giovedì 9 ottobre 2014

ANNETTA COMMENTA LA DECISIONE DELLA CORTE DI PALERMO : IL PAESE NORMALE CHE NON C'E'.

 

Stamane leggevo una riflessione di Adriano Sofri che, in merito alla richiesta degli imputati di assistere alla testimonianza del Presidente della Repubblica nel processo che li riguarda, e quindi recarsi in Quirinale per questo (non so se potrebbe andar bene una video conferenza) : " mi sembra improbabile che la Corte d'Assise di Palermo respinga la richiesta di partecipazione degli imputati all'udienza in cui sarà sentito come testimone Giorgio Napolitano. E mi sembrerebbe anche grave che lo facesse, negando il diritto degli imputati, di qualsiasi imputato, a presenziare, direttamente o in videoconferenza, al proprio processo. Una volta decisa l'escussione di Napolitano -questa sì nella facoltà della Corte- il resto veniva di conseguenza."
Ecco, è passato l'angelo è ha detto Amen..
Mah, meglio lasciare spazio al commento di qualcuno che se ne intende, l'avvocato e amico Massimiliano Annetta, uno di quelli, essendo un dirigente del PD fiorentino, in buoni rapporti con Renzino (MA NON facente parte del giglio magico... è importante ! ), conoscitore di diritto (è anche docente universitario, oltre che valente penalista, di recente noto per essere il difensore dei notabili di San Marino in quella che viene definita la "tangentopoli" della piccola repubblica), io avevo sperato, a suo tempo, potesse avere   un ruolo di rilievo o nel partito (responsabile giustizia, dove invece finì la indecorosa Morani...oggi c'è tale Emili, di cui non so), o, Deo Gratias, al Ministero della Giustizia. 
In realtà,  quello che vedo è uno spazio sempre più ampio dato ai vari Gratteri, Cantone e compagnia cantando. Ed allora , se l'idea di giustizia del Premier è più vicina a questi signori, è normale, assolutamente scontato direi, che Annetta non abbia avuto spazio.
Però peccato.


IL PAESE NORMALE CHE NON C'E





Seconda stella a destra questo è il cammino e poi diritto, fino al mattino poi la strada la trovi da te porta all'isola che non c'è”, cantava Edoardo Bennato quand’ero poco più che un ragazzino, ma poi dobbiamo esserci persi. Era il 1990 o il 1991 dalle parti del Tribunale di Milano, sarà stata la nebbia padana o forse quel casellante (o era un pm? o un politico? non mi ricordo più bene) dalla sintassi zoppicante, e insieme alla strada per l’Isola che non c’è abbiam smarito anche quella per un “paese normale”.
E quando sbagli strada, si sa, cominci a girare e rigirare senza una meta precisa e, com’è come non è, ci siamo ritrovati dalle parti della Corte d’Assise di Palermo. Si, stiamo parlando del Presidente della Repubblica-testimone, e ora che abbiamo appreso che all’udienza fissata per il 28 ottobre presso il Quirinale Totò Riina e Leoluca Bagarella (e per vero non solo loro ma tutti gli imputati) non potranno esserci possiamo provare a cercare in questa intricata vicenda qualche punto fermo.
Intanto Giorgio Napolitano con la “trattativa”, ammesso e non concesso ci sia stata, non c’entra niente. Unico punto di contatto sono le telefonate di Nicola Mancino. Peccato che in quelle telefonate non c’è nulla che possa interessare il processo; lo hanno ammesso gli stessi pubblici ministeri, sebbene la distruzione dei files di quelle telefonate che si intercettarono senza poterlo fare sia avvenuta solo a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale. Ma non ci si è dati per vinti e ora si vuole sentire Napolitano a proposito di un passaggio di una lettera che a Giorgio Napolitano scrisse Loris D’Ambrosio, che, è bene ricordarlo, per questa vicenda ci ha rimesso la pelle. A dire il vero, il Presidente della Repubblica ha già detto che Loris D’Ambrosio non gli disse altro e, quindi, che il suo esame sarebbe stato inutile, ma i giudici palermitani gli hanno risposto che non sta al testimone decidere dell’utilità della sua testimonianza. E bisogna prenderne atto, anche se mi viene da chiedermi: chissà che ne sarebbe stato di una richiesta di prova così scombiccherata qualora fosse provenuta dalle difese? (ma questa è ubbia da avvocato penalista, non ci fate caso).
Senonchè, più l’udienza si è avvicinata, più si è cominciato a gridare alla trappola per il Presidente della Repubblica e ci si è cominciati ad agitare. Beninteso, sono convinto che la vicenda palermitana sia solo l’ennesima puntata di un’epopea nella quale si è tentato con ogni mezzo di tenere sotto ricatto la politica e sono persuaso che il 28 di ottobre si scriverà una delle pagine più buie della storia repubblicana. Ma il “rimedio” adottato oggi dai giudici di Palermo pare se possibile più inaccettabile dell’oltraggio istituzionale; insomma peggio la toppa del buco, come direbbero in Veneto.
Infatti, la Corte d’Assise di Palermo ha rigettato l’istanza presentata dagli avvocati degli imputati al fine di poter partecipare all’udienza che si terrà presso il Quirinale. Come se l’art. 178 del codice di procedura penale fosse un inutile orpello e condannando il processo per la trattativa, qualunque ne sarà l’esito, ad una sicura censura da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (in proposito fatemi rimettere per un attimo la toga del penalista: cari amici magistrati, dovrete cominciare ad abituarvi al fatto che, se non a Berlino, a Strasburgo c’è un Giudice che, a differenza di qualcuno di voi, non pensa che i principii del processo accusatorio siano una bestemmia; toccherà che ve ne facciate una ragione).
Ma tant’è. Certo che un modo per ritrovare la strada ci sarebbe pure: ormai i buoi sono scappati dalla stalla e che i processi vengano sovente utilizzati per finalità extragiudiziarie, quando non squisitamente politiche, non possiamo più impedirlo. E però sarebbe almeno utile che quando la si butta in politica poi le regole della stessa le si applichino per intero, compresa quella fondante, ovvero che chi perde va a casa.
Mi spiego meglio: quando il processo cessa di essere il luogo della prova e del dibattimento, e diviene discount a buon mercato di trame, complotti e mitologie varie per il Fatto Quotidiano o il blog di Beppe Grillo, insomma quando comincia a sorgere il sospetto che ci si voglia precostituire la piattaforma per la buonuscita politica e per la politica come buonuscita, sarebbe doveroso esser conseguenti e a fronte degli insuccessi andare a fare un altro mestiere.    
Ma questo accadrebbe in un “paese normale”, e qui, anche se siamo in Sicilia, la nebbia padana non si dirada, il navigatore è andato in tilt e non c’è nemmeno l’ombra di un autogrill.

