lunedì 19 gennaio 2015

GIOVEDI' APPUNTAMENTO DETERMINANTE PER DRAGHI E L'EUROPA



Grande attesa per quanto accadrà giovedì a Francoforte, per vedere se, finalmente (oddio, per i tedeschi questo termine non è assolutamente appropriato) Mario Draghi partorirà il Quantitative Easing in salsa europea, con l'acquisto diretto dei titoli di stato dei vari paesi dell'Unione. L'opposizione tedesca è nota, e si sa che, nel caso, non accetteranno disciplinatamente di essere messi in minoranza nel consiglio, come ultimamente gli sta capitando, pronti a rivolgersi alla loro Corte Costituzionale e a quelle europee ( presso quella di Giustizia, un procedimento è già in corso, e per il momento Draghi ha ottenuto un parere moderatamente favorevole da parte dell'avvocatura generale ). 
Come bene spiega Ricardo Franco Levi nell'articolo che segue, le questioni, e le trappole, sono diverse e stavolta la soluzione diplomatica, la mediazione tra opposte posizioni, pare assai ardua, a meno di un compromesso talmente al ribasso da significare, in realtà, una sconfitta del Presidente della BCE appena mascherata da quel minimo che dovrebbe occorrerre a salvarglia la faccia.
Intanto i mercati sono in attesa coi fucili spianati.
Stavolta la sensazione è che non si accontenteranno di una nuova promessa.



Il cavillo tedesco che minaccia la mossa di Draghi 
Ricardo Franco Levi 
 
Giovedì prossimo, a Francoforte, la Banca centrale europea (Bce) deciderà se procedere con un massiccio acquisto di titoli pubblici per aiutare l’Europa a risollevarsi dalla crisi.
Non sarà una decisione facile. Sono in molti a considerare che non spetti alla Bce il compito di «salvare gli Stati in crisi». Così la pensa una minoranza dello stesso Consiglio direttivo della banca. Così ha detto la Bundesbank. Così, dalla sua sede di Karlsruhe, si è espressa nientemeno che la Corte costituzionale tedesca che ha, tuttavia, sospeso il proprio giudizio chiedendo un parere preliminare alla Corte di giustizia dell’Unione europea (Ecj) a Lussemburgo. Pochissimi giorni fa, il 14 di gennaio, è stato, pertanto, accolto con un sospiro di sollievo il parere dell’Avvocato generale della Corte di giustizia, Pedro Cruz Villalón, secondo il quale l’acquisto di titoli pubblici per salvare l’euro è compatibile con la legge europea.
Tutto bene, dunque? Luce verde per Mario Draghi? Il diavolo, come si sa, si nasconde nei dettagli. E questa volta, ben coperto, si annida un diavolo potenzialmente molto, molto cattivo.
Tutto comincia il 26 luglio 2012 quando, con i tassi sui titoli di Italia e Spagna a livelli insostenibili e l’euro a rischio di esplosione, il presidente Draghi annuncia che la Bce farà «tutto quello che serve». Quelle poche parole bastano per riportare la calma sui mercati. Ma ancora non si sa in che cosa si potrà tradurre quella promessa.
La risposta viene il 6 settembre successivo, quando la Bce rivela la propria arma: le Outright Monetary Transactions , in sigla Omt. Se un governo della zona euro chiederà formalmente aiuti e sottoscriverà un programma di riforme, la Bce acquisterà sul mercato i suoi titoli pubblici.
Sulle Omt si abbatte il fuoco nemico. Trentacinquemila cittadini tedeschi sottoscrivono un ricorso alla Corte costituzionale tedesca contro di esse. Il 12 settembre la Corte annuncia che aprirà un’indagine. Trascorrono altri tre mesi e, in dicembre, contro le Omt, la Corte riceve un esposto formale della Bundesbank.
Il 7 febbraio 2014 la Corte comunica il proprio verdetto. Le Omt sono illegali.
Gli acquisti di titoli pubblici violerebbero il divieto di finanziamento monetario dei bilanci, regola fondamentale dell’Unione monetaria come «comunità di stabilità» che salvaguarda la responsabilità di bilancio del Parlamento tedesco. Tesi a ridurre i divari tra i tassi sulle obbligazioni degli Stati dell’area euro, divari «che riflettono solo lo scetticismo che i singoli Stati membri forniscano sufficiente disciplina di bilancio», tali acquisti si tradurrebbero in atti di esplicita politica economica, riservata ai governi. Essi, dunque, andrebbero ultra vires , al di là delle prerogative della Bce.
A meno che… A meno che sia esclusa «l’accettazione di un taglio del debito», «che i titoli di Stato degli Stati membri selezionati non siano acquistati fino a quantità illimitate», che siano evitate «interferenze con la formazione del prezzo sul mercato».
Se queste condizioni non fossero rispettate, potrebbe essere violato non solo il diritto primario dell’Unione europea ma anche — e qui sta il punto più delicato e potenzialmente dirompente — il diritto individuale dell’elettore tedesco. In gioco è niente meno che «l’area dell’identità costituzionale» della Legge fondamentale tedesca (la Grundgesetz ).
Questo ha detto la Corte, lanciando, insieme alla propria minaccia, una duplice ciambella di salvataggio. La prima, sospendendo il proprio giudizio e chiedendo alla Corte di giustizia europea di esprimersi. La seconda, chiarendo a quali condizioni essa potrebbe approvare le Omt.
Molto, allora, dipenderà, quando arriverà, dal parere dei giudici europei. E, già questa settimana, dalla Bce che, se deciderà di procedere con gli acquisti di titoli pubblici dando corpo ad una manovra di cosiddetto Quantitative Easing (Qe), dovrà chiarire con quali modalità gli acquisti saranno eseguiti.
Se, come sembra, saranno le banche centrali a farsi carico del rischio per l’acquisto delle obbligazioni dei rispettivi Stati, lo scoglio politicamente più ingombrante — cioè l’opposizione tedesca (e non solo tedesca) a far ricadere sui propri cittadini il costo di un intervento a favore dei Paesi in difficoltà come, in questo momento, la Grecia — potrebbe essere superato.
Ma è assai difficile che le condizioni poste dalla Corte tedesca possano essere rispettate in pieno. Cosa succederà allora? Se la Corte di Lussemburgo confermerà la compatibilità delle Omt con il diritto primario dell’Unione europea nonostante un mancato completo rispetto delle condizioni della Corte di Karlsruhe, come si comporterà quest’ultima? Accetterà il giudizio? O decreterà che allora è lo stesso diritto primario dell’Ue a violare l’identità costituzionale della Legge fondamentale tedesca e — come ha ipotizzato nel proprio parere separato il giudice Gerhardt votando contro la pronuncia della Corte — avvierà una «procedura di revisione degli atti istitutivi dell’Unione»?
Alla fine, ad evitare scenari dalle imprevedibili conseguenze, si può sperare che un’intesa venga trovata e che la «bomba atomica» non venga sganciata.
Anche se e quando a un compromesso si sarà arrivati, sarà tuttavia bene non dimenticare l’intera storia e non sottovalutare quel sentire profondo, quella componente dell’identità tedesca (e non solo tedesca) che in essa si è rivelata.

Nessun commento:

Posta un commento