Approfitto dell'opinione ospitata sul Corriere di tale Fabio Cavaliera, che non conosco (lacuna mia) per tornare su un argomento dibattuto con molti amici (e non ) in passato : il senso etico di cui deve essere dotato un uomo politico, specie ovviamente se assume responsabilità di governo. A me di questo aspetto importa poco. MI sembra assolutamente normale che una persona che arrivi a quel ruolo e poi lo debba esercitare prendendo decisioni che non toccheranno mai alle "persone per bene" comuni, abbia anche un certo pelo sullo stomaco. Decidere di intervenire per esempio in un conflitto, mandando dei soldati che potranno morire, e accettando che questi possano, per errore (a volte nemmeno) uccidere delle persone inermi, necessita essere dotato di un sonno non leggero... Ma ho fatto solo l'esempio estremo e più facile da comprendere. Nella vita normale, il vostro professionista NON lo scegliete sulla base della morale, se è persona che paga le tasse, fa beneficienza, la pensa in modo politically correct... Lo scegliete sulla convinzione che avete della sua CAPACITA'.
Benedetto Croce, che pure era un intellettuale e un filosofo, questo chiedeva ai governanti : CAPACITA', non purezza morale.
Nell'opinione di Cavaliera, c'è un attacco a Tony Blair, che da quando non è più premier della GB è diventato un ascoltato consulente di multinazionali ma anche di Stati. Tra questi, il Kazakistan, e la cosa non è gradita al nostro opinionista, visto che si tratta di nazione non democratica. L'uomo che per dieci anni rappresentò il modello della sinistra Liberal, del rinnovamento rispetto al labourismo antico, non può sgretolare così la sua immagine. Io un po' comprendo pure questa delusione, ma non me ne faccio condizionare. Il giudizio storico su Blair riguarda il uo governo, i cambiamenti che ha portato, i successi ottenuti e i fallimenti. Il resto non conta. E figuriamoci se conta quello che ha fatto DOPO.
la Parcella Kazaka di Cherie Blair
gli Affari stellari dell’ex Leader
La famiglia Blair ha un rapporto complicato con la stampa inglese. Nulla di nuovo: è il destino che tocca ai grandi leader quello di vedersi, loro malgrado, al centro dei gossip, delle critiche e delle curiosità sulla vita personale e di famiglia. A volte, noi giornalisti sbagliamo e, anche se fatichiamo ad ammetterlo, superiamo i confini della privacy che è intoccabile. Ma spesso sono proprio questi grandi leader (o ex), di centrosinistra e di centrodestra, a sgretolare l’immagine che si erano creati.
In Italia e in molti Paesi la popolarità di Tony Blair è tuttora molto alta. E si capisce: l’ex primo ministro laburista ha segnato un’epoca, ha modernizzato e le sue virtù politiche hanno pesato di più, nel giudizio finale, rispetto agli errori gravi che ha commesso. A Londra, invece, il nome di Tony Blair evoca un brutto fantasma, più a sinistra che a destra, e in modo particolare nella «stampa impicciona» perché lo si associa alle bugie dette per giustificare la guerra in Iraq e soprattutto al business ambiguo (suo e della moglie) seguito all’abbandono di Downing Street.
Che un ex premier o un ex presidente, a carriera istituzionale conclusa, diventino ben remunerati consiglieri di enti privati o di banche è un’evoluzione normale e non deve provocare scandalo. Ma il caso di Tony Blair e moglie è particolare. E non è un’invenzione dei giornali abituati a esagerare. Di lui si sa che intrattiene, attraverso la sua fondazione, lucrosi rapporti d’affari coi governi (dittature) arabi e asiatici. Di lei, Cherie, che è un’agguerrita avvocatessa. Insieme vengono profumatamente pagati dal presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev (che non è un modello di democrazia), per consulenze sugli investimenti dell’ex repubblica sovietica: secondo il Telegraph , la parcella di Mrs. Blair è di 1.000 sterline (1.245 euro) l’ora.
Non si tratta di fare i moralisti. Però sarà il caso che si metta il cuore in pace chi nel centrosinistra italiano continua a pensare a Tony Blair come al grande leader della svolta degli anni Novanta. Quel Tony Blair è giustamente nei libri di storia. Il Tony Blair di oggi (con la consorte) ha cambiato maschera: è un ricchissimo «professionista» che non guarda il colore dei soldi. Basta saperlo. E ricordarlo.
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