio, più severità

 

ROMA — Intercettazioni più facili, agenti provocatori che simulano la corruzione, benefici di pena e non solo per l’imprenditore e il pubblico ufficiale che si autodenunciano e collaborano. L’ex magistrato Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) dal 28 aprile (ma operativo solo dai primi di luglio), indica quali potrebbero essere nuovi strumenti investigativi per combattere il malaffare dei colletti bianchi. Ma poi, nella sua nuova veste di capo di una squadra di controllori indicata dal governo, Cantone rassicura anche gli imprenditori (soprattutto quelli impegnati con l’Expo) che temono la scure dell’Anac: «Noi non emetteremo mai provvedimenti di commissariamento degli appalti se non c’è una base probatoria particolarmente forte».
Presidente Cantone, la crisi favorisce o frena la corruzione?
«In periodo di crisi si riducono le occasioni di lavoro e quindi c’è anche più concorrenza sul piano della corruzione. Tuttavia, il numero minore di affari rende numericamente meno significativa la corruzione. Però, mi faccia aggiungere una cosa: la presenza della corruzione è di per sé un “volano” della crisi. Dove c’è corruzione si innesta un meccanismo che tende ad allontanare gli investimenti».
Per l’Expo di Milano, preoccupano i tempi di consegna delle opere. I controlli anticorruzione potrebbero rallentare i cantieri?
«Certo, c’è una corsa contro il tempo. Io sono stato nei cantieri il 13 agosto e ho visto molte opere a buon punto...».
Sì, però, dopo l’inchiesta che ha portato in carcere due glorie degli appalti come Greganti e Frigerio, i controlli dell’Anac rischiano di rallentare i lavori?
«Non ho notizie in questo senso, il commissario di Expo ad oggi dice il contrario. Noi siamo presenti con controlli molto approfonditi ma, a seconda del tipo di appalto, diamo le nostre risposte in 7-15 giorni. In genere diamo delle prescrizioni che sono state quasi sempre accolte con il risultato che, forse, il meccanismo è più farraginoso. Ma tutto questo rappresenta pur sempre una garanzia per lo stesso management dell’Expo. Non dimentichiamo che il controllo arriva dopo note vicende».
È sciolto il nodo del rapporto tra l’Anac con la magistratura. Lei vorrebbe essere avvertito per tempo dalle procure quando viene acceso un faro su un appalto.
«Guardi, i miei rapporti con gli uffici giudiziari sono stati perfetti. In primo luogo quelli con la procura di Milano con la quale c’è massima collaborazione bilaterale. Tuttavia, l’istituto del commissariamento si applica non solo ai grandi appalti ma anche ai lavori di cui i giornali non parlano: per questo alcuni fatti corruttivi potrebbero non arrivare alle nostre orecchie. Ecco perché vedrei bene che l’autorità giudiziaria desse comunicazione all’Anac quando le indagini diventano pubbliche. Prima di questo momento noi non abbiamo alcun interesse a conoscere gli atti».
Con i poteri che le sono conferiti, le imprese temono commissariamenti facili. C’è del vero?
«Qualcuno ha detto che il commissariamento scatterebbe in presenza di elementi di mero sospetto. Ma questa impostazione è già stata smentita nella vicenda dell’appalto della Maltauro: in quel provvedimento ho detto che il presupposto per poter disporre il commissariamento è una base indiziaria molto grave. Quanto meno quella idonea a giustificare una custodia cautelare o un rinvio a giudizio».
Gli appalti vengono assegnati con il meccanismo del massimo ribasso che poi, con le varianti in corso d’opera, diventa massimo rialzo.
«Questo dell’aggiudicazione degli appalti è un dei temi centrali per la lotta alla corruzione. L’appalto ideale sarebbe quello in cui una progettazione abbastanza specifica poi impedisce le varianti. Quindi se tu sai che le varianti non possono essere fatte in corso d’opera, il ribasso alla fine non sarà così forte: quindi, ci vorrebbero stazioni appaltanti molto attrezzate per evitare che le varianti diventino regola e non eccezione. Per ora, comunque, abbiamo ottenuto che le varianti particolarmente onerose ci debbano esser segnalate dalle stazioni appaltanti. E questo ci consente di accendere un faro sui lavori anche perché, alla fine, il massimo ribasso favorisce le imprese mafiose. Quelle cariche di liquidità che possono pure pensare di vincere un appalto senza grandi guadagni».
Nel campo delle intercettazioni servirebbe estendere gli strumenti investigativi usati contro la criminalità organizzata anche ai reati di corruzione?
«Nel caso di indagini contro la criminalità organizzata, per fare le intercettazioni non sono necessari i gravi indizi, mentre le “ambientali” si possono estendere anche ai luoghi in cui non si ha la certezza che lì si stia consumando un reato. Ecco, prevedere tutto questo anche per i reati di corruzione mi sembra una delle strade migliori».
Falso in bilancio: si aspetta che il governo proponga una pena superiore ai 5 anni in modo da consentire le intercettazioni se si procede per quel reato?
«Una norma seria sul falso in bilancio, con pena adeguata che consenta le intercettazioni, rappresenterebbe un ostacolo per i fenomeni di corruzione. Il corruttore ha quasi sempre necessità di truccare i bilanci per far uscire il denaro».
Lei ha proposto di utilizzare l’agente provocatore che si finge corruttore. Il modello è quello delle indagini antidroga?
«Al governo direi di ampliare gli istituti dell’agente provocatore validi per la criminalità organizzata. Non solo il classico infiltrato. Penso anche a chi si finge corruttore, come in materia di droga dove esiste il simulato acquisto...».
Si passerebbe alla simulata corruzione.
«Sì, un agente provocatore offre a un pubblico ufficiale una grossa somma di denaro per avere un significativo atto a suo favore. Tutto questo, comunque, avverrebbe con le garanzie di legge e sotto il controllo dell’autorità giudiziaria».
Questa tecnica investigativa estesa agli appalti provocherebbe una strage. Non trova?
«Qual è la funzione dell’agente provocatore? Scoprire i reati, certo. Ma anche quella di rendere estremamente pericolosi, per chi ci vive a contatto, i meccanismi corruttivi».
Servirebbero pure i collaboratori di giustizia con il colletto bianco?
«Servono meccanismi di attenuazione significativi della pena per chi collabora. Sarebbe eccezionale, se oltre alle intercettazioni e agli agenti provocatori, il governo scegliesse anche la via dei benefici. Non mi scandalizzerei se all’imprenditore, o anche al pubblico ufficiale che collabora, venisse scontata anche l’interdizione dai pubblici uffici».
Contro la corruzione serve più il carcere o l’interdizione?
«Per i colletti bianchi esistono pene molto più forti rispetto al carcere. E penso all’interdizione ampia e alle confische dei beni» .
Dino Martirano

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