domenica 24 maggio 2015

IL 24 MAGGIO 1915 GLI ANGLO FRANCESI VINCONO L'ASTA ITALIANA

 La fanteria italiana respinge un attacco della cavalleria austriaca durante la battaglia di Custoza

Il centenario della prima guerra mondiale è stato commemorato da tutti lo scorso anno, 2014, e anche in Italia le librerie si sono riempite di testi sulla Grande Guerra. Però per noi i 100 anni decorrono da oggi, essendoci presi il nostro tempo per decidere da che parte stare...
Si parla spesso dell'8 settembre come data indicata da molti come quella del "tradimento" italiano : chiediamo l'armistizio e finiamo per schierarci contro l'alleato tedesco. In realtà le cose in quell'occasione andarono in modo un po' più complesso. Noi ci arrendevamo, avevamo perso e non ce la facevamo più a contrastare gli alleati vincenti. I tedeschi non accettarono questa resa, e da quel momento ci trattarono appunto da "traditori" e da paese occupato.  Era prevedibile, tanto è vero che Re e governo si affrettarono, in occasione dell'armistizio, a fuggire dalla capitale per rifugiarsi nel sud già in mano degli anglo americani, però i combattimenti a quel punto tra italiani e tedeschi furono conseguenza dell'atteggiamento di questi ultimi (con stragi vigliacche di nostri soldati inermi, come a Cefalù).
Anche la decantata lotta partigiana, non inizia dopo il 25 luglio - la sfiducia a Mussolini dal gran consiglio del fascismo - ma  dopo l'8 settembre. Certo, da quel momento la lotta fu cruenta, e non ci sono molti precedenti nella storia moderna di un ribaltamento così netto e sanguinoso. 
Ma nel 1914-1915 la cosa fu diversa. Noi facevamo parte della triplice alleanza, con Austria e Germania, da diverso tempo. E' vero che era un'alleanza difensiva, e quindi potemmo chiamarci fuori nel 1914 sull'assunto che era stato l'impero austro ungarico a dichiarare guerra alla Serbia, innescando il domino del conflitto, però è altrettanto vero che poi ci mettemmo cinicamente all'asta per decidere a fianco di chi stare.  Trieste e le altre terre irridente furono chieste anche alle potenze centrali e, su pressione della Germania, Vienna era disposta a fare molte concessioni e alla sola condizione che l'Italia rimanesse neutrale.  Gli inglesi ci offrirono di più - senza poi mantenere tutte le promesse, infatti poi si parlò di "vittoria rubata" - ma chiedendoci di entrare in guerra, impegnando così i nemici su un altro fronte. 
Non ricordo l'autore, ma la frase mi è rimasta amaramente impressa : durante queste trattative diciamo diplomatiche, dove in realtà, come detto, avevamo messo all'asta la nostra decisione in ordine al conflitto, ad una ennesima richiesta territoriale un esponente tedesco sbottò "ma che battaglia importante ha perso stavolta l'Italia per pretendere così tanto ??". Il riferimento a Custoza (e anche a Lissa) era chiaro, con l'Italia che perdette militarmente la terza guerra d'indipendenza ma fu salvata dai prussiani che sconfissero gli austriaci  a Sadowa segnando così la sorte del conflitto. L'Austria peraltro si rifiutò di cedere il Veneto ad un regno battuto, e consegnò quei territori a Napoleone III che graziosamente ce li girò...
Non sono pagine gloriose della storia patria.




QUELL’OMBRA DI DOPPIEZZA 
CHE OFFUSCA IL 24 MAGGIO 
Paolo Restelli 
 
 
Un minuto di silenzio alle 15 di oggi in tutta Italia, compresi gli stadi della serie A e la tappa del Giro d’Italia. Alla stessa ora una salva d’onore sarà sparata da una squadra di militari di fronte ai sacrari ai caduti di 24 città. Sono due delle tante manifestazioni previste per celebrare il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia, il 24 maggio 1915. Nel panorama manca però una solenne iniziativa pubblica, con la partecipazione delle più alte cariche dello Stato, che marchi davvero quello che resta un atto fondativo, e non dei minori, dell’Italia quale oggi la conosciamo. Il tutto appare tenuto un po’ sottotraccia, un qualcosa che bisogna fare ma in cui non si crede più di tanto. In ciò sicuramente giocano l’orrore contemporaneo verso la guerra e il timore che, come accadde durante il ventennio fascista, ogni ricordo diventi glorificazione di un conflitto che, con quasi 600 mila morti, portò il lutto in centinaia di migliaia di famiglie. Ma forse c’è dell’altro: se non una vergogna, almeno un imbarazzo inconscio, sepolto nel profondo dell’anima nazionale, che non pare di riscontrare negli altri Paesi europei, vincitori o vinti, e che ha le radici, a mio parere, nel «come» arrivammo alla guerra. Nell’agosto 1914 il continente fu trascinato nel conflitto dal gioco delle alleanze contrapposte senza quasi volerlo e senza avere le idee ben chiare di quel che una guerra moderna avrebbe comportato. Noi no. Ci entrammo dieci mesi dopo, ben consci di ciò che ci aspettava, in cerca di compensi territoriali, spezzando un’alleanza liberamente sottoscritta fin dal 1882 e rinnovata tre volte (la Triplice, con Austria, Ungheria e Germania) e dopo un serrato negoziato, quasi un’asta, con i belligeranti per vedere chi offriva di più. Vinsero Francia e Gran Bretagna che però, alla fine, non mantennero tutte le promesse. La fama di doppiezza guadagnata allora non ci lasciò più. Forse un’ombra ce la portiamo ancora dentro.

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