sabato 27 dicembre 2014

ADRIANO SOFRI : UNA PICCOLA STORIA NATALIZIA



Natale è passato, ma Adriano Sofri non se n'è preoccupato postando una storia deliziosamente natalizia.
Nel raccontare il suo rapporto con l'elemosina, narra qualche aneddoto, in modo piacevolmente leggero. Un lettore, commentando, ha ricordato come un filosofo avesse rilevato : se tutte le elemosine fossero fatte per compassione, tutti i mendicanti sarebbero morti di fame».
Credo che abbia ragione, e forse è per questo che Dostojevskij. parlando dei "doppi pensieri", concludeva che, alla fine, è importante che le cose buone si facciano, e pazienza per i veri motivi.

Il mio Natale coi poveri

 

Il Natale ha rinfocolato in me la disputa sull'elemosina. E' successo che ero a Roma, e ho approfittato delle migliori aperture per visitare un certo numero di chiese, ma è successo anche che per distrazione ero uscito senza un soldo. Così ho sperimentato come ci si sente a non fare l'elemosina. (Come ho detto altre volte, non penso che farla o non farla stabilisca una differenza morale: io la faccio, per un ricordo d'infanzia, e perché mi piace così). Il fatto è che quando entrate in una chiesa uno o due mendicanti allungano la mano o il cappello e pronunciano la loro implorazione, accompagnata da benedizioni eccetera. Potete far finta di non vederli, ma non è facile. Potete dire: "Non ho soldi", ma loro sanno che non è vero. Come fai a non avere soldi con quella bella sciarpa blu. Ve la cavate col più increscioso imbarazzo, però poi dovete uscire. All'uscita, cappello e mano si stendono ancora, ma l'implorazione ha già qualcosa dell'indignazione e del biasimo, e fra mezzo metro potrà diventare una mezza maledizione o, peggio, un commento sul vostro cuore duro. Davanti a uno, a Sant'Agnese, mi sono fermato e ho farfugliato: "Sono uscito senza soldi…". "Bravo!", ha esclamato, pieno di sarcasmo, e ha continuato mentre me la squagliavo: "Bravo!" A questo punto ero però io indignato e offeso: dopo un vita trascorsa a fare l'elemosina, essere trattato così, come uno avaro e bugiardo, anche. Improvvisamente, una barriera di incomprensione si era alzata fra me e i poveri del mondo. Ho pensato con orrore all'eventualità di farmene condizionare al punto di smettere, d'ora in poi, di fare la carità. Ma ho reagito. Il giorno di Natale alla stazione avevo appena fatto l'elemosina a un cliente antico, italiano, anziano, barbone, che a volte vuole raccontarmi di nuovo la sua storia, altre volte sostiene di essere stato in galera con me, per mettersi in buona luce. Il treno era in ritardo, sono andato a prendere un caffè, nella coda alla cassa davanti a me c'era il mio amico, "Che cosa prendi?", ho detto, "Niente", ha detto, e ha consegnato alla cassiera una manciata di monete, ricevendone in cambio un certo numero di cartelle di Gratta e vinci o qualcoa del genere. D'ora in poi gli farò l'elemosina più volentieri, lui non la spreca per la roba, o per il vino. Lui la investe. Andrei pazzo che vincesse 10 milioni di euro con una mia moneta. In Svezia, per esempio, un immigrato rom ha vinto molti milioni di corone, ed è tornato in Romania a farsi una villa. E un eritreo ha vinto, però solo trecentomila euro in un gioco televisivo, e si è disputato se avesse o no il diritto di incassarli, perché è irregolare ma non deportabile dato che l'Eritrea non vuole saperne, e lui ha annunciato che si pagherà un corso per fisioterapista. Così, alla fine della festa, sono ancora più sicuro della mia mania di fare l'elemosina. Può servire a farsi, a ubriacarsi, a prendere meno botte dal magnaccia o a comprarsi il telefonino: oppure, ricongiungendo buon cuore e spirito del capitalismo, a giocare alla lotteria.

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