martedì 17 febbraio 2015

RENZI HA RAGIONE A PRENDERE TEMPO. DOVE ANDIAMO MAI DA SOLI ????

 

Ritengo abbia ragione il Premier italiano a dire che bisogna essere cauti, che certo l'Italia non si lancerà in avventure solitarie. Non per un problema di legalità internazionale, come dice lui, considerato che tra non molto, se quelli dell'Isis estendessero il loro controllo sulla Libia, dovremmo iniziare a pensare a DIFENDERCI, con gente che veramente potrebbe organizzare centinaia di sbarchi di migranti nei quali infiltrare migliaia di possibili tagliagole da far sbarcare in Italia,quanto perché non saremmo proprio in grado di affrontare da solo un nemico tanto spietato ed agguerrito. Renzi dice che vuole l'approvazione dell'ONU, e quindi il placet di USA e Russia, probabilmente confidando che non verrà mai, e non rivelare così l'inadeguatezza totale - del resto a nessuno sconosciuta - delle forze militari nazionali. Non è un problema solo italiano. Danilo Taino, sabato scorso, aveva dato qualche numero su scala europea :
Secondo l’International institute of strategic studies (Iiss), nel 1995 i veicoli da combattimento armati della fanteria erano 11.203 , oggi sono 7.460 . L’artiglieria, sempre nello stesso periodo, è passata da 39.556 pezzi a 22.441 . I sottomarini da 141 a 78 . Le portaerei da 17 nel 1995 a 21 nel 2005 per poi scendere a 18 oggi. L’aviazione tattica si è ridotta, nei vent’anni, da 5.418 aerei a 2.486 . Il numero dei carri armati da combattimento è addirittura crollato del 69% , da 22.049 a 6.924 : in Italia, per dire, da 1.077 a 160 ; in Germania da 2.695 a 410 ; in Francia da 1.016 a 200 . In parallelo, anche la presenza americana in Europa è crollata: da 326.400 militari di tutte le forze nel 1989 a 66.200 oggi; da dieci a zero brigate pesanti, da 28 a sei squadroni tattici d’aviazione, da cinquemila a 29 carri armati, da 279 a 48 elicotteri d’attacco e via dicendo.
 Tra il 2010 e il 2014 — si è detto ancora alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, uno degli appuntamenti annuali più importanti del mondo sul tema — le spese per la Difesa sono calate del 18,4% nell’Europa del Sud, del 2,6% in quella centrale mentre sono aumentate del 4% nell’Europa del Nord. 

La difesa garantita per 70 anni dagli americani ha consentito a noi europei di risparmiare sempre di più su questa voce fondamentale per la sicurezza - ricordate le polemiche sugli F35 ?, e adesso sono guai grossi.
Sia per inadeguatezza di mezzi che di mentalità. Quelli dell'Isis, esattamente come i loro cugini talebani, non sembrano troppo preoccupati di morire. In guerra ci sta, e loro lo accettano.
In occidente è tutt'altra musica.
Sicuramente noi siamo più civili, però loro a combattere temo che si trovino meglio...



Per partire servono 60 mila soldati 
 
 
 
Impossibile intervenire se non con un’ampia coalizione, necessarie truppe sul terreno L’Italia si troverebbe a impiegare almeno una brigata pesante, circa 7 mila uomini di Paolo Rastelli
L’ex primo ministro iracheno Nouri al Maliki l’ha definita senza mezzi termini «Terza guerra mondiale», visto che viene combattuta contro un’organizzazione, il Califfato di Al Baghdadi, che aspira al dominio universale. Maliki in quel momento (ottobre 2013) aveva tutto l’interesse a drammatizzare gli attacchi dell’Isis per avere il massimo dell’aiuto possibile. Ma certo la minaccia portata dallo Stato Islamico si sta allargando, producendo una risposta multinazionale i cui aderenti aumentano giorno per giorno.
Oggi si sono uniti gli egiziani, che dopo la decapitazione dei cristiani copti diffusa via video in tutto il mondo, hanno eseguito tre raid aerei in forze in Libia, aiutati anche da quel poco che rimane di aviazione libica rimasta fedele al governo di Tobruk, riconosciuto come legittimo dalla Comunità internazionale: secondo rapporti diffusi dallo stesso governo libico, una cinquantina di militanti dell’Isis sarebbero rimasti sul terreno anche se un effettivo controllo di queste cifre è allo stato impossibile. Qualche giorno fa in Siria erano intervenuti gli F-16 (in generale il velivolo più diffuso nell’area mediterranea, in possesso anche dell’Aeronautica militare italiana) della Forze aeree reali giordane, in risposta all’immolazione del pilota Maaz al Kassasbeh, bruciato vivo in una gabbia. Sempre in Siria e Iraq hanno lanciato incursioni, in momenti diversi, aerei americani, australiani, britannici, francesi, sauditi, del Qatar e degli Emirati arabi.
La Libia non è raggiungibile agevolmente da tutte queste aviazioni, soprattutto da quelle degli Stati arabi del Golfo in assenza di basi più vicine all’obiettivo. Ma comunque sul nuovo fronte aperto dal califfato è ipotizzabile, se mai avverrà, l’impegno di una robusta coalizione, più o meno analoga a quella che aiutò i ribelli a rovesciare Gheddafi nel 2011: Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada, Danimarca, Norvegia, Spagna, Emirati arabi uniti, Qatar, Egitto (che proprio ieri ha concluso con la Francia l’acquisto di altri 24 sofisticati caccia Rafale), con l’appoggio degli Stati Uniti, che può anche essere solo di Elint (informazioni elettroniche) con i velivoli Awacs e individuazione/illuminazione degli obiettivi.
Da questa lista si capisce che un eventuale intervento italiano (sul quale peraltro il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è dimostrato per ora alquanto tiepido) non potrà che essere inquadrato in un’iniziativa Nato con il via libera dell’Onu. Chiunque interverrà non potrà certo limitarsi ai raid aerei, per controllare un territorio ci vogliono, come dicono gli americani, i boots on the ground , gli stivali sul terreno: contro Gheddafi le forze di terra erano fornite dai ribelli, ma adesso dovranno essere mandate anche truppe europee. Quante? Secondo una stima prudente, dovendo bonificare e controllare un territorio vasto senza rilievi naturali importanti, almeno 60 mila uomini con equipaggiamento pesante: carri armati, elicotteri di attacco, mezzi trasporto truppe, genio.
Nel caso dell’Italia, non meno di una brigata corazzata o meccanizzata tipo Ariete o Garibaldi: due reggimenti di fanteria, uno di cavalleria corazzata, uno di carri armati, uno di artiglieria semovente, per un totale di almeno 7 mila soldati. Cosa troverebbero ad attenderli? Secondo un’analisi diffusa ieri dal Rid , Rivista italiana difesa, in Libia l’Isis ha un nucleo «duro» di 800 uomini (tra cui molti reduci del teatro siriano-iracheno) nell’area di Derna. A queste vanno aggiunte bande sparse, di consistenza incerta, nella Sirte e in Tripolitania, in parte scissioniste dalle milizie della Fratellanza musulmana. Per il momento l’armamento sarebbe leggero: mitragliatrici, razzi anticarro Rpg, mortai. Niente carri armati, per ora.

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