6 commenti:

  1. MARCO FANTI

    Il tribunale di Palermo avrebbe potuto uscirne dignitosamente negando l'ammissione della prova testimoniale con il presidente Napolitano. Solo nell'approssimarsi dell'udienza si sono resi conto dell'enormità della cosa (ammettere una prova palesemente inutile solo per dare soddisfazione alle esigenze mediatiche della procura mettendo a repentaglio il decoro e il prestigio delle istituzioni) e cercano di porre rimedio con questa ordinanza discutibile. Il classico caso in cui la toppa è peggio del buco.

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  2. MARIA LAMPITELLA

    Massimiliano, mi spiace averti inflitto una cattiva lettura, anche se, all'esito, è risultata uno stimolo interessante per una disamina perfetta di ciò che è accaduto a Palermo. Un surreale tentativo, andato a buon fine, di forte ed intimidatorio attacco alla politica. Da ottimo Avvocato e Politico quale sei, hai analizzato ogni causa ed effetto di questa tristissima vicenda, che, in poche battute, racchiude molteplici e macroscopiche violazioni di diritti, di tutti, degli imputati, dei testimoni, ma, soprattutto, degli Italiani, che assistono, ahimè impassibili, allo scorrere di una pagina, come da te assai propriamente definita, buia del nostro Paese. Un paese il nostro che, a parole, vorrebbe essere normale e garantista, ma che, nei fatti, risulta essere molto vicino ormai alle peggiori e bieche dittature. Bravo !

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  3. NICOLA CANESTRINI

    Massimiliano, Al peggio non c'è mai fine, penso. E tu lo hai scritto benissimo.

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  4. ANTONINO MAROTTA

    la giustizia dei PM ha fatto un altro passo in avanti...........quale sarà il prossimo ?

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  5. ENRICO LAZZARI

    Ci avrei scommesso. Ti pare che giustizia italiana, quando c'é politica in mezzo, possa prendere una decisione razionale? Bel pezzo e sempre saggia analisi. Che ora, dopo decisione di vietare anche a Mancino di assistere, pesa come un macigno su autorevolezza del sistema italiano

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