Qualche giorno fa, mentre ero in palestra a sudare insieme ad un amico del circolo e fedele della Lupa, ad un certo punto mi azzardai - coi tifosi della Roma bisogna sempre essere cauti, e con diversi megli evitare del tutto - a domandargli se, nell'appannamento dei giallorossi di Garcia c'entrasse qualcosa una possibile "normalizzazione" di alcuni elementi. Mi spiegai meglio, riflettendo che capita, nello sport in genere, non solo nel calcio, che ci siano annate dove si creano sinergie e atmosfere particolari per le quali si rende al 110%. Per fare un esempio comprensibile a tutti, il mese dei mondiali tedeschi del 2006. Per 30 giorni, calciatori azzurri bravi e meno bravi diventarono TUTTI leoni, e vinsero un titolo assolutamente inaspettato. Buffon, Gattuso, Cannavaro erano e sono (Gigi ancora gioca e vince scudetti) grandi giocatori, ma nessuno li aveva mai visti prima, né dopo, giocare ai livelli di Germania 2006. Non parliamo poi di gente come Camoranesi, Zambrotta e soprattutto Materazzi e Grosso (!!??).
Ecco, il quesito era se forse alla Roma lo scorso anno, grazie anche alla novità Garcia, fosse accaduto qualcosa del genere.
Una squadra buona diventata fortissima, seconda solo ad una Juventus favorita dall' avvento di due attaccanti finalmente discretamente prolifici (Tevez e Llorente, quest'anno invece sparito) e un campionato che non proponeva mine per falsi passi possibili. La Roma, che aveva avuto un passaggio a vuoto verso la fine del girone di andata, scivolando a - 8, non era riuscita più a recuperare, pur vincendo sempre e con un gioco spesso più brillante di quello dei bianconeri che comunque, in un torneo "poco allenante all'Europa" (copyright Fabio Capello), riuscirono senza troppi patemi a tenere la distanza (poi ampliatasi nel finale, quando la Roma mollò, concludendo alla fine addirittura a - 14...).
Ecco, quella Roma quest'anno non si è praticamente MAI vista. Molti parlano del trauma post 7-1 col Bayern (in effetti una brutta mortificazione), a me è venuta in mente questa cosa : la Roma era ed è una squadra forte, MA NON così forte come aveva mostrato lo scorso campionato, dove molti dei suoi resero oltre aspettative ed effettive capacità. C'è anche poi che gli avversari imparano a conoscerti, e quindi sono pochi quelli che si offrono alle ripartenze di Garcia, e poi naturalmente c'è la fortuna : lo scorso anno andava tutto bene, questo al contrario.
Il mio amico mi ha risposto che la mia ipotesi era plausibile, e che però a suo avviso c'entrava anche qualche errore di preparazione della stagione, sia fisica che di rosa.
Il campionato è ancora molto lungo, e con 3 punti a vittoria e 1 per il pareggio, non sono certo i 6, 7 o 9 punti che stasera distanzieranno Juve e Roma a decretare la fine anticipata del torneo.
Però quest'anno tira un'aria diversa sulla Capitale, come se la Chiesa l'avessero di nuovo spostata in periferia...
Di seguito, l'analisi di uno dei giornalisti sportivi che preferisco, Luca Valdisseri, che, di fede romanista, scrive sempre articoli riflessivi e ispirati all'obiettività, più spesso raggiunta, checchè alcuni tifosi la ritengano impossibile.
Roma, 0-0 in casa col Parma
È il punto più basso con Garcia
In campo Gervinho e il neoacquisto Doumbia, provenienti dalla Coppa d’Africa
Ma entrambi hanno giocato una pessima partita. E la curva fischia
Ashley Cole ha avuto due occasioni per segnare (Reuters/Sposito)
Molto presto, probabilmente, il Parma non ci sarà più, stritolato dai
debiti che la perfetta macchina del calcio italiano ha permesso di
accumulare ai suoi dirigenti, però all’Olimpico c’è stato abbastanza
Parma per far cadere la Roma al punto più basso della gestione Garcia. È
finita 0-0, con i giallorossi contestati dalla curva che, fino al 93’,
li aveva incoraggiati sperando nel miracolo, perché solo la fede nel
miracolo era rimasta. Le palle gol più nitide sono capitate ad Ashley
Cole (44’ s.t.), un giocatore che da mesi è considerato finito, e a
Daniele Verde (48’ s.t.), un classe 1996 che fino a pochi mesi fa poteva
soltanto sognare un futuro da calciatore professionista. Questo dice
tutto del modo con cui la Roma ha affrontato la gara.
Garcia si è fidato dei due ivoriani,
arrivati solo venerdì a Roma, da campioni della Coppa d’Africa. Doumbia
è stato disastroso, come può capitare a chi è appena sbarcato
dall’aereo e non conosce nemmeno i nomi dei compagni. Però ha mostrato
anche limiti tecnici inquietanti. La speranza dei romanisti è che sia
stata tutta colpa della stanchezza. Gervinho è stato, se possibile,
ancora più dannoso. Ha perso tutti i palloni tranne uno, quello che ha
tirato in porta al 14’ s.t. ed è stato respinto da Mirante. A differenza
del compagno, Gervinho conosceva alla perfezione gli schemi di Garcia.
L’allenatore francese, adesso, è
naturalmente nel mirino. La sconfitta del Napoli a Palermo poteva essere
la strada per blindare il secondo posto. Bastava battere una squadra
con il destino già segnato, ma la Roma non l’ha né fatto né meritato. I
giallorossi non vincono in casa dal 30 novembre 2014 (4-2 all’Inter) e
hanno smarrito gioco e certezze. Senza Totti e Pjanic (influenza)
nessuno, tranne Ljajic, ha cercato di cucire il gioco. Il cambio di
Ljajic con Paredes, al 32’ s.t., è stato perciò incomprensibile, ma
intonato alla confusione che sta regnando dentro la Roma. Il Parma non
ha mai tirato in porta, è vero, ma ha fatto la sua partita e, nel
finale, poteva anche sfruttare meglio un paio di contropiede. Donadoni è
il suo simbolo: l’onestà del lavoro e dell’impegno, anche quando
verrebbe voglia di mandare tutto a quel paese. Se i giocatori non
riceveranno gli stipendi arretrati, più volte promessi, metteranno in
mora la società. Contro la Roma hanno dimostrato di essere buoni
calciatori e uomini anche migliori. Meriterebbero di portare in fondo,
orgogliosamente, questo campionato. Ma non dipende da loro
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