giovedì 22 gennaio 2015

RENZI NELLE MANI DI BERLUSCONI ? IL MONITO DI POLITO



Da più parti si sostiene apertamente che da ieri, con l'emendamento Esposito sull'Italicum approvato dai berlusconiani e bocciato dai pretoriani della sinistra dem, è nata una nuova maggioranza, che Polito chiama "il partito del Nazareno". L'opinionista osserva però che questa maggioranza era già operativa, e praticamente è alla base della nascita del governo di Renzi. Ipotizza addirittura che senza il patto tra Renzi e Berlusconi, il segretario PD non avrebbe nemmeno ottenuto il placet di Napolitano a sostituire il prescelto Letta. Invece Renzino ha potuto dire al Colle : "Io, per fare le riforme, ho l'appoggio di Forza Italia, quello che Letta ed Alfano non hanno più. Quindi io le posso fare, l'attuale governo no". A quel punto Napolitano si sarebbe convinto. Dietrologia ? Direi di sì, per quanto, come spesso accade in questi casi, non inverosimile, nella sostanza se non nella forma. 
Nei fatti, Polito ha agio nel ricordare tutti i numerosi casi in cui gli azzurri hanno favorito il governo. Non pochi e non irrilevanti. La novità è che stavolta il peso del soccorso è stato assolutamente determinante e reso vieppiù evidente dai quasi 30 voti contrari della minoranza democratica. Una spaccatura stavolta netta, che potrebbe essere, per alcuni, veramente l'anticamera della così spesso evocata scissione. La partita del Quirinale è imminente, e potrà stabilire una volta per tutte se veramente c'è una nuova realtà delle cose.

  

Il partito del nazareno 
 
 
 
 
 
È nata una nuova maggioranza, con Berlusconi dentro e Bersani fuori? Se lo chiedono in molti dopo che i senatori di Forza Italia, al grido di «forza Italicum», hanno salvato il governo sostituendosi ai voti della minoranza pd. Ma è una domanda ingenua, almeno per la prima metà. Berlusconi era già di fatto nella maggioranza che sorregge il governo fin dal suo parto; ne fu anzi l’ostetrico nell’incontro del Nazareno. Solo grazie al placet di Berlusconi sulle riforme Renzi poté presentarsi al Quirinale e chiedere l’incarico a Napolitano: era diventato in grado di fare ciò che a Letta e ad Alfano non era stato consentito.
I puristi della Costituzione formale potrebbero ora anche chiedere al capo dello Stato, se ce ne fosse uno nella pienezza dei poteri, una verifica parlamentare della nuova maggioranza. Ma la verità è che dalla nascita a oggi già più volte si è visto all’opera nelle Camere il partito del Nazareno (PdN?), o «soccorso azzurro» come lo chiamano spregiativamente gli avversari. Sulla riforma del Senato a Palazzo Madama, quando l’opposizione interna al Pd è stata resa ininfluente grazie al sostegno di Forza Italia. Ma anche per garantire il numero legale sul Jobs act. E sul decreto fiscale tanto contestato, quello della depenalizzazione dei reati sotto il 3%, si può star certi che Forza Italia sosterrà il governo quando se ne discuterà in Parlamento.
Né vale l’obiezione per cui la legge elettorale non è materia di maggioranza, perché lasciata al libero formarsi del consenso in Parlamento. Ma quando mai? La legge elettorale è la più politica delle leggi (De Gasperi mise addirittura la fiducia sulla legge-truffa). Infatti l’Italicum è stato preparato dall’esecutivo, accompagnato amorevolmente in Parlamento da un ministro plenipotenziario, ed è materia essenziale del programma di governo. La controprova sta nel fatto che se ieri fosse caduto, sarebbe caduto anche il governo (come del resto lo stesso Renzi ha fatto intendere ai suoi «ribelli»). Dunque sì, il voto di ieri configura una maggioranza politica. Solo che la novità non è questa. La novità è che, per la prima volta, i voti di Berlusconi sono determinanti: l’ex Cavaliere è diventato l’ago della bilancia di un equilibrio che finora pendeva tutto dalla parte di Renzi. In questo senso ha ragione il gianburrasca Brunetta: ora il premier non può più dire «se non ci state andiamo avanti da soli».
E qui arriviamo alla seconda domanda. Assodato che Berlusconi è in maggioranza, se ne deve dedurre che Bersani, D’Alema, Cuperlo, Fassina e tutta la schiera di dissidenti democratici sono passati all’opposizione? Gente del mestiere come loro non poteva non sapere che facendo mancare 27 voti a Renzi avrebbe innescato la clausola di mutua difesa del patto del Nazareno, producendo così l’effetto collaterale di rendere determinante Berlusconi. È possibile che l’abbiano fatto deliberatamente? Da tempo si dice che la minoranza Pd è divisa tra chi vorrebbe metter su una casa nuova e chi vuol acquartierarsi nella vecchia. D’Alema guiderebbe il primo gruppo, e a sentirlo l’altra sera da Floris mentre tifava Tsipras si era indotti a crederlo. Mentre Bersani vorrebbe restare nella Ditta, di cui del resto ha il copyright . Ma nel gruppo dei 27 oltre a Gotor, che è pur sempre un professore guidato dall’etica weberiana della convinzione, c’era anche Migliavacca, che di Bersani è invece l’uomo d’azione, rotto a ogni compromesso. Se stavolta non c’è stato, vuol dire che qualcosa di profondo è accaduto. La scelta di abbandonare l’assemblea del gruppo al Senato, presieduta dal segretario-premier, è simbolica per le liturgie di quel partito, quasi una scena da congresso di Livorno. Così come lo è la convocazione nella sala Berlinguer di 140 parlamentari fedeli. Tutto ciò autorizza il sospetto che davvero Bersani&co, più Fitto&co dall’altra parte, possano passare all’opposizione del governo, oltre che del partito del Nazareno.
Se così fosse il terreno ideale per la resa dei conti, col favore del voto segreto, è ovviamente l’elezione del nuovo capo dello Stato. Ne uscirebbe definitivamente sancito un tale rimescolamento tra sinistra e destra che perfino Giorgio Gaber non sarebbe più in grado di riconoscerle. Potrebbe diventare l’apoteosi di Renzi, l’ homo novus che libera la sinistra dai suoi rompiscatole. Ma potrebbe anche essere un cambio di pelle costoso per il giovane leader. Perché una cosa è appoggiarsi a Berlusconi, un’altra è mettersi nelle sue mani.

Nessun commento:

Posta un commento