La solita Grecia fa precipitare le cose, ma il nervosismo dei mercati era già in atto da un po', in anticipo sulle previsioni del bravo Alessandro Fugnoli, che annuncia un 2015 non floridissimo per chi investe in borsa, dopo vari anni di rialzo. Il brillante osservatore di cose economiche e finanziarie prova nel suo articolo a spiegare "cosa è andato storto". Alle sue motivazioni, aggiungerei quanto scritto da Fubini, su Repubblica, che mette l'accento sulla lacerazione ormai profonda della tela europea. Nessuno si fida più di nessuno, e in particolare questo vale per i tre paesi dalle economie più grandi : Germania, Francia e Italia. I mercati tornano a sospettare che l'Euro non sarà eterno, anzi, e si regolano di conseguenza. Nel 2012, dopo un anno di inferno degli spread, Draghi disse che la BCE avrebbe fatto qualunque cosa per difendere la moneta, e questa promessa-monito funzionò.
Stavolta forse non basteranno le parole.
Che cosa è andato storto,
che cosa potrebbe raddrizzarsi
Siamo nel mezzo del secondo semestre. Doveva essere, nei programmi, un
periodo positivo per l’economia globale. Che cosa è andato storto?
I modelli econometrici non sono
mai stati perfetti, ma non sono da accusare più di tanto. Non possono prevedere
gli spiriti animali, ovvero l’umore di chi materialmente decide di investire e
consumare oppure, al contrario, risparmiare. Non possono, soprattutto,
anticipare i comportamenti politici che prendono spunto dalle previsioni e che
vanno poi a retroagire sulla realtà.
Facciamo un esempio. In Europa,
calcolando gli effetti delle politiche monetarie e fiscali, era prevista per
quest’anno una graduale accelerazione. I tassi a zero e il modesto
ammorbidimento di fatto della linea dell’austerità erano il presupposto
necessario e, si pensava, sufficiente per allargare la forza dell’economia
tedesca al resto dell’Eurozona.
Così è stato, al punto che
tutti, anche gli scettici, si sono convinti che finalmente anche l’Europa
avrebbe raggiunto la ripresa globale. Sulla base di queste previsioni che
stavano diventando realtà, il governo tedesco si è sentito sufficientemente
forte da sfidare la Russia sull’Ucraina. Alle sanzioni sono naturalmente seguite le controsanzioni,
con danni reciproci evidenti. Alla fine la Russia è entrata in recessione e la
Germania ha perso ogni slancio propulsivo.
I modelli econometrici non
potevano nemmeno prevedere i successi elettorali di Alternative fur
Deutschland, il partito euroscettico che fa da spina nel fianco del governo
tedesco. Merkel, Schauble e Weidmann hanno reagito indurendo la loro retorica
sull’austerità. Questo fa sembrare Draghi isolato. Così in realtà non è, ma l’apparente
divisione nell’Eurozona limita l’impatto psicologico delle numerose misure, di
fatto molto simili a un Qe classico, che la Bce ha iniziato a implementare.
In America i modelli
prevedevano un’accelerazione del riassorbimento dei disoccupati nel mondo del
lavoro. Questo, solitamente, produce un aumento dei consumi. Chi ha finalmente
un lavoro può permettersi di spendere di più e, soprattutto, può ottenere un
prestito per comprarsi una macchina, magari usata, o un elettrodomestico.
Il riassorbimento dei
disoccupati c’è stato ed è andato oltre le più rosee previsioni. Quella che non
è stata correttamente anticipata è la propensione al risparmio. Sono ormai più
di tre mesi che a un forte aumento degli occupati corrisponde una crescita del
reddito risparmiato.
Il consumatore americano è
famoso per la sua propensione a spendere e indebitarsi anche in periodi
incerti. Durante la crisi asiatica del 1998-99, ad esempio, un’ampia caduta
delle borse e una caduta della produzione in molti paesi, i consumi americani
continuarono a crescere a una velocità del 7 per cento annualizzato.
Certo, oggi è molto difficile
ottenere un mutuo per una casa, ma un prestito per un’auto è di nuovo alla
portata di tutti e acquistare a rate un televisore non è certo un problema.
