lunedì 8 giugno 2015

I FUOCHI D'ARTIFICIO PER LA SCONFITTA DELLA JUVE : I NEGRI DEL TIFO CALCISTICO

 

Sabato sera, quando la Juventus era in campo, io ero in autostrada, per andarmene in campagna, in Umbria. Quando sono arrivato, ho saputo da alcuni amici com'era finita la partita. Niente miracolo, pazienza.
Mi sono peraltro risparmiato i boatos che immagino abbiano caratterizzato le vie della Capitale ai gol del Barcellona.
Non ne ho notizia diretta, però, se è accaduto a Napoli, come con soddisfazione (non apprezzata) ha annunciato il mio amico Antonio, sono pronto a scommettere che i romanisti non siano stati da meno.
Però forse ai fuochi d'artificio non hanno pensato. Mi devo informare.
Nel leggere alcuni commenti, non so perché mi è venuto in mente un dialogo di un bellissimo film, Mississipi Burning , con un eccezionale Gene Hackman. Nello spiegare al suo giovane e azzimato superiore (il bravissimo Willem Defoe) dell'FBI come funzionava il razzismo nel Sud dell'America, nonostante le legge anti segregazione, gli racconta un episodio a cui aveva assistito da piccolo. La sua famiglia era povera, e il padre naturalmente viveva con frustrazione questa condizione. L'unica cosa che lo consolava, era l'esistenza dei negri. Almeno c'era qualcuno che stava peggio di lui. Un giorno un loro vicino, negro ( purtroppo i bianchi poveri non potevano scegliere dove vivere, e poteva capitare di farlo in un quartiere misto, accumunato dalla miseria) riesce a comprarsi un mulo, per aiutarsi nel lavoro. "Mio padre" racconta l'agente al suo capo "iniziò a stare male, si tormentava, era livido dalla rabbia...Un giorno, scoppio un incendio nella stalla del vicino, e il mulo rimase ucciso. Tornai a casa sconvolto da quello che avevo visto...poi vidi mio padre, e mi accorsi che aveva sul volto un sorriso felice. Era stato LUI. Non poteva accettare di vivere in un mondo dove persino un negro era meno povero di lui !".
Francamente ci vorrebbe un analista esperto, di quelli che sanno interpretare i sogni, per trovare una spiegazione al perché lo "spettacolo" dei napoletani in festa per la sconfitta della Juventus mi abbia richiamato alla mente questo film.
Forse, azzardo, è il pensiero che i tifosi di calcio (TUTTI, senza distinzione di maglie), quelli "veri", cioè i peggiori, dal mio punto di vista, sono un po' miserabili come quel bianco, che riteneva più sopportabile la propria miseria se c'era qualcuno che stava peggio di lui.
Così quelli che vincono poco, o mai, si sentono sollevati quando anche il vicino di casa perde.
Ah, alla vigilia di Napoli Lazio ero indeciso sull'esito auspicato della partita che aveva in ballo l'ammissione ai preliminari di Champions. Simpatizzo per la Lazio, in primis perché era la squadra del mio papà, in secondo luogo perché "antipatizzo" la Roma. Però da qualche tempo sono amico di un napoletano, gran signore (a quanto pare un po' meno se si tratta di Juve..lì gli scatta qualcosa di ancestrale....del resto tutti abbiamo un lato buio), che tiene molto al Napoli e sapevo che ci sarebbe rimasto male dall'esclusione dei suoi azzurri. Ero quindi incerto su che risultato auspicare, e quando ho saputo del 4-2 per la Lazio ho pensato a lui, ed ero sinceramente dispiaciuto, sapendolo deluso.
Oggi, pensando a quel mio dispiacere, mi sento un po' scemo.

Di seguito, la conferenza stampa di Agnelli, il giorno dopo la finale. L'uomo, l'ho scritto più volte, non è un mostro di simpatia, però sicuramente è capace e chiaro, nelle idee e negli obiettivi.
Sono due qualità importanti, e i risultati si vedono.




