Interessante, ancorché molto condizionata dalla diplomazia istituzionale di chi riveste certi incarichi, l'intervista al Governatore della Banca Centrale Giapponese, riportata oggi sul Corriere della Sera. Senza sbilanciarsi troppo, per esempio sull'aumento delle tasse (IVA in special modo pare di capire leggendo), l'intervistato ricorda come per 20 anni il Giappone ha vissuto un lungo declino, con un'ecomia stagnante e prezzi in discesa.
Per persone come me, che ricordano quando l'inflazione in Italia era arrivata quasi al 20% e i listini delle auto venivano aggiornati ogni tre mesi ( a 20 anni, durante l'università, facevo due lavoretti : l'istruttore di tennis e il "garzone" nella concessionaria d'auto del padre di un mio amico ; ecco perché rammento bene questo particolare !), francamente sembra quasi assurdo lamentarsi se i prezzi restano stabili, e il potere d'acquisto non venga eroso. Ma qui, ci spiega bene il "nostro", si tratta di cosa ben diversa dalla stabilità, e il fenomeno che si realizza è il blocco dei consumi, con esso quello della produzione e degli investimenti, quindi dell'occupazione. Quello che in effetti si vede da noi, e che in Giappone, che per decenni è stato la seconda economia mondiale, ha afflitto il paese appunto per quattro lustri.
Con una politica monetaria assai generosa ( qui sono gli Yen ad essere lanciati dagli elicotteri...) stabilita di concerto con il nuovo Premier, Shinzo Abe, la Banca del Giappone ha fatto ripartire i prezzi, con l'obiettivo di far arrivare l'inflazione a quel 2% che anche Draghi ritiene livello fisiologico di equilibrio.
In realtà i giudizi sulla cosiddetta Abenomics sono controversi, e non pochi prevedono che il Giappone, con questo sistema di sollecito statale così virulento, finità per farsi male.
Al momento, con una politica monetaria simile, gli USA ( e anche la GB) sembrano essere usciti dalla crisi economica del 2007.
Certo, il debito federale è abnorme, ma gli americani, si sa, sono abituati a vivere indebitati : l'importante è che la ruota nonsi fermi...
«La deflazione? Sempre deleteria per la crescita
Draghi farà di tutto per evitare rischi in Europa»
Il Governatore della Banca del Giappone:
così abbiamo sconfitto la stagnazione
DALLA NOSTRA INVIATA JACKSON HOLE —Per sentire un po’ di (moderato) ottimismo sull’Europa, di questi tempi, è meglio ascoltare un giapponese, come Haruhiko Kuroda, 69 anni, Governatore della Bank of Japan, un «esperto» sui temi che angustiano l’area euro. Il Sol Levante sta emergendo soltanto ora da quasi due decenni di sostanziale stagnazione e deflazione, grazie alla svolta voluta dal premier Shinzo Abe, che lo scorso marzo ha nominato Kuroda alla guida della banca centrale e inaugurato una rivoluzione nella politica monetaria e fiscale. Un programma che sarà completato con un pacchetto di riforme, per favorire l’ingresso nel lavoro di donne e immigrati, la terza freccia dell’Abenomics.
Signor Kuroda, vede rischi seri di deflazione per l’eurozona, dove l’inflazione media a luglio è scesa ancora, fino a un livello dello 0,4% rispetto a un target della Bce vicino ma sotto il 2%?
«Credo sia improbabile che l’area euro scivoli in deflazione, perché la ripresa della sua economia sta continuando, anche se molto lentamente, in modo costante. In secondo luogo le aspettative per l’inflazione nel medio-lungo periodo restano positive. Detto questo, sono convinto che Mario Draghi farà tutto ciò che è necessario per prevenire un simile pericolo se e quando ci sarà un rischio serio di deflazione in Europa. Draghi ripete sempre di essere pronto ad agire se ci sarà un ulteriore deterioramento dell’economia. Ci credo. La nostra esperienza insegna quanto la deflazione, anche se modesta, sia sempre deleteria».
Cosa è successo in Giappone?
«La deflazione è cominciata nel ‘98 ed è continuata fino al 2013, 15 anni di prezzi negativi. In media è stata una deflazione leggera, tra -0,3 e -0,4%, ma nonostante questo molto dannosa per l’intero Paese. Quando le aziende non prevedono un aumento delle vendite o dei prezzi, non hanno altra scelta che tagliare gli investimenti. A loro volte le famiglie si aspettano nuovi cali dei prezzi e perciò rinviano i consumi. Minori consumi rendono ancora più negative le aspettative delle imprese, perciò si innesca un ciclo vizioso difficile da interrompere. In queste circostanze in Giappone le società hanno smesso di avere idee innovative, le persone hanno smesso di consumare, e l’economia si è fermata».
Come ha fatto Tokyo a spezzare la spirale negativa?
«Dall’aprile 2013 abbiamo lanciato una nuova politica monetaria, il cosiddetto QQE, sigla che sta per Quantitative e Qualitative Easing, un massiccio programma di acquisto di titoli sul mercato da parte della BoJ».
Quanto costerà?
«In pratica raddoppieremo la base monetaria in due anni, con l’obiettivo di raggiungere in quest’arco di tempo un tasso di inflazione del 2%. Oggi l’inflazione giapponese è all’1,3%, perciò siamo a metà strada. Puntiamo a raggiungere il nostro target nel prossimo anno fiscale che inizia nell’aprile 2015. Ma siamo pronti a continuare il nostro QQE anche oltre, finché non centreremo l’obiettivo».
Gli ultimi dati hanno indicato un rialzo dei prezzi fino al 3,6% a giugno.
«E’ stata solo una fiammata, quel dato incorpora il rialzo dell’Iva dal 5 all’8% introdotto in aprile».
L’aumento dell’Iva però ha fatto crollare il Pil giapponese del 6,8% su base annua nel secondo trimestre. E’ solo un incidente o c’è il pericolo che l’Abenomics si inceppi? Crede che il governo dovrebbe sospendere un secondo rialzo dell’Iva al 10% già previsto per il prossimo anno?
«Il crollo del Pil nel secondo trimestre era stato previsto, perché in vista dell’aumento dell’Iva i giapponesi hanno anticipato i consumi nel primo trimestre, che infatti è cresciuto del 6,7%. Ora i consumi sono tornati a un livello normale e per il prossimo trimestre, da luglio a settembre, ci aspettiamo un recupero del Pil. Perciò il governo andrà avanti con il nuovo aumento della tassa il prossimo ottobre, su questo però non posso fare commenti, perché non è di mia competenza, fa parte della politica fiscale dell’esecutivo».
Quanto si è svalutato lo yen dal cambiamento di politica monetaria avviata lo scorso aprile?
«Lo yen oggi è più debole, ma resta ancora troppo forte sia sul dollaro che sull’euro rispetto ai valori del 2007».
Qual è oggi la preoccupazione più grande agli occhi di un giapponese?
«Negli Stati Uniti la crescita è tornata robusta, come ha mostrato il +4% segnato dal Pil americano nel secondo trimestre. La Cina mantiene una crescita intorno al 7,5%. L’Europa si riprende lentamente. La mia preoccupazione maggiore? Sono le tensioni geopolitiche».
Nell’area del Pacifico, a causa dei problemi nazionalistici tra Cina e Giappone?
«No, in Ucraina».
Giuliana Ferraino
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