giovedì 9 ottobre 2014

MENTRE A KOBANE SI MUORE, GLI AMERICANI VINCONO LE PROVE IN CALIFORNIA...


Quanto accade a Kobane, in Siria, al confine turco, con la città curda in procinto di essere conquistata da quelli dell'Isis, è emblematico di come NON si combatte una guerra.
Nessuno ha mai vinto un conflitto militare combattendo solo dal cielo. Nella seconda guerra mondiale, Goering, che era il capo della Luftwaffe, assicurò Hitler che non fosse necessario invadere la Gran Bretagna, dopo la resa della Francia. Colpendo sistematicamente Londra e introducendo la pratica criminale dei bombardamenti  a tappeto (si iniziò con Coventry, poi si continuò, da ambo le parti, con i picchi tragici di Dresda e Tokio), gli inglesi si sarebbero arresi.  La battaglia d'Inghilterra, così fu denominata quella nei cieli inglesi, fu vinta dai britannici, gente che non molla facilmente. Anche all'epoca del Desert Storm, la prima guerra contro Saddam, che aveva invaso il Kuwait, la totale supremazia aerea alleata non sarebbe bastata. Ci vollero i marines. Più recentemente, in Libia, è vero che l'intervento aereo di Francia e GB salvarono Bengasi e rovesciò nettamente gli equilibri del conflitto a favore dei ribelli contro Gheddafi, però bene o male questi ultimi sul terreno ci stavano, col tempo anche discretamente armati. 
Ecco, contro l'Isis non ci sono truppe adeguatamente addestrate (l'esercito iracheno, ma a quanto pare anche quello di Assad si mostra inferiore rispetto ai Jidhaisi ) e insufficentemente armate, riferendosi ai peshmerga curdi, molto più motivati, contro l'Isis, di iracheni e siriani, ma, se ho capito bene, inferiori di numero e peggio armati.
I raid aerei dunque rallentano le avanzate, ma non vincono le battaglie, e al Pentagono cercano di spiegarlo al confuso Obama.
Intanto Erdogan conferma il cinismo disumano di cui sono temprati gli uomini che in qualche modo fanno la storia (e sicuramente lui sta facendo quella del suo paese, dopo Kemal Ataturk). 
Deciso a non favorire una vittoria curda, che potrebbe accendere troppo gli animi indipendetisti dei curdi di Turchia (ben 15 milioni !, pensate che gli scozzesi che di recente hanno fatto il referendum sono la metà ) , resta inerte spettatore all'agonia di Kobane. Non solo non fa intervenire il suo esercito, pure schierato al confine, a pochi chilometri dal teatro della battaglia in corso, ma impedisce anche che volontari curdi della Turchia soccorrano i loro fratelli al di là del confine. 
Purtroppo questa è la STORIA vera, anche quando non ci piace. 
Noi occidentali ormai facciamo ridere, nei nostri letti caldi e la pretesa di un mondo perfetto. 
Di seguito, la riflessione, amara e reale, di Adriano Sofri






Il Guardian di ieri aveva un reportage travolgente su una battaglia che ha visto impegnati i marines Usa e i loro colleghi britannici, e perfino un piccolo reparto olandese. Dispiegate tutte le forze di cielo e di terra adatte al terreno desertico, e un immane volume di fuoco, in un'operazione ispirata alla tattica dell'accostamento segreto al
bersaglio, e allo scatenamento successivo di una potenza soverchiante. La battaglia è stata coronata da un successo pieno, e non è costata alcuna perdita alle truppe speciali della coalizione. Il deserto era quello di Mojave, California, scelto perché particolarmente simile, scorpioni e serpenti compresi, a quelli in cui spadroneggia l'Is.
La battaglia era finta, un'esercitazione, però gravida di significati, pare. Intanto, nelle strade di Kobané (chiamiamola col suo nome curdo, no?, almeno alla memoria) i difensori male in armi opponevano una strenua resistenza alle forze soverchianti del sedicente Stato islamico, mentre a due o tre kilometri da lì un ingente schieramento militare turco stava a godersi lo spettacolo, con l'unico fastidio di respingere manu militari i curdi di Turchia accorsi a dare manforte ai loro connazionali e parenti. Il governo turco, non privo di humour, aveva dichiarato due o tre giorni prima che avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per impedire che Kobané cadesse in mano all'Is. Però ieri Erdogan ha osservato,
buon ultimo, che a difendere Kobané "serve un intervento di terra". Ancora ieri, servizi sui giornali britannici e francesi spiegavano che i turchi avevano ottenuto la liberazione dei 49 addetti al loro consolato di Mosul (!) catturati dall'Is, in cambio della riconsegna di 180 combattenti del sedicente Califfato detenuti in Turchia; e che fra questi vi erano cittadini francesi e britannici venuti ad arruolarsi sotto le bandiere nere jihadiste, e che della cosa il governo turco non aveva ritenuto nemmeno di informare i suoi alleati della Nato. Tutto questo per dire che il nome di Kobané va iscritto fra quelli dei luoghi in cui una gente votata alla sconfitta e alla morte si è battuta eroicamente, e che mentre si batteva faceva esperienza di che cosa sia e come agisca la potenza.

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