domenica 12 aprile 2015

VOGLIAMO DIRLO ? E DICIAMOLO : CON CONTE NON SAREBBE SUCCESSO

 

Autentica doccia gelata quella di ieri a Parma. Dopo la partita di Firenze, io, che ero sempre stato molto dubbioso sull'effettiva forza della Juventus, prima per distacco nel campionato italiano più - era il mio parere -  per la debolezza degli avversari che per strapotere proprio, mi ero posto il doveroso dubbio di essermi sbagliato. Già le vittorie col Dortmund avevano gettato il seme del dubbio, ma questa rimonta (all'andata avevamo perso a Torino per 2-1 ) con un energico 3-0, sul campo dei viola, proprio non me l'aspettavo. Oltretutto con in campo molte riserve ( nome desueto ma quello sono Padoin, Matri, Storari, Sturaro).Dopo tante vittorie striminzite per 1-0, tanto amate dal mister che certo non è un fanatico del calcio champagne, le coppe (quella nobile della Champions, quella modesta di casa) avevano proiettato un'immagine finalmente diversa, brillante.
Ecco, mai dire gatto...diceva il bravo e simpatico Trapattoni ( un altro grande mister juventino dal calcio piuttosto sparagnino...).
A Parma, come scrive giustamente nel suo articolo, che trovate di seguito, Roberto Perrone, nulla è perduto fuorché l'onore. Quand'anche stasera la distanza con la seconda si accorciasse a 11 punti, cui aggiungere quello acquisito col vantaggio sugli scontri diretti, a otto giornate dalla fine l'ipoteca sul 33 titolo (31 secondo FIGC) resterebbe ben salda. Rimane la bruttissima figura della sconfitta non solo con l'ultima in classifica, ma con una squadra già retrocessa, e in stato fallimentare. 
Una figura veramente bruttissima.
SI dice che è il bello del calcio, ed in effetti questo è l'unico sport dove il soggetto più debole può prevalere sul più forte. Anche in altri tipi di competizione può accadere, ma sempre e solo se , IN QUEL GIORNO, Davide è più forte di Golia. Si pensi a Seppi contro Federer, per dire. Invece nel calcio può benissimo succedere che schiacci l'avversario nella sua area, lo domini, ma pali, arbitri e parate del portiere ti negano il gol mentre gli avversari azzeccano un unico tiro che finisce in rete e vincono...
Ecco, questo succede solo nel Calcio, ed è il suo discutibile fascino. 
Ieri però non è accaduto questo. La Juve NON ha dominato. Non ha giocato. E quelli del Parma ne hanno approfittato.
Posso sbagliare, e poi non c'è controprova, ma personalmente sono convinto che con Conte non sarebbe successo. Una simile prova di scarsa concentrazione e professionalità non si è mai vista nell'era contiana...li avrebbe sbranati. 
E così, pur pensando razionalmente che la Juve vincerà il suo quarto scudetto consecutivo, non stilo tabelle scudetto come feci la scorsa stagione.
Con una squadra che perde con l'ultima classifica in questo modo, che tabelle vuoi fare ?


Il Corriere della Sera - Digital Edition

La Signora fa la snob
Il Parma castiga una Juve dall’atteggiamento sbagliato
DAL NOSTRO INVIATO PARMA

 

Nulla è perduto, fuorché l’onore. Il calcio, da qualsiasi prospettiva, è una faccenda meravigliosa. La Juventus si presenta a Parma reduce dalla prova di forza di Firenze in Coppa Italia, circondata da profumi di «triplete», da rimasugli di incenso mediatico, da attese mistiche. Di fronte ha lo stereotipo della vittima sacrificale: ultima in classifica, distante 57 punti, già retrocessa, con i creditori all’uscio e i giocatori in fuga (ieri ha rescisso il contratto Biabiany), mentre Roberto Donadoni, caso unico di allenatore-sponsor, dà una mano alla baracca piazzando sulle maglie il marchio del ristorante (Dac a trà, una stella Michelin) di cui è proprietario con Mauro Tassotti.
«Io credo nelle favole, ho una bimba piccola e con lei le guardo in tv. Spero di raccontarle questa, un giorno. È una grande soddisfazione in un’annata maledetta» dice il tecnico che, con il suo Parma al terzo risultato utile, alla seconda vittoria consecutiva, scrive la storia al contrario. Madama incassa, con pieno demerito, la seconda sconfitta in campionato, prendendo gol dopo 431’ minuti e quattro successi di fila. In tutto il campionato era stata sotto per 31’, qui sono 30’ (più 5’ di recupero). Brutta caduta, questa, poco dignitosa. Quella con il Genoa fu come un fulmine scagliato da un dio dispettoso, dopo una gara che i bianconeri avevano interpretato nel modo giusto, sbagliando troppo sotto rete e venendo puniti oltre il lecito.
Questa, invece, deriva da un atteggiamento sbagliato, che si manifesta fin dai primi minuti. Tutti appaiono meno solidi, più fragili rispetto a Firenze. La prova? Per la prima volta Massimiliano Allegri perde la voce, segno che ha dovuto usarla più di quanto era accaduto finora. «Siamo stati normali nel primo tempo, non abbiamo invece fatto niente nella ripresa. Abbiamo meritato la sconfitta anche per i meriti del Parma. Non abbiamo ancora vinto nulla, questa era una gara in cui dovevamo fare tre punti».
E invece li ottiene il Parma, e sono sette nelle ultime tre partite. La squadra di Donadoni è stretta, accorta e concentrata. Concede poco e appena può va in contropiede. La strategia è chiara: difendersi in massa e ripartire con quanti giocatori si può, uno o più. Spesso si affida solo a Belfodil, o avanza con più uomini, come in occasione del gol.
È l’unica tattica che può mettere in difficoltà i bianconeri. Questi contribuiscono al successo del Calimero del campionato con un atteggiamento supponente e un ritmo da sfida a bocce sotto il pergolato dopo il pranzo della domenica in trattoria. Nel primo tempo, almeno, costruiscono almeno tre occasioni che Mirante neutralizza, su Pereyra, Coman e Chiellini. Nel secondo nulla, neanche dopo il vantaggio dell’oriundo Josè Mauri che va in gol secondo copione. Veloce ripartenza, Ghezzal lancia Belfodil che rimette all’indietro. Il centrocampista italo-argentino, al secondo gol in campionato, brucia i colleghi bianconeri che ritornano come dei bradipi e di sinistro non dà scampo a Storari.
Il resto è pianto, stridore di denti e voce rauca. «Speriamo che questa sconfitta ci serva di lezione, dobbiamo prepararci al meglio per il Monaco». La Champions è qui e non crede alle favole. 


roberto perrone 

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