Tiziana Maiolo, su Il Garantista, da varie settimane sta combattendo una coraggiosa battaglia per la cessazione del regime di custodia cautelare per Massimo Bossetti, che la procura di Bergamo è convinta essere l'assassino di Yara Gambirasio.
In queste ore il Tribunale del Riesame sta valutando la nuova istanza di scarcerazione presentata dai difensori, e la giornalista non esita a parlare di tortura ai fini della confessione.
Agli inquirenti mancano le prove, ché evidentemente quella del DNA di Bossetti, ritrovato su alcuni indumenti di Yara, di per sé non basta, visto che vengono chieste proroghe per le indagini, e si continua a scandagliare la vita non solo dell'indagato ma di tutti i familiari, con i giornali pieni delle illazioni - fatte trapelare dai soliti spifferi della procura - sui tradimenti della moglie, sull'ipotesi che nemmeno il terzo figlio del sig. Bossetti senior sia veramente suo. Tutte cose poco attinenti al caso, però psicologicamente utili per "pressare" il detenuto, per farlo "crollare".
Ho scritto coraggiosa perché difendere il diritto a sostenere il processo da libero di un uomo accusato di un omicidio odioso come quello perpetrato nei confronti di una ragazzina di nemmeno 14 anni, non è facile. Anche io, nel mio piccolo, ho registrato l'irrigidimento di lettori.amici del blog, arci convinti (ma come fanno ??? ) della colpevolezza di Bossetti, laddove io proponevo e propongo il principio del dubbio, che deve restare fino alla sentenza definitiva (tanto più per chi, come noi tutti, non abbiamo accesso a tutti gli elementi della vicenda, dovendoci accontentare delle selezioni, spesso schierate, di giornali e trasmissioni tv), o almeno quella di primo grado !
Peraltro, stasera sono rimasto stupito partecipando ad uno dei tanti referendum proposti dai quotidiani on line, dove appunto si chiedeva un parere sulla permanenza in carcere di Bossetti. Ebbene, con mia grande sorpresa il 53% degli intervistati si era espresso per la scarcerazione. Il dato ovviamente non è probante, non lo sono nemmeno i sondaggi fatti con metodi pseudo scientifici, figuriamoci questo. Però mi sarei aspettato un plebiscito manettaro, e non questo equilibrio...
Forse c'è speranza...
Nulla di più illegale della carcerazione preventiva di Bossetti
Massimo Bossetti, indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio, che attende proprio oggi la decisione sulla sua libertà, ha la sfortuna di vivere in Italia. Se abitasse in Inghilterra, o in Germania o in Francia o in Spagna piuttosto che in Portogallo o Belgio o nei paesi nordici, non sarebbe in carcere. Solo in Russia e in Turchia infatti ci sono detenuti in attesa di giudizio in numero maggiore che in Italia.
In tutta l’Europa democratica non si sta in carcere ad attendere in processo. Nemmeno in Sudafrica, come ha dimostrato il processo a Pistorius. In Italia sì, perché in Italia esiste la tortura attraverso il carcere, benché questo procedimento non sia previsto dal codice.Andrebbe sempre ricordato che quando si parla di custodia cautelare dovrebbero valere quei principi elementari di civiltà giuridica tante volte ricordati sia dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale che dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Pure in Italia la politica del pendolo continua a farla da padrona, in tema di carcere preventivo. Nel 1995, pur in un momento di grande confusione politica dopo la caduta del primo governo Berlusconi, un Parlamento ancora a maggioranza di centrodestra attuò la più importante riforma della custodia cautelare. Una riforma cui lavorò una commissione giustizia ad ampia presenza di garantisti (di destra e di sinistra ) e che stabilì, in deroga ai principi restrittivi della legge del 1991, che il carcere prima del processo debba essere solo l’ultima spiaggia, da utilizzare quando ogni altra misura sia inapplicabile.
Il secondo principio fissato da quella riforma fu il fatto che i rischi di fuga o reiterazione del reato o inquinamento delle prove dovessero essere “concreti”, non teorici e non dovuti al fatto che l’indagato non ammettesse gli addebiti. La misura adottata dovrebbe essere inoltre ridotta al minimo indispensabile. Anche pochi giorni, quindi. Il contrario di quel che succede ogni giorno, invece.
Ora, un magistrato rigoroso e consapevole del fatto che la custodia cautelare non deve mai essere una sorta di anticipazione della pena, non avrebbe mai tenuto Massimo Bossetti in carcere per 130 giorni.
Dobbiamo ricordare, per essere almeno noi rigorosi, che il pendolo legislativo aveva oscillato nella sua versione peggiore nel 2009, quando era stata introdotta nell’ ordinamento giudiziario una norma che equiparava i reati a sfondo sessuale a quelli di criminalità organizzata, imponendo quindi l’ inversione dell’onere della prova. Il codice rendeva obbligatoria la custodia cautelare in carcere, “salvo che” si dimostrasse l’inesistenza di esigenze cautelari. E soprattutto vietava il ricorso agli arresti domiciliari.
Se questa norma fosse ancora in vigore, per Massimo Bossetti sarebbe stato alquanto difficile uscire presto dal carcere. E oggi il tribunale del riesame avrebbe le mani libere per confermare la detenzione.
Ma una sentenza della Corte Costituzionale del 2010 ha demolito quella legge, ritenendo inapplicabili ai reati sessuali i criteri usati nei confronti degli indagati per reati di mafia. Rispetto ai quali l’inversione dell’onere della prova e il carcere preventivo obbligatorio sarebbero giustificati dal timore che, una volta in libertà, il presunto mafioso possa riallacciare i rapporti con i complici. Una teoria comunque discutibile, perché stiamo sempre parlando di persone innocenti secondo la Costituzione.
Fatto sta che oggi Massimo Bossetti deve uscire dalla prigione. Come libero o come detenuto al domicilio. Lo diciamo non solo con l’ottimismo della volontà, ma perché è giusto che sia così.
Finora i magistrati hanno applicato la legge del 2009, sarebbe ora che il tribunale si ricordasse anche della sentenza della Corte costituzionale del 2010.
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