domenica 3 maggio 2015

ASSUEFARSI ALLE VITTORIE. DOPO QUATTRO SCUDETTI CONSECUTIVI ACCADE

 

Perché nato a Roma, sei diventato juventino ? E' una domanda abbastanza sciocca, visto che dei 13 milioni di tifosi bianconeri, a Torino ce ne saranno meno del 10%, notoriamente. 
Evidentemente il campanile è UNO dei fattori importanti nella scelta della squadra del cuore, non l'unico e non sempre determinante. In realtà siccome è una scelta che si fa da piccoli, non ci sono elementi razionali che valgono, e quindi anche l'altra spiegazione (critica) che viene data - hai scelto la squadra che vince - è priva di fondamento. La scelta opportunistica del vincente avviene in età più adulta, da piccoli si è ancora sufficientemente ingenui per farsi guidare solo dal cuore. 
Io divenni juventino nel 1972 e la Juve di scudetti non ne vinceva da almeno un lustro, con l'ultimo, quello di Heriberto Herrena, nel 1967, anche abbastanza striminzito ed episodico. Nel campionato italiano le squadre dominanti erano le milanesi, e io, avendo già allora una preferenza per chi giocava meglio, rispetto a chi vinceva, privilegiavo il Milan di Rivera all'Inter catenacciaro di Herrera (Helenio,il "Mago").
Ma a 12 anni ancora non ero un tifoso. Lo divenni, come detto, nella stagione 1971-1972, per due motivi determinanti : lo zio preferito, con il quale parlavo di storia e di soldatini (un'autentica passione fino ai 14 anni !!, poi ho preservato quella per la storia) era della Juve e in quell'anno nella squadra si metteva prepotentemente in luce un giovanotto di 20 anni, alto, elegante, in campo e fuori, attaccante fortissimo di testa e dotato di ottima tecnica coi piedi (ancorché non di un tiro potente, alla Riva, o del senso della rete, come Paolo Rossi, o, più recentemente, Inzaghi). Parlo di Roberto Bettega. Fu il mio "idolo" per tutta la sua lunga carriera juventina (quello che per altri è stato Del Piero, per intenderci), ed ero orgoglioso e stupito, io che l'avevo visto agli esordi, una promessa che sembrava dovesse spegnersi subito causa la malattia polmonare che lo colpi nell'inverno del 1972, e che lo costrinse fuori rosa per tutto il girone di ritorno (all'andata aveva segnato ben 10 gol, tra cui quello rimasto memorabile di tacco al Milan di Rocco e Rivera), nel vedere i successi che nel tempo raccolse diventando il miglior giocatore azzurro della spedizione italiana in Argentina nel mondiale 1978. Purtroppo un brutto infortunio lo privò dell'avventura mondiale in Spagna, nel 1982, altrimenti tra i trofei vinti ci sarebbe stato anche quello più prestigioso di tutti di campione del mondo. 
Tutto questo ricordo per dire come diventai juventino e quindi come oggi sono contento dell'ennesimo scudetto vinto dalla Signora. 
Dei 33 - sul campo, come si suol dire...31 secondo l'albo ufficiale - ottenuti, io ne ho vissuti ben 20, essendo il primo della "mia" carriera di fan, appunto quello del 1971-72 che era il 14° della storia bianconera. 
Essendo questo anche il quarto consecutivo, ancorché mi inorgoglisca un'impresa siffatta, non riuscita a nessuno nel calcio diciamo "moderno", ché quelli dell'Inter di Moratti furono obiettivamente favoriti dall'azzeramento proprio della Juventus (e anche dal ridimensionamento del Milan) causa Calciopoli. La si può pensare come si vuole di quella vicenda, ma è un fatto che per diversi anni l'Inter fruì dell'assenza e/o marginalizzazione delle rivali storiche e più forti (dalla Juve retrocessa per sentenza prese anche giocatori fortissimi come Vieira e, soprattutto, Ibrahimovic). 
La Juve attuale è stata agevolata certamente dal declino economico del calcio italiano attuale, non più terra di approdo dei calciatori più forti del mondo. Maradona, Platini, Falcao, Van Basten - ma solo per citarne alcuni - giocavano qui, laddove i palloni d'oro degli ultimi due lustri sono altrove.
Moratti e Berlusconi, gli ultimi paperoni pronti a spendere centinaia di milioni di euro per le loro squadre, hanno venduto o stanno cercando di farlo. Grazie anche a questo la Juve, dopo 5 anni di duro purgatorio, è tornata a vincere in Italia. Ma lo ha fatto da dominatrice assoluta. Solo il primo anno, che tra l'altro è quello che mi ha appassionato di più di questa nuova, magica serie, c'è stato un vero duello, con l'ultimo Milan pieno di campioni (molti al tramonto), guidato proprio da Allegri (che molto rosicò per essere arrivato secondo...). Negli ultimi tre anni la Juve ha vinto agevolmente, lasciando molto indietro le seconde. Questo poi, con il crollo della Roma nel girone di ritorno, veramente non è mai stato in discussione.
Sarà per questo che, di tutti i 20 vinti da tifoso,  è anche quello che mi lascia più tiepido.  CI si assuefà purtroppo alle vittorie, specie se non arrivano fattori nuovi a metterci nuovo sale. Potrebbe essere un campionissimo (Tevez lo è ma a me non scalda il cuore), ancora meglio un gioco divertente, spettacolare. Che non è quello di Allegri.
Contento quindi, ma con assoluta moderazione.
Dopo 4 scudetti consecutivi, mi piacerebbe magari non vincere per un po', ma vedere una squadra brillante. 
Non credo che sarò accontentato.
Comunque, complimenti ai pluricampioni d'Italia. 
Dopo tre titoli consecutivi, legati indissolubilmente alla guida di Conte, maniacale nel suo vivere il calcio h24, capo ultrà della squadra, con giocatori sazi e, almeno alcuni, temibilmente un po' spremuti, il quarto titolo non era prevedibile. Possibile (sempre), ma non probabile. Col senno del poi, il cambio dell'allenatore è stato alla fine il vero atout. Qualche novità ci doveva essere, per dare una sterzata di energia, e, imprevedibilmente, questa è venuta proprio dal cambio in panchina. Oltre naturalmente alla conferma (anzi, con ancora più acuti) di uno straordinario Tevez e , all'opposto, al non previsto crollo della Roma e alla stagione di assoluta incostanza del Napoli. La collocazione in periferia delle milanesi invece stupisce nelle dimensioni, ma che non fossero attrezzate per il titolo, questo si pensava e così è stato.
Cin Cin Juventus  !

