martedì 5 agosto 2014

FASSINA : BASTA TAGLI ALLE SPESE. FALSA LA NARRAZIONE LIBERISTA


Ecco il punto di vista di Fassina, che lo dice chiaro e tondo, esprimendo peraltro il pensiero vero della sinistra tradizionale :  NON ci sono tagli alla spesa da fare. Ne abbiamo fatti anzi fin troppi. Ricordo che era anche la vulgata di Bersani alla vigilia delle elezioni del 2013... Mi piacerebbe pensare che è per questo che le ha perse ma so purtroppo che non è così. Il velleitario smacchiatore di giaguari fece fiasco perché  sottovalutò, più che la tenuta del centrodestra (che comunque prese solo lo 0.5% in meno della sinistra...), le dimensioni del fenomeno Grillo, non certo perché faceva intendere che la sua politica economica non avrebbe riguardato dei tagli alla spesa bensì a prendere "di più a chi ha di più" (ricordate ? io sì).
Fassina ribadisce il concetto, anche se non rinnega la sua esternazione a proposito dell'esistenza di una evasione fiscale da "sopravvivenza". E già perché chi non è ottuso o pasciuto dal sicuro stipendiuccio statale, che , anche quando è basso, arriva con certezza, insieme ad una serie di benefit (ferie, malattie, permessi, aspettative, pensione un domani, anche se non si sa più in che dimensioni) che un autonomo si sogna, comprende che per molti il guadagno per vivere e continuare a lavorare viene proprio dai soldi che riesce a sottrarre alla mano rapace dello stato. La sinistra ha demonizzato il risparmio, che tanto aveva costruito per i suoi salariati un sistema che ne poteva fare a meno, con servizi gratuiti, il lavoro  - e lo stipendio - garantito, e poi la pensione uguale allo stipendio. Nulla da eccepire, (ad avere i soldi per pagare tutto questo...), ma queste garanzie chi non è dipendente pubblico (o, un tempo, di medie e grandi aziende) non le ha MAI avute. E quindi i suoi paracadute sociali se li doveva creare da sé.  Voglio vedere adesso che NON è più così nemmeno per i dipendenti, ché la pensione contributiva non equivarrà allo stipendio a cui il lavoratore era abituato e che spendeva pressoché per intero !
Si parla tanto, e da tempo, di pensione integrativa, ma, di grazia, con quali soldi i cittadini se la dovrebbero pagare se la pressione fiscale non consente alcun risparmio ??
Agli esperti di economia chiedo di leggere la lettera di Fassina al Corsera e di rispondergli. A me non torna il ragionamento che  lui riporta, e mi sembra strano che a sbagliare sia uno come Mario Draghi, cui dobbiamo la tregua dello spread, che continua a ripeterci, da tre anni senza soste, che dobbiamo ridurre le tasse e le spese. Sarà anche lui come tutti coloro che leggo ( Ricolfi, Giacalone, Alesina, Giavazzi, Ostellino, Panebianco, Galli della Loggia) un adepto della vulgata liberista...
In Spagna però questo hanno fatto, insieme ad una importante riforma del lavoro fondata su una concreta flessibilità in entrate e in uscita, e dopo 3 anni loro sono in ripresa . Noi no. 

 




