mercoledì 21 gennaio 2015

STASERA INIZIA IL DUELLO TRA DRAGHI E WEIDMANN, IL CAPO DELLA BUNDESBANK



Inizia stasera la partita vera tra Draghi e la Germania. Il QE, così spesso annunciato, è arrivato al bivio cruciale. Il presidente della BCE sa di avere la maggioranza dalla sua, ma la vorrebbe ampia, se proprio dovesse essere spaccatura dura con i tedeschi. Questi ultimi sembrano contare proprio su questo timore di Draghi per fargli accettare un compromesso meno divisivo. Ok al QE ma limitato e con la condizione che i titoli degli stati più a rischio li garantiscono questi ultimi. Insomma, messa così, mi suona una soluzione al ribasso, e non credo che i mercati lo vedranno, dal loro punto di vista, come un bicchiere metà pieno. 
Comunque mancano ormai poche ore, domani potremo ragionare sui fatti anziché sulle ipotesi.




Bce: favorevoli, scettici e contrari I banchieri europei vanno alla conta
Domani la decisione dei Governatori 
per l’avvio del piano di 
«quantitative easing»



DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO L’idea, in molti ambienti della Germania, è che il Paese stia andando incontro a una seria sconfitta. Il veicolo attraverso cui arriverà è la Bundesbank, che in qualche modo sarà costretta a subire, nella riunione del Consiglio dei governatori della Bce di domani, una decisione di grande portata che non condivide e che considera fuori dalla linea di stabilità finanziaria perseguita in decenni dalla grande istituzione tedesca. Il passo fatale sta nel permettere alla Banca centrale europea di comprare titoli degli Stati dell’Eurozona – il cosiddetto Quantitative Easing (QE) sovrano: voluto dal presidente della Bce Mario Draghi ma non condiviso dalla Germania e dai rappresentanti di alcuni altri Paesi che però nel Consiglio sono in minoranza.
Per la Germania rimanere isolata su una questione come la stabilità della moneta non sarebbe questione leggera. Ieri, il quotidiano Süddeutsche Zeitung titolava «Senza chance contro Draghi». Sosteneva che dal 2009 le decisioni della Bce sono politicizzate, che la Bundesbank ha perso e che a questo punto non può che limitarsi a «evitare il peggio». Rappresentazione un po’ drammatizzata ma significativa del sentimento dominante nel Paese.
La realtà è più articolata e il presidente della Bundesbank Jens Weidmann è convinto di poterla giocare, qualche carta. In due scenari: uno di confronto diretto con Draghi (il meno probabile) e uno di compromesso non sfavorevole al punto di vista tedesco. Se domani si dovesse arrivare, nella riunione del Consiglio, a uno scontro duro e si andasse a una conta dei voti, Weidmann spera di contare su una matematica che lo tiene sì in minoranza ma non gli è tragicamente contraria. Nella riunione saranno presenti 21 persone. Innanzitutto, i sei membri permanenti del Consiglio esecutivo. Tra essi, quattro voteranno sicuramente a favore del QE: oltre a Draghi, il vicepresidente Vítor Constâncio, il capo economista Peter Praet e Benoît Cœuré, che nella riunione di dicembre della Bce aveva votato diversamente da Draghi ma ora è considerato favorevole all’acquisto di titoli pubblici. Contro, voteranno la tedesca Sabine Lautenschläger e forse il lussemburghese Yves Mersch.
Alla riunione di domani parteciperanno poi 15 dei 19 governatori nazionali, sulla base delle nuove regole entrate in vigore quest’anno che ne lasciano fuori quattro a rotazione (questa volta i rappresentanti di Grecia, Irlanda, Estonia e Spagna). Tra i 15, è conosciuta la posizione di scetticismo di sei governatori: oltre al tedesco Weidmann, quelli di Olanda, Lussemburgo, Slovacchia, Lituania, Lettonia. Potenzialmente, dunque, in caso di voto contrastato otto membri del Consiglio potrebbero votare contro e 13 a favore. Per Weidmann sarebbe un risultato apprezzabile. Per Draghi un risultato non esaltante (meno buono del previsto ma che afferma comunque l’indipendenza dell’istituzione). Per il QE un risultato cattivo: i mercati dubiterebbero della possibilità di portarlo avanti con determinazione. In queste ore, le pressioni sugli incerti sono comprensibilmente intense.
Il secondo scenario (più probabile) è che si arrivi a un compromesso sui contenuti. Nel qual caso i rappresentanti tedeschi voterebbero probabilmente contro in ogni caso ma senza toni duri; e altri potrebbero convergere su Draghi. Perché ciò avvenga, però, il QE dovrà essere su contenuti abbastanza «tedeschi». Cioè la Bundesbank dovrebbe riuscire a «evitare il peggio», ad annacquare l’operazione: a fare in modo che non valga più di 500 miliardi e che i rischi insiti nel comprare titoli di Stati non solidissimi rimangano in capo alle banche nazionali dei Paesi che li hanno emessi e non vengano mutualizzati.
Ieri, l’ex presidente della Bundesbank Axel Weber - che si dimise perché nella Bce si sentiva isolato – ha detto che nella Banca centrale europea «c’è un consenso ma non l’unanimità» a favore del QE. Anche perché – ha aggiunto – molti si aspettano che gli effetti aggiuntivi a quelli che ha già raggiunto per il solo fatto di essere in preparazione – l’indebolimento dell’euro – saranno modesti. Si battaglia sulle convinzioni.

danilotaino

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