Il Corriere della Sera - Digital Edition


Allegri fa centro al primo colpo 
«Non ho stravolto il lavoro di 3 anni»

 

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI GENOVA Se c’è stato un attimo in cui Massimiliano Allegri ha pesantemente scricchiolato nel corso della stagione, è stato proprio ieri poco prima delle 20, quando i suoi giocatori hanno improvvisato il classico lancio dell’allenatore, maltrattandolo un po’. Ma se il triennio contiano era stato quello degli scudetti dalla faccia dura e arrabbiata (e della ricostruzione dal nulla), questo di Max sembra lo scudetto dal volto umano, contento per la vittoria, ma molto concentrato sulla Champions: «È un’emozione forte — si concede Allegri —. Ricordo quando sono giunto e ci hanno preso a male parole. Non era facile, ma ero già convinto di poter fare una stagione importante. Arrivare in un posto e togliere delle certezze non è da persone intelligenti e io mi reputo mediamente intelligente. Non ho stravolto il lavoro di tre anni, ma ho cambiato qualcosa; con quattro difensori, ad esempio, sei più attento e commetti meno bischerate. I ragazzi mi hanno seguito. Hanno valori tecnici e morali e stiamo facendo un’annata straordinaria».
È fuori dall’ordinario anche la doppietta-scudetto al primo anno, al Milan e alla Juve. Allegri ufficialmente è il primo a realizzarla, considerato che lo scudetto di Capello in bianconero è stato revocato: «Ho trovato due squadre straordinarie. Al Milan sono arrivato nel 2010 e credo che l’ultimo scudetto si fosse vinto nel 2004. Vincere il quarto titolo qui era la stessa sfida, molto più difficile, con un cambio di allenatore e con la squadra già in ritiro. Vincere in due piazze diverse è una cosa che mi rende orgoglioso. Sono felice anche della prestazione qui a Genova, molto buona. Ma c’è ancora da migliorare, anche nei singoli, per allargare le prospettive europee. Il tweet di Agnelli? Ci ho parlato e l’ho ringraziato. La società è fondamentale».
La stagione di Allegri è racchiusa anche nel suo «fiuuu», quel sospiro di sollievo autoironico inaugurato proprio via Twitter con l’Olympiacos in Europa e diventato uno dei tormentoni dell’annata bianconera, in cui tante partite si sono risolte sotto lo striscione del traguardo: «Di fiuu ne metterei un numero illimitato — gigioneggia il tecnico, che ha dimostrato anche capacità di sdrammatizzare in un ambiente che non era abituato a farlo —. Siamo stati in testa dall’inizio, era normale credere nello scudetto. Passaggi a vuoto possono capitare, ma gli equilibri non sono stati mai minati. La vittoria decisiva è stata forse quella di Napoli a gennaio: non giocammo benissimo e venivamo dal pari con l’Inter, ma abbiamo dato una risposta di grande carattere».
L’unica «pecca» di questo scudetto sta nel fatto che «è ormai archiviato». La Champions incombe e la missione da compiere assolutamente era di chiudere il campionato prima della semifinale col Real, la vera e stimolante differenza rispetto alle ultime tre stagioni: «Festeggiamo in modo moderato, con Coca Cola e acqua. Avremo tempo per farlo con i tifosi. Ora dobbiamo recuperare per fare una grande partita martedì. Nessuno avrebbe scommesso una lira, anzi un euro, sul fatto che potessimo andare così avanti in Europa. Ma ora non dobbiamo porci limiti».

Paolo Tomaselli

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