Troppe illusioni sui tagli alla spesa



Caro direttore, la parabola di Carlo Cottarelli, professionista di prima qualità, forse è utile a ridefinire i rapporti tra politica e economia.
La prima causa della parabola-Cottarelli è la narrazione ideologica sulla spesa pubblica, purtroppo condivisa anche da larghi settori di una sinistra culturalmente subalterna: la spesa pubblica italiana è abnorme. No, è vero il contrario: la spesa primaria corrente italiana (spesa totale meno spesa per interessi e investimenti) è tra le più basse dell’eurozona in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil). Nel 2012, nonostante la nostra economia si sia ristretta molto più della media, l’eurozona era al 43,2, l’Italia al 42,1% del Pil (Eurostat, Government finance statistics 2/2013). La spesa primaria italiana è scesa in termini nominali dal 2010, in particolare la spesa per personale e acquisti di beni e servizi nel 2013 era 14 miliardi in meno di tre anni prima (Documento di economia e finanza 2014: Sezione I, pag 29; Sezione II, pag 8). La spesa primaria corrente tendenziale, ossia senza ulteriori tagli, è prevista ridursi di quasi tre punti di Pil dal 2013 al 2018 (Def, Sezione II, pag 22). Infine, il moltiplicatore della spesa pubblica è 3 o 4 volte maggiore del moltiplicatore delle tasse (quantificazioni Fondo monetario internazionale): vuol dire che «coprire» la riduzione di tasse con equivalenti tagli alla spesa ha effetti recessivi. Soltanto chi continua a credere alle favole liberiste può sorprendersi dell’impatto macroeconomico negativo degli 80 euro al mese di «sconto Irpef».
La seconda causa della parabola-Cottarelli è ben evidenziata da Sergio Rizzo (Corriere , 1 agosto), che considera Cottarelli come un medico: «lo specialista incaricato di individuare gli sprechi, le inefficienze e anche le iniquità della spesa pubblica». Tale visione dell’economia come scienza naturale segna da decenni il discorso pubblico al punto che viene intesa come l’unica possibile. Non è così. È una visione: la visione liberista, funzionale agli interessi più forti. L’economia, invece, è politica. Non si arriva a 32 miliardi di tagli annui alla spesa primaria corrente attraverso interventi su «sprechi, inefficienze e iniquità» identificabili sul piano tecnico secondo criteri oggettivi. Pertanto, la guida della spending review deve essere politica, non indipendente. La terza causa della parabola-Cottarelli deriva, lo dissi anche da vice ministro, dall’irrealismo degli obiettivi di spending review fissati dal Governo Letta. Sedici miliardi per il 2015 e 32 per il 2016 sono irraggiungibili. Si possono raggiungere in un tempo più lungo ma soltanto attraverso altre mutilazioni del welfare , in particolare per le classi medie, con inevitabili conseguenze recessive, oltre che regressive.
Nessun conservatorismo, però. La nostra spesa pubblica va radicalmente riqualificata e riallocata, ma non tagliata, poiché tanti servizi essenziali, dalla scuola alla sanità, hanno oramai natura classista, mentre politiche attive per il lavoro e interventi anti-povertà, raddoppiata negli ultimi tre anni, sono senza risorse.
La vera componente abnorme del nostro bilancio pubblico è l’evasione fiscale: noi, con il 17-18% di Pil evaso, siamo al doppio della media europea. Normalizzare la nostra evasione, attraverso caccia ai pesci grossi e alla criminalità organizzata, senza persecuzione dell’«evasione di sopravvivenza», vale 50 miliardi all’anno.
Che fare nella Legge di stabilità per non aggravare la spirale negativa delle tre D (deflazione, disoccupazione, debito pubblico)? Riqualificare e riallocare, senza ulteriori tagli, la spesa tendenziale. Aumentare di un punto di Pil e finanziare in deficit, per tre anni, investimenti pubblici produttivi concordati con la Commissione europea. Recuperare l’evasione oltre la media europea per ridurre le imposte su lavoro e impresa.
Insistere sulla rotta mercantilista dei tagli al welfare e della svalutazione del lavoro porta al default del debito e alla rottura dell’euro. 

1 commento:

  1. PAOLO CAVUTO

    Guarda Stefano, anche senza essere un economista, leggendo la lettera di Fassina mi salta subito all'occhio una cosa: Fassina sciorina tutti i dati corretti e sacrosanti sulla spesa PRIMARIA, e sappiamo tutti che siamo diventati "virtuosi" su quella (tra virgolette, perchè, ahinoi, virtù derivante da una tassazione abnorme); se fosse intellettualmente onesto, però, riconoscerebbe che tutta quella virtù, è vanificata da un interesse sul debito che arriva a circa il 4% del PIL (occhio-cazzotto) e che fà effettivamente sballare i parametri famosi debito/pil..75 miliardi di euro sono una enormità, e l'unico modo per recuperarne una parte in maniera sistematica (non solo quindi con dismissioni una tantum, che farebbero diminuire una volta sola il debito pubblico) sarebbe far scendere la spesa pubblica in maniera decisa, di una percentuale significativa rispetto allo stesso interesse

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