Due post di Davide Giacalone commentano di due avvenimenti importanti della settimana appena conclusa : la conferma di un Italia ritornata in recessione, dopo che la fine del 2013 aveva segnato il faticoso superamento del segno meno, registrato nel 2012 e che ci aveva accompagnato per un anno e mezzo ; l'approvazione della prima lettura della riforma del Senato (la strada è ancora lunga, e alla fine dell'iter parlamentare ci sarà il referendum...).
In questo post trattiamo il primo. Giacalone da sempre ha messo in allarme su un aspetto dell'attività di Draghi e della BCE : non stava risolvendo i problemi - che non è nei suoi poteri - dell'Unione Europea, ma stavo dandogli TEMPO. Frenando e tenendo a bada i mercati, intimorendo gli speculatori, forniva tempo all'area euro, specificamente quella più debole ovviamente, per cercare di risistemare le cose in casa propria, aggiustando il debito e riavviando una crescita decente.
Questo tempo noi italiani lo abbiamo sprecato ( anche i francesi, e i tedeschi, con la grosse koalition, ho la sensazione che stiano marciando male...). L'opinionista si concentra poi su altri sprechi, quelli successivi alla vittoria elettorale europea di Renzi, che festeggia l'approdo del PD nel PSE portando in dote a quest'ultimo il maggior numero di parlamentari, risultando il partito più votato tra tutti quelli in lizza. La vittoria però ha reso troppo euforico il premier, forse convinto di poter usare in Europa i toni italici. L'imposizione della candidatura della Mogherini lascia perplessi, sia per la debolezza del personaggio in sè (veramente in Europa si domanderanno "Mogherini chi ??" ), che per il metodo adottato. Nel frattempo è arrivata la doccia fredda dell'ISTAT e quel -2% , con la conseguente strigliata di Draghi ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/08/draghi-le-canta-chiare-ma-renzino-non.html ).
Renzino tuona dicendo che le riforme non le dettano Bruxelles e Francoforte. Bene, viva l'orgoglio ! Quand'è che c'è la prossima asta di BOT ??
Salto indietro
Indigna lo spreco. Di tempo e di opportunità. Quel che preoccupa non è la cessione di sovranità, che, anzi, potrebbe ben essere un obiettivo ambito, ma il suo essere asimmetrica. Siamo tornati indietro di tre anni, avremmo dovuto dare man forte a una collettiva e contemporanea cessione di sovranità, inducendo i tedeschi a riconoscere l’opportunità delle scelte operate dalla Banca centrale europea, e ci ritroviamo a subirne la ragionevole pressione. Abbiamo sprecato il tempo comprato dalla Bce. Abbiamo sprecato quel che di buono portava la recessione, ovvero la necessità di cambiare. E Mattero Renzi ha sprecato una vittoria continentale: il solo governo ad avere vinto le elezioni europee si ritrova a essere ancora in recessione e a subire le ingiunzioni finanziarie e politiche. Capiamoli, questi sprechi, perché solo da lì può ripartire una stagione meno irresponsabile e autolesionista.
Renzi ha vinto le elezioni europee azzeccando due mosse, certamente invidiate dagli altri governanti: a. ha usato il crescere dell’onda anti sistema e anti europea per dare al governo e al partito di maggioranza relativa il ruolo di argine e rassicurazione; b. ha messo dei soldi in tasca agli elettori, così non solo acquisendone il consenso, ma anche lasciando intendere che lo faceva perché si poteva farlo. Sicurezza e speranza. Bel colpo, favorito anche da un’opposizione moscia e intronata, a destra come a sinistra. Bel colpo che altri non hanno potuto fare. Chi, come i francesi, perché già fuori dai limiti del deficit (mentre Renzi ereditava conti allineati e un lunghissimo e consistentissimo avanzo primario, meglio non dimenticarlo mai), e chi, come gli spagnoli, i portoghesi, gli irlandesi e i greci perché già in libertà vigilata. A tutti quei governanti sarebbe piaciuto fare altrettanto, ma non hanno potuto. O saputo. Diverso il caso dei tedeschi, che ai propri elettori possono ancora raccontare la storia di una supremazia continentale.
All’indomani di quella vittoria l’Italia si trovava ad avere il più grosso gruppo parlamentare fra i socialisti e un gruppo comunque influente fra i cristianodemocratici. Per di più cominciava il semestre di presidenza Ue. Un filotto che vedemmo e segnalammo. Ma è in quel momento che comincia lo spreco. Sul fronte europeo incaponendosi in un atteggiamento arrogante, quasi che il rapporto fra stati sia paragonabile a quello avuto con i bersaniani. Tutte le carte puntate sulla presa della responsabilità in politica estera, che tecnicamente neanche fa parte della Commissione e che, comunque, ha avuto e avrà un ruolo marginale. E tutte le carte puntate sul nome del nostro ministro degli esteri, che gli europei dell’est (fin qui sottorappresentati, nelle istituzioni Ue), vivono come troppo vicino agli interessi russi, sicché, per smarcarsi, si passa dal dialogo necessario alle sanzioni più dure, dandosi una vigorosa zappata sui piedi, ovvero colpendo le nostre esportazioni, unico settore che ancora ci rende grandi. (Portare Putin a dovere optare fra la guerra e il cedimento è un erroraccio, mentre l’Ue potrebbe ben giocare un ruolo se solo si ammettessero i passi falsi, relativamente all’Ucraina. Ma questo è tema diverso da quello che qui tratto).
Non so se quelle guasconate potessero essere digerite. So che la conferma della recessione dimostra che si è fatta crescere la spesa pubblica, si sono messi soldi in tasca agli elettori, ma non si è fatto il dovuto nel riformare il sistema produttivo. Naturale che, in quelle condizioni, non solo intendono farcela pagare, ma gli altri europei si rivolgono alla Bce con l’aria di dire: bel capolavoro, cosa intendete fare, ora? E la risposta si trova nella conferenza stampa di Draghi: se non fate il necessario si passa alla cessione asimmetrica di sovranità. Precipitati indietro di tre anni. Risponde Renzi: ma abbiamo cambiato il Senato, ora andremo più veloci. Puerile: sanno tutti benissimo che non è vero, che il Senato non è cambiato, e che non si può andare più veloci in materie nelle quali non si è fatto neanche il primo passo, dal lavoro alla giustizia.
Si è sprecato tempo cianciando di flessibilità, che la Commissione europea avrebbe dovuto riconoscere ai conti pubblici italiani (che non ci sarà e aggraverebbe la nostra condizione), e si è trascurato di dedicarsi al tema decisivo: l’adattabilità del nostro sistema produttivo alla realtà globale e alla moneta comune. Adattabilità che esiste ed è forte. Se non fosse minata da una classe dirigente (non solo politica) di disadattati, che dal proprio ombelico non sono solo attratti, ma ci si perdono pure.
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