martedì 23 dicembre 2014

2015 . ANNO DIFFICILE PER L'EUROPA, CON ELEZIONI IN GRECIA, SPAGNA, PORTOGALLO, GB E CHISSA'....



Il 2015 sarà un anno di elezioni delicate in molti paesi europei, Grecia in primis. Se anche Samaras riuscirà a vincere la scommessa dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica,  evitando così le elezioni a febbraio, comunque ci saranno a fine anno. E prima si svolgeranno in Spagna e Portogallo, dove contenti non sono. Non parliamo della GB, dove il partito in ascesa è l'UKIP di Farage, di cui  tutti conoscono l'antieuropeismo convinto. 
Per fortuna non si vota in Francia, anche se le elezioni parziali occorse quest'anno un bello schiaffone ad Hollande ma anche alla casa unionista lo hanno dato, con la Le Pen unica vincitrice della consultazione intermedia. 
Se la crisi non inizia a flettere, ma veramente, evocare il Titanic per la nave europea, come fa Venturini nell'articolo che segue, non sarà solo retorica.



Perché la Grecia torna a far tremare l’Europa



La Grecia è tornata a far tremare l’Europa. Nel Parlamento di Atene viene messa oggi alla prova, con la seconda delle tre votazioni, la scommessa del premier Samaras di far eleggere il nuovo Presidente entro il 29 dicembre. Ma i 180 voti necessari ancora non si vedono, e per questo Samaras ha promesso — in cambio di un successo parlamentare — riforma costituzionale, rimpasto governativo e elezioni politiche a fine 2015. È chiara l’intenzione di Samaras di corteggiare i voti dei deputati indipendenti, ma gli euroscettici di Syriza, che i sondaggi danno vincenti qualora un nulla di fatto in Parlamento portasse alle elezioni politiche già a febbraio, hanno respinto le idee del Premier.
Lo scenario greco può ancora cambiare e dare ragione a Samaras. Ma se così non fosse — ed ecco il motivo dei sonni agitati dell’Europa — la Grecia potrebbe diventare l’avanguardia di una più ampia rivolta elettorale contro il rigore. Nei suoi comizi il leader di Syriza Tsipras non chiede più l’uscita dall’euro. Ma promette all’esausta popolazione ellenica il ritorno del salario minimo, aiuti alle famiglie ridotte in miseria, riassunzioni dei licenziati. Con quali coperture finanziarie? Nessuna: Tsipras intende chiedere all’Ue di coprire una buona fetta dei debiti greci. L’uscita di Atene dall’euro diventerebbe così una necessità, o un coltello puntato alla gola degli altri membri dell’Unione.
La Grecia è ancora una mina. Ma non c’è forse anche un messaggio inquietante, in questo rapporto che non funziona tra l’Ue e parti rilevanti dei suoi popoli? Interrogativi di questo tipo sono già stati stimolati dalla crescita di movimenti populisti e anti-europeisti in almeno una decina di Paesi dell’Unione. Ma oggi la situazione è cambiata, è diventata molto più urgente e non soltanto per il test greco.
Nel 2015 si voterà in Spagna, dove il nuovo partito euroscettico Podemos è ai vertici dei sondaggi. L’economia spagnola (come quella greca, del resto) mostra segni di miglioramento, ma questo non incide sulla disoccupazione, non raggiunge la società. E le urne raccolgono gli umori del momento, non le speranze degli economisti. Nel 2015 si voterà anche in Portogallo, dove la confusione politica finisce per favorire l’anti-europeismo. Non sappiamo se si andrà alle urne in Italia, ma dovrebbe davvero sentirsi rassicurata, l’Europa, dal fatto che da noi gli anti-euro siano divisi in partiti diversi e non dispongano della massa critica per vincere? E ancora, nel maggio del 2015 si voterà in Gran Bretagna. Elezioni attese per capire se gli anti-europei dell’Ukip guadagneranno, e quanto. Ma attese anche perché esse avvicinano il referendum promesso da Cameron e che può portare al Brexit (abbreviazione di British exit) .
C’è dunque da essere sorpresi, se i più lucidi vedono arrivare sul tavolo dell’Europa un ingorgo potenzialmente micidiale? Beninteso nessuna elezione può considerarsi giocata in anticipo, nemmeno quella greca. Ma l’Europa che non cresce quanto dovrebbe, non crea l’occupazione necessaria per convincere gli elettori e fatica a riformarsi, può forse escludere una spaccatura nord-sud che per molti versi esiste già? La Germania userà il suo peso per evitarla? La questione britannica coglierà il resto dell’Europa nel momento peggiore? E soprattutto esiste (per nostra fortuna) il dilemma della Francia, in crisi e con Marine Le Pen in testa ai sondaggi: è nord, è sud? Berlino, sepolto l’asse d’un tempo, arriverà a punirla già a marzo, lasciandola alla deriva?
Oggi non possiamo rispondere a questi interrogativi. Ma nasconderli o trascurarli non salverà l’Europa. Occorre mettere a fuoco il pericolo di uno scontro tra rigore e democrazia, e prepararsi ad affrontarlo. Altrimenti l’Ue somiglierà sempre più alla celebre orchestrina che continuava a suonare sul ponte del Titanic.

1 commento:

  1. un'occhiatella a questo blog forse aiuterebbe a trovare tante risposte....oramai si può anche non uscire dalla redazione del giornale ma non ignorare la realtà fuori dalla redazione o dalle private e comode case calde...
    http://sopravvivereingrecia.blogspot.it/

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