venerdì 23 gennaio 2015

"ABBIAMO SALVATO LA GRECIA. TSIPRAS PERICOLOSO DEMAGOGO"



Domenica si voterà in Grecia, e i sondaggi danno nettamente in testa Tsipras e la sua sinistra radicale. Se fossero sondaggisti italiani, io al punto del leader greco sarei molto preoccupato, ma magari da quelle parti sono più bravi - o i greci più sinceri nel rispondere ...
Nelle ultime battute della campagna elettorale, Tsipras tuona che in caso di vittoria non si sentirà vincolato dagli impegni contratti dai suoi predecessori. Immagino come saranno contenti quelli che in questi anni hanno prestato alla Grecia qualcosa come 250 miliardi di euro...C'è chi giura che si tratta di slogan di propaganda, di bluff finalizzati sia a vincere le elezioni, sia a strappare un compromesso migliore possibile nella rinegoziazione degli accordi.
Vedremo. Intanto, mi è parsa interessante questa intervista al ministro degli esteri greco. Venizelos, segretario dello storico partito socialista, il Pasok, ora praticamente scomparso (in dubbio addirittura il superamento dello sbarramento del 3% per entrare in Parlamento.
L'uomo rivendica il merito di aver salvato il proprio paese, pur imponendo a gran parte della popolazione grandi sacrifici.
"Mi sono comportato da uomo di Stato, e sono pronto a pagarne il prezzo". Negli ultimi 20 anni, questa cosa in Europa si poteva dire praticamente solo di Schroeder, cancelliere tedesco e segretario della SPD, che veramente sacrificò ogni possibilità di rielezione pur di varare le riforme che riteneva fondamentali per curare una Germania in ginocchio economicamente per il salasso derivato dall'unificazione. A giudicare dai risultati, il sacrificio non fu vano, e una volta tanto. il sacrificato almeno il riconoscimento di questo lo ha avuto, dagli osservatori (più facile) e dai connazionali (più raro). 
Magari Venizelos spera che a lui accadrà la stessa cosa.




«Così l’austerità ha salvato la Grecia»
Domenica il voto Tsipras favorito. Le incognite
Il ministro degli Esteri Venizelos: «La sinistra di Syriza? Solo seduttori menzogneri» 
 
DAL NOSTRO INVIATO ATENE Successe ai primi di novembre del 2011, prima dell’alba, sull’autostrada che dall’aeroporto porta ad Atene. Il vertice di Cannes si era appena concluso. A porte chiuse, Angela Merkel (Germania) e Christine Lagarde (Fondo monetario internazionale) avevano messo con le spalle al muro il primo ministro greco George Papandreu. La sua idea di un referendum dentro o fuori l’euro aveva terrorizzato i mercati, lo spread era impazzito. «Le piazze asiatiche stavano per aprire, chi doveva stabilizzare la situazione se non il ministro delle Finanze?» racconta al Corriere uno dei passeggeri di quell’auto blu. Fu così che Evangelos Venizelos dettò il comunicato stampa che toglieva dal tavolo il referendum. Il credito europeo non collassò, ma le conseguenze politiche furono devastanti. L’ex capo, Papandreu, ha lasciato il Pasok, lo storico partito socialista greco, e corre in proprio. L’ex ministro delle Finanze, Venizelos oggi agli Esteri, è diventato segretario. Però allora i socialisti avevano oltre il 40% dei voti, ora lottano per superare la soglia del 3% alle elezioni di domenica.
Dottor Venizelos, ne valeva la pena?
«Non avevo scelta. Allora come oggi l’alternativa era populismo irresponsabile oppure senso dello Stato. La situazione era fuori controllo. Nell’aria c’era un fallimento caotico del Paese che avrebbe portato al disastro. L’unica salvezza era un grosso, grossissimo prestito dai nostri partner. In ossequio alla concezione dominante nell’Unione, le condizioni furono di tipo neo liberale: austerità, rapido riallineamento fiscale e riforme».
Forse avreste dovuto trattare condizioni migliori, come ora vorrebbe fare la sinistra di Syriza se vince.
«Senza dubbio avremmo preferito aggiustare il deficit fiscale in 10-15 anni invece di 4. Ma qualcuno avrebbe dovuto essere disponibile a concederci più di 250 miliardi, il 75% del nostro Pil. Il sogno di Syriza è puerile. L’Eurogruppo, dove si devono discutere queste cose, è diverso da qualsiasi altra istituzione europea. Lì non esiste eguaglianza, ma solo l’azione di forze economiche e finanziarie contrapposte».
Però anche l’austerità ha portato povertà e recessione.
«Oltre alla fretta, l’altra condizione del prestito erano le cosiddette riforme strutturali. Riforma di lavoro, pensioni e pubblica amministrazione, più liberalizzazione delle professioni e del mercato. Misure molto utili alla creazione di impiego e alla crescita economica a lungo termine. Difficile però sincronizzare riforme con tagli a stipendi e pensioni».
Quindi ammette di aver sbagliato?
«No. Oggi abbiamo il miglior surplus strutturale d’Europa, forse anche del mondo. Meglio di Singapore. E in più, grazie alla ristrutturazione del debito concordata nel 2012, l’80% dei titoli greci ora è in mano a istituzioni pubbliche, fuori dalle manovre speculative del mercato. Poi paghiamo il 40% di interessi in meno».

Non riuscite però ancora a pagare il debito.
«Abbiamo aggiustato la bilancia fiscale, ora bisogna agire sul fattore crescita. E’ un problema comune a tutti i governi del Sud Europa. L’Italia chiede investimenti per riattivare la crescita, la Francia lo stesso. E’ la realtà. Il resto, quello che Syriza usa per sedurre gli elettori, è menzogna».
La maggioranza degli elettori sembra credere a Syriza e non a lei.
«Purtroppo democrazia e verità fanno fatica ad andare a braccetto. E’ comprensibile. Da una parte le nostre misure impopolari, dolorose, ma necessarie. Dall’altra la demagogia e il populismo dell’opposizione. Come si fa a dire “vado in Europa, sbatto i pugni e mi ascolteranno”. Non è ingenuità, è malafede. Spero che i greci non debbano pagare troppo caro il voto di domenica».

Andrea Nicastro

Nessun commento:

Posta un commento