Agnelli: “La Juve ha ritrovato la dimensione europea”

Il presidente: “Ma i nostri risultati e le semifinali di Napoli e Fiorentina non sono un successo del calcio italiano, ma di tre società”
Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli
08/06/2015
torino
Andrea Agnelli parla per 29 minuti di «una stagione straordinaria», della sua Juve (che va) e del calcio italiano (che invece non va). «Questo è un momento importante - esordisce nella sala stampa dello Juventus Stadium - perché abbiamo chiuso un anno che ci rende estremamente orgogliosi. Usciamo con sensazioni miste dalla partita di Berlino, perché quando giochi una finale, come ogni partita, la giochi per vincere. Però, penso che la Juve sia tornata alla sua dimensione europea». E risponde alle ironie: «Oggi abbiamo il maggior numero di finali perse, ma ci siamo andati e quello conta. E poi non è la partita di sabato il rammarico, ma sono altre finali: penso a Manchester, ad Atene, a Monaco, quelle ci lasciano dell’amaro in bocca. Altre si sarebbero potute perdere. E la prestazione della squadra a Berlino è un ottimo punto di partenza per il futuro, per un percorso importante. Abbiamo giocato contro i migliori, e potevamo vincere». 
JUVE EUROPEA  
«Le svolte sono state la partita di Dortmund e la semifinale contro il Real Madrid, che ci hanno permesso di giocare a viso aperto. Contro il Barcellona abbiamo preso un gol che avrebbe ucciso chiunque, invece per venti minuti siamo stati esaltanti e potevamo vincere, ma abbiamo preso un gol in contropiede». Piano con le illusioni però: «Poiché Milano è vicina (ci sarà la finale di Champions 2016) ed è comodo arrivarci, non significa che andiamo di sicuro a giocarci la finale di Champions: sarà durissima, e infatti tutti gli anni le finaliste cambiano». Però, «vorrei un group stage (la fase a gruppi) con maggior consapevolezza, cioè arrivare allea quarta, quinta giornata, che siamo già agli ottavi: il resto sono anche sorteggi e fortuna». Quindi, fissa l’asticella: «Essere competitivi a primavera, perché non si poò misurare la stagione con quante coppe alzi al cielo: anche se per nostro dna vogliamo sempre vincere tutto». 
NESSUNO E’ INDISPENSABILE  
L’inizio fui durissimo, con l’addio di Conte, a metà luglio. «E per questo ringrazio la parte sportiva, Marotta, Paratici e Pavel Nedved, che in quei due-tre giorni molto concitati hanno dimostrato calma e professionalità». E poi Allegri: «Entrato in punta di piedi e che si è inserito con il suo staff in maniera impeccabile. Lo ringrazio per il coraggio, e per la consapevolezza di far crescere la squadra. I risultati ottenuti sono sotto gli occhi di tutti. Grandissimo merito al mister e a tutto lo staff». Poi ripete la sua regola: «E’ il gruppo che fa la differenza. tutti sono utili, nessuno è indispensabile». Il presidente ringrazia anche l’ad dei conti Aldo Mazzia e Francesco Calvo, capo della parte commerciale, perché ora la Juve ha dimensione europea: «Essere arrivati a 315 milioni di fatturato, significa poter affrontare le grandi europee sul campo. Con una potenza di fuoco, ovvero costo del personale tesserato (gli stipendi) e ammortamenti, sui 200 milioni di euro». 
POLITICA SPORTIVA  
Agnelli dedica una parte dell’intervento alle riforme, che da sempre gli stanno a cuore: «Il rapporto tra Lega e Federcalcio dovrebbe essere come quello tra ECA e Uefa. Il principio è che nelle istituzioni il calcio ai calciatori, come avviene a livello Uefa. E le associazioni dei club agli imprenditori». Altra stoccata: «La finale dalla Juve in Champions e le due semifinali di Europa League di Napoli e Fiorentina non sono un successo del calcio italiano, ma di tre società che hanno lavorato bene». Negli ultimi mesi s’era spesso parlato con il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio, ma dalla causa di risarcimento da 444 milioni al Tar allo scudetto 2006, le cose non sono cambiate, si direbbe: «E’ un argomento che non ha più senso affrontatare: il mio pensiero è uguale a quello del passato».

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