Quella che è cambiata, rispetto ai dati storici sui quali sono costruiti i
modelli, è la fiducia nel futuro, su cui è basata la voglia di spendere.
Quando i mercati hanno scoperto
un punto debole anche in America (i consumi) il quadro globale, già deteriorato
in Europa e non brillante in Asia, è apparso improvvisamente a rischio.
Mettendo insieme il rallentamento economico in tutto il mondo, la fine del Qe
americano, l’inizio debole del Qe europeo e il sopraggiungere di Ebola
nell’impreparazione generale, i livelli delle borse, non assurdi ma certamente
piuttosto elevati, sono apparsi mprovvisamente
insostenibili. I bond di qualità migliore sono per contro tornati un porto
sicuro, smentendo ancora una volta le previsioni di un ribasso imminente.
In altri momenti, fino a
qualche settimana fa, una caduta così consistente delle borse sarebbe stata un
forte richiamo per la liquidità che langue a rendimenti vicini a zero. Questa
volta, tuttavia, lo spettro di Ebola, alimentato da certe previsioni
particolarmente fosche, ha frenato la mano dei compratori, che vogliono evidentemente
vederci più chiaro.
Per fortuna ci sono alcuni
elementi positivi (o potenzialmente tali) che potrebbero indurre a non
considerare conclusi definitivamente il grande ciclo rialzista delle borse e,
soprattutto, la ripresa globale iniziata nel 2009.
Il primo, anch’esso non
previsto dai modelli econometrici, è l’impressionante discesa del petrolio, che
ha tutta l’aria di essere strutturale. Per i paesi importatori ha lo stesso
effetto di un taglio delle imposte sui consumi. L’America, per quanto produttore
di quantità crescenti di greggio e di gas, è ancora importatore netto e quindi
trae anch’essa beneficio dalla nuova situazione, anche se meno di Europa, Asia
e Giappone.
Il secondo è che gli utili del
terzo trimestre, in via di pubblicazione, sono nel complesso all’altezza delle
previsioni.
Il terzo è il già evidente
cambiamento nella retorica della Fed. Fino a oggi le colombe si affannavano a
sottolineare i punti deboli dell’economia americana con l’obiettivo di
giustificare Qe e tassi a zero. Oggi insistono invece sulla sua forza
strutturale, cercando così di infondere fiducia nei mercati. Nonostante questo,
fanno capire che terranno i tassi a zero, in caso di bisogno, più a lungo di
quanto non si era incominciato a pensare.
Il quarto è che sta allargandosi
velocemente la consapevolezza che le politiche fiscali dovranno tornare ad
affiancare le politiche monetarie nel sostegno alla domanda. Non lo dice più
solo Krugman, lo affermano anche Schauble in Germania e, novità assoluta,
repubblicani moderati come Glenn Hubbard, già capo dei consiglieri economici di
Bush figlio. Una vittoria repubblicana anche al Senato potrebbe addirittura
facilitare la cosa. In Europa, per non appesantire i disavanzi pubblici e non
privare Schauble dello scopo della sua vita, il pareggio di bilancio tedesco
nel 2015, si cercherà di usare al massimo la Bei e di attivare partnership tra
pubblico e privato. I tempi purtroppo non saranno brevissimi, ma il messaggio
sarà importante.
Il quinto è che il Qe europeo è
appena cominciato e non potrà che accelerare.
Il sesto è che molti mercati si
sono levati il pensiero della correzione del 10 per cento, quella che non si
vedeva da troppo tempo e che ad alcuni toglieva la voglia di comprare.
Il settimo è che le clamorose
falle di sistema nella risposta iniziale a Ebola in Spagna e in America hanno
dato la sveglia, si spera, alle autorità politiche e sanitarie, adagiate finora
in un atteggiamento compiaciuto e teso solo a rassicurare il pubblico. Sono in
preparazione in giro per il mondo una decina di vaccini che sembrano
promettenti sugli animali e che verranno sperimentati in Africa già da
dicembre.
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