Aveva già provveduto la fondazione Agnelli a registrare che nella scuola italana mancano parecchie cose, ma NON gli insegnanti. I dati erano fermi a qualche anno fa ma non c'era motivo di credere fossero cambiati. E infatti così NON è, come attesta il rapporto sull'educazione redatto a cura dell' OCSE, pubblicato oggi sul Corriere della Sera. In Italia la media studenti-insegnanti è la più bassa d'Europa, e questo prima dell'infornata di 150.000 precari annunciata da Renzino.
Il rapporto conferma altre cose che sapevamo purtroppo, e quindi i dati sui neet (i giovani che hanno smesso di studiare e non cercano un lavoro) che si aggravano (praticamente un giovane su 4...), e la carenza dello studio della matematica, che non ho ancora capito quanto legato al fatto che tutti si laureano in lettere (in quella facoltà nemmeno il numero chiuso basterebbe più, ci vorrebbe la sospensione delle lauree per un lustro, se non altro per impedire alla radice la fabbrica di illusi e di disoccupati che poi pretendono un posto nella scuola) e/o che la matematica da noi non la si sa insegnare, per cui gli studenti la schifano. A giudicare dal rapporto la seconda cosa ha un peso rilevante, visto che il livello dei laureati in matematica in Italia sarebbe comparabile a quella dei diplomati in Finlandia, Olanda e Giappone.
Il rapporto education at glance
Ocse: la scuola italiana, troppi insegnanti e poca matematica
«La vera emergenza resta la dispersione scolastica negli anni delle scuole superiori»
Ancora troppi insegnanti nelle scuole
italiane. E studenti ancora troppo poco competenti in matematica
soprattutto. Ma tante donne laureate in ingegneria e un problema
allarmante: la dispersione scolastica. Ecco la fotografia dell’Ocse,
Education at Glance 2014.
Allarme Neet
Dalle
oltre 500 pagine del rapporto Ocse - che viene presentato in Italia
dall’Associazione Treelle - emerge forte l’allarme per il numero dei
giovani inattivi, i cosiddetti Neet (Neither employed nor in education
or training) : in solo 4 anni dal 2008 al 2012 è passato dal 19,2 al
24,6 per cento, con un aumento di cinque punti percentuali. Il risultato
di questo cambiamento nel mondo del lavoro e nel passaggio tra scuola e
lavoro è che un ragazzo su 3 tra i 20 e i 24 anni è del tutto inattivo.
Il tasso di disoccupazione è particolarmente elevato, 1 giovane su 5
tra i ragazzi che non hanno raggiunto un livello di istruzione
secondario superiore, tra quanti cioè hanno abbandonato la scuola prima
dei 16 anni (più 7,7 rispetto al 2008). «In un periodo di crisi di
solito dovrebbe aumentare il numero di ragazzi che restano a scuola,
anche negli istituti professionali - spiega Francesco Avvisati che ha
curato il rapporto Education at Glance dell’Ocse per quanto riguarda
l’Italia - ma evidentemente nel nostro Paese non funziona il passaggio
dalla scuola/formazione al mercato del lavoro”.
Un battaglione di insegnanti
Il
numero di insegnanti in Italia resta ancora sopra la media dei Paesi
Ocse. E questo nonostante le riduzioni dolorose degli ultimi anni, che
hanno permesso di riportare la spesa media per studente vicina alla
media sia europea che Ocse. Oggi, secondo i dati del rapporto Education
at Glance, ci sono 12 studenti per ogni insegnante alle elementari e
alle medie. Negli altri Paesi la media è di 15 ragazzi/e per ogni
docente. «Poiché la riduzione è astata attuata azzerando o limitando
fortemente il turn over - spiega Francesco Avvisati - è notevolmente
aumentata l’età media degli insegnanti che è molto più alta della media
degli altri Paesi. verosimilmente nei prossimi anni, con la ripresa del
turn over la situazione italiana si riavvicinerà a quella degli altri
Paesi».
La crisi dell’Università
Uno
degli indicatori più importanti dell’analisi Education at Glance è
quello che riguarda le iscrizioni all’Università. Nel 2012 il tasso di
giovani iscritti era inferiore al 50 per cento (47%), dopo una fiammata
nel 2005 in cui ben il 56 per cento dei diciannovenni era iscritto
all’istruzione di terzo grado. Se la tendenza dovesse essere confermata
c’è il rischio di una «dispersione» universitaria grave, in
controtendenza rispetto agli altri Paesi dell’Ocse, nei quali in media 6
studenti su 10 continuano gli studi, e a quelli dell’Unione Europea.
Venendo ai costi e ai fondi destinati all’istruzione, l’Italia ha
ridotto molto la spesa con i tagli dal 2008 in poi, ma la spesa per
studente resta «piatta» dalle elementari all’Università. Un bambino che
impara a scrivere e leggere e un aspirante medico costano in media la
stessa cifra annua. Quello che è successo però nelle Università italiane
è l’aumento delle spese dei privati, con l’apertura di corsi e facoltà
private.
Il balzo delle donne e il buco nero della matematica
Una
delle «sorprese» contenute nel rapporto riguarda le donne. In Italia,
si sa, il divario di genere nelle materie scientifiche e informatiche è
molto più alto che negli altri Paesi, anche se in generale ormai tra i
laureati ci sono più donne che uomini (62 per cento le donne). Ma le
giovani donne hanno fatto un vero e proprio balzo per quanto riguarda
l’ingegneria: 4 su 10 laureati sono studentesse infatti, molto meglio
che in Germania (2 su 10) e in Gran Bretagna (23%). Va detto che durante
il periodo 2000-2012 lo stato dell’educazione in Italia è notevolmente
migliorato almeno a leggere i dati di sistema. Il diploma di scuola
superiore è diventato in poco più di un decennio appannaggio di due
ragazzi su tre: il 72 per cento degli studenti ha il diploma di
maturità, mentre nel 2000 soltanto il 59 per cento dei 25-34 enni
risultava diplomato. I laureati durante lo stesso periodo sono
raddoppiati anche se le cifre restano molto basse: nel 2012 il 22 per
cento dei 25-34 enni era laureato. Se nel tempo la situazione è
migliorata l’Italia resta nel gruppo di coda dei Paesi Ocse: terzultima
in fatto di diploma e quartultima come numero di diplomati. Resta invece
un grave problema l’insegnamento della matematica: in media un laureato
italiano ha le stesse competenze matematiche di un diplomato in
Finlandia, Giappone o Olanda.
Nessun commento:
Posta un commento