Jurgen Heim, un amico di FB, qualche giorno fa postava una sua considerazione : una legge elettorale disapprovata da Bersani, Fassina e D'Alema non poteva essere così malvagia...
L'ironia mi ha fatto sorridere di gusto e anche commentare che, messa così, in effetti non potevo che dargli ragione...
Con lo stesso metro, non posso che osservare con soddisfazione gli sgarbi numerosi e crescenti consumati dal premier nei confronti del padre dell'Ulivo, Romano Prodi, boiardo democristiano scelto dai DS per condurre il centrosinistra, che ai tempi non poteva essere guidato, se voleva avere speranza di vittoria, da un ex comunista.
A tutt'oggi è così, visto il pareggio di fatto di Bersani, che infatti a Palazzo Chigi non c'è salito. Finora l'unico presidente del Consiglio post comunista d'Italia resta Massimo D'Alema. Chiedere proprio a Romano Prodi informazioni maggiori su come la cosa sia accaduta...
Il mio primo strappo da renzino, cui, come tanti, avevo guardato con positiva curiosità ai tempi delle prime Leopolde (due, già alla terza il vento era cambiato), avvenne proprio a causa di Prodi, nel 2013, all'epoca dell'elezione del nuovo Capo dello Stato. Il settennato di Napolitano si era concluso, c'erano state le elezioni politiche e il Porcellum aveva fatto il miracolo solo a metà: aveva moltiplicato a dismisura i pani e i pesci piddini alla Camera (col 25% dei voti, quasi la maggioranza assoluta, grazie a quelli di Sel), ma non così al Senato, dove la sconfitta in varie regioni importanti aveva fatto mancare la vittoria complessiva. Bersani non aveva pertanto i voti per salire da solo a Palazzo Chigi, e non volendo fare quello che poi fece Letta, formare un esecutivo alleato col centrodestra, perse la possibilità di formare il governo. Allo stesso modo, il PD non riuscì a designare il nuovo capo dello Stato. Marini, nome convenuto con quelli di Forza Italia, fu bocciato poi dal Parlamento. Renzi era stato tra i principali affossatori dell'ex sindacalista, e propose il nome di Prodi...
L'uomo che predicava la fine dei duelli rusticani col centrodestra, che auspicava una normalizzazione della lotta politica, proponeva per la più alta carica dello Stato un nome assolutamente divisivo, per forza inviso agli avversari.
La vulgata più maliziosa vuole che in realtà questa fu solo la "facciata", e che nel segreto dell'urna, tra i famosi 101 che umiliarono il padre dell'Ulivo ci furono anche i 40 renziani...
Prodi non avalla ma nemmeno smentisce questa ricostruzione, che peraltro rimane un'ipotesi.
Resta che negli ultimi mesi i rapporti tra i due sono ai minimi termini. C'è chi dice che Prodi, uomo notoriamente permalosissimo, non avrebbe perdonato che il premier non si sia abbastanza speso per un suo ruolo Onu in Libia...Renzi avrebbe replicato che non c'erano proprio possibilità in tal senso, essendo il bolognese compromesso col vecchio regime ( in effetti, i rapporti di buon vicinato con Gheddafi non furono prerogativa del solo Berlusconi, che semmai, al solito, fu quello più smaccato nell'enfatizzarli).
Com'è come non è, ieri a Milano l'ennesimo sgarbo, con Renzi a ringraziare Moratti e Napolitano per l'Expo a Milano e nemmeno una parola per Prodi, ai tempi della designazione capo del governo, e pare molto attivo per il successo della candidatura.
Ragionando come - provocatoriamente - fa Jurgen Heim, dovrei diventare un acceso sostenitore del premier, effettivo rottamatore di una serie di totem della sinistra, a me invisi.
Però nun me viè...
Milano, Expo: lo schiaffo di Renzi a Prodi. Per lui niente ringraziamenti
I ringraziamenti speciali del premier a Letizia Moratti e Giorgio Napolitano. Ma non una parola per Romano Prodi, il premier che aveva candidato Milano all’Expo
foto Ansa
Lo
schiaffo del premier a Prodi. Nel centrosinistra milanese oggi non si
parla d’altro. Il presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha riservato
dal palco della cerimonia d’apertura di Expo 2015 due ringraziamenti
speciali: all’ex sindaco, Letizia Moratti, che si è commossa e ha
versato persino qualche lacrima, descritta da Renzi davanti al mondo
come «la prima che ha avuto l’intuizione», e all’ex presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano. Non una parola per Romano Prodi, che
all’epoca della vittoria di Milano su Smirne per l’aggiudicazione di
Expo era alla guida del governo. Prodi, che pur di scegliere Milano si
era inimicato i sindaci di centrosinistra che avrebbero ambito a
diventare sede di Expo e che fino all’ultimo ha fatto il tifo per
l’esposizione, ovviamente ci è rimasto male.
E non è stato il solo. Per diversi esponenti del Pd, questo mancato ringraziamento è una trasposizione
sul terreno dell’Esposizione universale delle questioni e dei dissidi
nazionali. Ma il premier non fa mistero delle sue posizioni. Entrando
nell’Open Air Theatre, dove si è svolta la cerimonia, si sarebbe
lasciato andare a una battuta perfida che ha fatto sorridere molti: «Ah,
i gufi li avete messi lì», avrebbe esclamato davanti allo staff vedendo
Romano Prodi e Rosy Bindi seduti tra ministri e ospiti di riguardo, con
l’intenzione di farsi sentire.
«Renzi ha fatto un gran bel discorso - ha
commentato l’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino
(Pd) - Ci sarebbe stato proprio bene il ringraziamento a Prodi, cui la
Milano di centrosinistra è grata. Ha fatto benissimo a ringraziare
Letizia Moratti, ma mi sarei aspettato che ringraziasse anche l’ex
presidente del consiglio». Più diretta Carmela Rozza, assessore ai
Lavori pubblici, anche lei del Pd: «Per me è mancanza di stile - ha
tagliato corto - Andava dato a Cesare quel che era di Cesare, quindi a
Prodi quel che era di Prodi».
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